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24/12/24 ore

Expo, a Milano procura nuovi conflitti


  • Ermes Antonucci

La clamorosa ondata di arresti portata avanti dalla procura di Milano per gli appalti truccati di Expo 2015 è stata macchiata dal passo indietro del procuratore aggiunto Alfredo Robledo, che, in contrasto con i propri colleghi togati, non ha vistato gli atti dell’inchiesta, confermando il clima di forti tensioni all’interno di una delle principali procure d’Italia.

 

Fu proprio Robledo a presentare, nel marzo scorso, un esposto al Consiglio superiore della magistratura denunciando una serie di “non più episodici comportamenti” con i quali il procuratore capo Bruti Liberati avrebbe “turbato e turba la regolarità e la normale conduzione dell’ufficio”.

 

In particolare, secondo Robledo, il suo capo avrebbe più volte violato le regole di specializzazione, assegnando i fascicoli più delicati (dal caso Ruby a quello che riguarda Roberto Formigoni e il crac del San Raffaele, passando per il caso Sea) ad altri due procuratori aggiunti di sua maggior fiducia (il capo dell’antimafia Ilda Boccassini e il capo del pool reati finanziari Francesco Greco), nonostante le ipotesi di reato fossero di competenza del dipartimento da lui diretto, quello che si occupa di delitti contro la pubblica amministrazione.

 

Sono trascorse diverse settimane e la vicenda è ancora al vaglio del Csm, ma i conflitti interni alla procura di Milano non accennano a placarsi. Il passo indietro di Robledo da uno dei procedimenti giudiziari più importanti degli ultimi anni, quello sugli appalti Expo (che oggi ha portato in carcere persino il direttore della pianificazione acquisti Angelo Paris), è solo l’ultimo segno di una spaccatura interna ormai difficilmente sanabile.

 

E’ toccato al procuratore capo Bruti Liberati annunciare con imbarazzo, in conferenza stampa, che Robledo non ha vistato gli atti dell'inchiesta perché “non ne ha condiviso l’impostazione”, salvo poi spiegare che ci sono state “numerose riunioni” e di aver seguito quotidianamente le indagini. Ilda Boccassini, dal canto suo, ha dichiarato che tra i pm inquirenti ci sarebbe stata addirittura una “perfetta sinergia”.

 

Peccato, però, che pochi minuti dopo Robledo abbia lanciato l’ultimo affondo contro i suoi colleghi, lamentando di non essere stato messo in condizioni dal procuratore Bruti Liberati, “in violazione della normativa”, di fare una valutazione sulla posizione di un indagato e spiegando così il proprio mancato visto all’inchiesta.

 

Il destino vuole che l’ultima divisione nella procura milanese giunga a poche ore dalla pubblicazione di un’altra notizia di rilievo. Il procuratore generale Manlio Minale, nella sua audizione del 14 aprile scorso davanti al Csm, che indaga sull’esposto presentato da Robledo, avrebbe infatti dichiarato che quando il pm Boccassini sentì il capo di gabinetto della questura di Milano Pietro Ostuni – interrogatorio da cui scaturì l’iscrizione nel registro degli indagati di Silvio Berlusconi per concussione nel caso Ruby – “non aveva titolarità”, cioè non era assegnataria del fascicolo.

 

Titolare del fascicolo – ha spiegato Minale – era, con il pm Pietro Forno, il solo sostituto Antonio Sangermano, che ai primi atti di indagine lavorava al Settimo Dipartimento della procura di Milano ma che in seguito passò alla Dda diretta da Boccassini, portandosi dietro il fascicolo. Una prassi normale alla procura di Milano, ma che secondo il pg non poteva comportare che Boccassini diventasse in questo modo “il procuratore aggiunto di coordinamento”, a meno che questa non abbia chiesto direttamente a Bruti Liberati un’autorizzazione a compiere l’interrogatorio di Ostuni (ipotesi che Minale non avrebbe escluso nella sua deposizione).

 

Minale avrebbe anche ridimensionato la portata dei contrasti tra il procuratore e il suo aggiunto Robledo, chiarendo che queste “non pregiudicano” l’attività dell’ufficio. La questione, tuttavia, di fronte all’ultimo capitolo-Expo, appare tutt’altro che chiusa.

 

 


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