Il dibattito sulla vicenda del sindaco di Riace è attualmente fondato su un non sequitur, ovvero: o Domenico Lucano è colpevole, e quindi ha ragione Salvini e bisogna chiudere i porti, oppure il sindaco è innocente, e quindi Salvini ha torto. Dal punto di vista logico, è come dire: o Pierino ha rubato la marmellata, e quindi domani piove, oppure non l'ha rubata e quindi possiamo andare al mare.
Proviamo invece ad analizzarla logicamente. Domenico Lucano crea un modello di accoglienza che diventa famoso nel mondo, verso la fine degli anni Novanta, ovvero quando (in proporzione, s'intende) i profughi sono pochi e i fondi sono molti. Vent'anni dopo, quando i profughi sono molti e i fondi sono pochi, quel modello (com'è logico) entra in crisi e il sindaco chiede aiuto, ma resta inascoltato.
Fa addirittura uno sciopero della fame, senza ricevere i finanziamenti di cui ha bisogno per mantenere un modello che evidentemente l'amministratore locale, in assenza di una politica nazionale lungimirante, non può adeguare autonomamente a una situazione profondamente mutata, per quanto possa essere virtuoso e capace.
In questo contesto, è indagato dalla Procura per una serie di reati, di cui quelli più gravi sono già stati stralciati dal gip, che non ha accolto in toto l'impianto accusatorio, ma ha anzi specificato che non vi è stato neppure arricchimento da parte dell'indagato – il quale, quindi, è già chiaro che se pure avesse commesso degli illeciti non lo ha fatto per moventi personali, ma per fronteggiare una difficile situazione.
Dunque nell'attuale stato delle cose si possono formulare soltanto due ipotesi. La prima è che effettivamente Lucano sia stato avventato, superficiale o abbia commesso delle leggerezze, nel tentativo appunto di mantenere un modello virtuoso in assenza di quelle condizioni nazionali e internazionali che concedono all'amministratore locale l'indispensabile supporto di cui ha bisogno.
Con la stessa facilità si potrebbe ipotizzare che vi sia stata, da parte di qualcuno, qualche tentazione di visibilità o una involontari intenzione politica nel presentare, proprio in questo momento, nei confronti del sindaco di Riace accuse molto gravi, di cui le più gravi sono già state respinte.
In entrambi i casi però è inutile fare congetture, perché il processo non è neppure iniziato, e di fare gravi insinuazioni senza essere in possesso di elementi sufficienti; ma soprattutto si perderebbe di vista il solo dato politico che emerge dalla vicenda, ovvero quello che Lucano stesso ha gridato inascoltato, come spesso accade quando si sceglie una modalità nonviolenta per aprire un dibattito: e cioè che attualmente i fondi impiegati per affrontare l'emergenza umanitaria nel Mediterraneo o sono insufficienti o sono mal gestiti, perché se non ce la fa Riace, e quindi il modello che per taluni è il migliore, figurarsi se possono cavarsela altri Comuni che magari hanno affrontato tardivamente o maldestramente il fenomeno.
Si badi che per "affrontare l'emergenza umanitaria" non s'intende qui obbedire a questo o a quell'impulso ideologico, ma il rispetto della legalità internazionale che, al di là di accordi interni all'Unione Europea soggetti o meno a una possibile revisione, in ogni caso impone un'accoglienza a chi fugge da teatri di guerra, persecuzione, pulizia etnica etc. in base a direttive ON Uche non possono assolutamente essere ignorate, e alle quali oggi né l'Italia né l'Europa ottemperano pienamente.
Quindi si pone, come al solito, l'esigenza di un rientro nella legalità e nello Stato di diritto per il nostro Paese: e la vicenda di Riace non fa che sottolineare questo dato, il quale non solo è evidente di per sé ma investe ormai ogni settore sociale della nazione, dalle carceri ai campi nomadi passando per l'informazione, il diritto alle cure, etc.
Un'esigenza che il sindaco di Riace ha espresso con un'azione nonviolenta che adesso è entrata nel dibattito politico perché è indagato, ma quando la portava avanti è stato quasi trattato, parafrasando Marco Pannella, come un radicale qualsiasi.
In conclusione, nihil sub sole novum, nemmeno a Riace...
Camillo Maffia