“Suffragette” di Sarah Gravon, è apparso sugli schermi italiani alla vigilia dell’8 marzo, la “Festa delle Donne”. Il film inizia nel 1912 descrivendo la vita di Maud Watts, mite e sottomessa operaia nella lavanderia industriale di Mr Taylor, essere abietto che sfrutta e molesta le sue lavoranti. Tra di loro alcune già da anni sono suffragette, seguaci di Emmeline Pankhurst, fondatrice della Women’s Social and Political Union.
Gradualmente anche la timida Maud si lascia coinvolgere dalle compagne, diventando una coraggiosa militante, desiderosa di ribellarsi ai soprusi subiti in fabbrica e di reclamare non solo il diritto al voto, ma anche una vita dignitosa.
Quando la lotta diventa violenta negli scontri con la polizia (sassi contro le vetrine, boicottaggio delle linee telegrafiche, bombe in edifici spopolati per non far vittime, ecc.), durante le manifestazioni le suffragette vengono arrestate, sottoposte ad umilianti ricatti e violenze, come l’alimentazione forzata durante gli scioperi della fame intrapresi in carcere per protesta.
Anche Maud, arrestata più volte, perde il lavoro, viene ripudiata dal marito che le impedisce di vedere il suo bambino dato da lui in adozione a una coppia benestante.
Nel film vengono presentati personaggi storici e alcuni in parte creati dalla regista e sceneggiatrice che ha consultato archivi, giornali dell’epoca, diari e quant’altro, per dar corpo a personaggi come quello di Maud, emblema-mélange di tante suffragette, interpretato con intensa sensibilità da Carey Mulligan.
Tra le attrici Anne-Marie Duff, nella parte della lavandaia Violet Miller, Helena Bonham Carter nel ruolo Edith Ellyn, famacista ed esperta nel preparare rudimentali esplosivi, Meryll Streep, interprete di E. Pankhurst, Natalie Press, nel ruolo di Emily Davison che durante un Derby ad Epsom nel 1913 morì gettandosi davanti al cavallo del re per attirare la sua attenzione sul movimento.
Sono proprio con le immagini dei funerali della Davison che chiudono il film. Finalmente fecero balzare in primo piano su tutti i giornali il drammatico avvenimento dando visibilità alla lotta, anche se essa in realtà non era ancora finita, come viene evidenziato nei titoli di coda dove sfilano i nomi delle nazioni e le date relative all’anno in cui le donne poterono votare.
E tanto per dare un’idea di ciò che accadde in seguito in alcuni paesi, ricordiamo ad esempio che in Inghilterra il voto alle donne venne concesso nel 1918, in Italia nel 1945, in Arabia Saudita nel 2015.
Così dopo tanti secoli di lotte e sofferenze, le donne senz’altro hanno raggiunto dei risultati nelle cosiddette “pari opportunità”, almeno nei paesi occidentali, ma possiamo forse affermare che violenze e soprusi appartengano al passato?
I dati Istat ci informano che nel 2015 il 35% delle donne ha subito violenza nel mondo, mentre in Italia le vittime sono state 6 milioni 788mila e, a quanto pare, gli uxoricidi sono in drammatico aumento. Questi sono i dati ufficiali, ma quante donne tacciono e non denunciano i violentatori per paura o per vergogna?
L’8 marzo anche quest’anno è stato accompagnato con le rituali mimose, con molta retorica mentre le “cause”, che da troppo tempo generano terribili effetti, non sembrano essere combattute con la dovuta fermezza…
Giovanna D’Arbitrio