di Gianni Carbotti
e Camillo Maffia
Stavolta è il SIAP (Sindacato Italiano Appartenenti Polizia) a lamentare, inascoltato, la perenne tendenza nel nostro Paese a scaricare le tensioni sociali sulle spalle delle forze dell'ordine: un vecchio adagio, particolarmente attuale in questo periodo che vede ormai ogni settore della vita pubblica in condizioni emergenziali.
Segno questo della scarsa o nulla capacità gestionale dell'attuale classe politica, dato che l'obiettivo, di fronte al profilarsi dell'emergenza sanitaria, era proprio impedire che questa si riversasse sugli altri ambiti dello Stato.
In questo quadro spicca l'ennesimo appello di una polizia sempre più a disagio e in difficoltà nell'affrontare problemi di carattere sociale che divengono di ordine pubblico solo perché nessuno ha voluto o è stato in grado di risolverli. E se in relazione alla pandemia questo inascoltato richiamo si protrae ormai da più di un anno, sono decenni che in generale le questioni sociali ricadono sempre più spesso sulle forze di polizia – sgomberi, sfratti, licenziamenti, tossicodipendenze...
Una dinamica generalmente innescata dal colpevole immobilismo che causa l'aggravarsi delle tensioni dovute alle difficoltà più diffuse che i cittadini devono affrontare (l'affitto, il mutuo del negozio, la disoccupazione), aumentate con i disagi causati dalle politiche adottate per fronteggiare la diffusione del Covid19. Altrettanto spesso alla base di tale tendenza troviamo la graduale trasformazione da luogo a non-luogo di quelle realtà come le carceri, dove la necessità d'isolare il reo al fine di rieducarlo diviene la base per la creazione di autentici contenitori delle problematiche di cui sopra.
Dalla droga ai problemi psichiatrici, lo Stato finge di fronteggiare i problemi sociali mediante questi e altri inferni per poi gettarvi, simile a un demiurgo impazzito, le anime in pena da un lato e i loro custodi dall'altro. Poi, al degenerare della situazione, il povero diavolo che sbaglia – sia esso un detenuto in rivolta o un agente penitenziario che perde il controllo, ormai poco importa – viene spedito nel deserto come il proverbiale capro espiatorio.
Stavolta però si rischia di superare il punto di non ritorno, perché il disagio dei cittadini è inversamente proporzionale ai mezzi che le forze dell'ordine dovrebbero adottare per contenerlo: perfino infatti a voler investire i poliziotti di questo compito, bisognerebbe quantomeno provvedere alle loro esigenze più basilari. Invece, al netto dei proclami, questi continuano a prestare servizio in una situazione degli organici che si profila più tragica di anno in anno.
Basti dire che se a Milano, secondo i dati diffusi dalla Silp Cgil, dal 2005 al 2018 si è passati da 3911 a 3568 agenti, a Roma nel singolo commissariato di San Lorenzo siamo scesi dagli 88 del 2000 ai 65 del 2018. Dati che riportiamo a mera esemplificazione d'una tendenza che investe quasi tutti gli uffici d'Italia, dai commissariati alle questure: 23 i presidi che potrebbero chiudere, salvo modifiche, in seguito al decreto dello scorso 4 febbraio, nell'ambito della riorganizzazione disposta dalla riforma, che vede il passaggio del personale complessivo da 118mila a 96mila agenti.
Altrettanto drammatico è il problema del turn over, che spinse il SIUL lo scorso anno a rivolgersi sia al Ministro dell'Interno che al Capo della polizia con una lettera aperta. Il sindacato aveva infatti previsto il prorogarsi delle misure anti-contagio e l'inadeguatezza della macchina organizzativa anzitutto in rapporto agli organici e ai concorsi, rimandati di mese in mese mentre l'età media degli agenti sembra salire inesorabilmente.
Ancora secondo Silp Cgil, la media nazionale è di 48 anni: a Milano l'unica questura con poliziotti che hanno un'età media inferiore ai 40, mentre nel resto d'Italia si va dai 41 di Bologna ai 48 di Bari. Si tratta di persone che nonostante l'età devono sobbarcarsi il peso psicofisico dei pattugliamenti notturni, del contrasto alla delinquenza di strada e di manifestazioni tese come quelle che si stanno succedendo in questi giorni.
Servirebbero assunzioni straordinarie che però non arrivano, benché ci si trovi tutti immersi ormai da quasi un anno e mezzo in una situazione la cui straordinarietà pare giustifichi ogni intervento straordinario...
In questo quadro colpisce particolarmente la reiterata richiesta espressa dalla polizia di "ascoltare le ragioni della sofferenza dei cittadini e dei commercianti", con cui chiede d'essere aiutata a "far crescere un clima di civiltà in cui la violenza sia bandita”.
Purtroppo assistiamo invece da anni al meccanismo opposto: è la nonviolenza ad essere sistematicamente censurata e ignorata, quando non vilipesa, da un sistema politico-mediatico che s'accorge delle istanze popolari solo all'esplodere della violenza, che ricade a sua volta sulle sempre più provate spalle delle forze dell'ordine.