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17/11/24 ore

Ego te absolvo: sette dell’orrore ed esorcismi



La campagna in corso da qualche tempo sulla cosiddetta "setta dell’orrore" indiana che sarebbe sbarcata in Bulgaria sembra più frutto di un’accanita lettura dei romanzi di Emilio Salgari che di una reale conoscenza del gruppo religioso in questione. A leggere quotidiani come "Il Giornale d’Italia", bisognerebbe credere che "un nuovo mostro si aggira per l’Europa" (sic), gli aghori dell’India, "mangiatori di organi in putrefazione".

 

Nessun giornalista ha sentito il bisogno di notare che la Bulgaria ha delle difficoltà molto serie in merito alla discriminazione religiosa, primo fra tutti l’antisemitismo, nonostante i notevoli passi avanti, stando a fonti autorevoli come l’ultimo Rapporto internazionale del dipartimento degli Stati Uniti sulla libertà religiosa.



Gli aghori sono una cultura millenaria che da sempre affascina ricercatori e studiosi, il cui stile di vita ascetico, nonviolento e caritatevole si accompagna a pratiche estreme come la meditazione sui cadaveri ritrovati nel Gange, nella convinzione che la morte sia un’illusione frutto dell’identificazione della coscienza con il corpo fisico e, come tale, debba essere superata.



Se da un lato suscitano sicuramente un brivido abitudini rituali come l’ingestione di parti del corpo dei defunti estratti dal fiume, dall’altro l’istituzione di un lebbrosario fondato e gestito dal gruppo ha portato, negli ultimi anni, alla cura di centinaia di migliaia di pazienti affetti da lebbra e lebbra parziale.



Annoverabili fra le principali forme di tradizione indiana, questi sadhu hanno una concezione non-dualistica dell’universo, in cui la liberazione dall’illusorietà conduce alla realizzazione del sé con l’Assoluto, ed è in questa visione che s’inserisce la pratica (che suscita non poche perplessità) del l’ipostatizzazione del cadavere quanto il sostegno e l’identificazione coi malati e con gli ultimi, con l’unico obiettivo di riuscire a scorgere la Shakti in ogni aspetto dell’esistenza.


Comunque si tratta di un Credo non esportabile in virtù dei principi fondamentali della sacralità del luogo in cui sorge, ossia nei pressi del fiume Gange sacro agli induisti, e della necessità di essere nati in India per essere ammessi al lungo e duro percorso ascetico, difficilmente il "mostro" aghori può "aggirarsi per l’Europa", e quand’anche qualcuno avesse pensato di riprodurre certe pratiche in altre zone del mondo non è assimilabile al contesto religioso del gruppo bollato come "setta dell’orrore".



La campagna anti-sette in corso, ricominciata con la trasmissione su Scienza per Amore a "Mi manda Raitre" e proseguita di recente con l’ampio spazio concesso dal quotidiano "La Stampa" a don Aldo Buonaiuto, è chiaramente ascrivibile al tentativo di reintrodurre nel nostro ordinamento il reato di plagio, abolito nel 1981 per incostituzionalità dopo il caso Braibanti grazie alla lotta dei Radicali di Marco Pannella e dei più indimenticabili volti della cultura italiana come Pier Paolo Pasolini, Elsa Morante, Alberto Moravia o Umberto Eco.

 

"Da trent’anni in Italia non c’è più il reato di plagio e per le forze dell’ordine è quasi impossibile contestare a uno pseudo-santone la circonvenzione di incapace", dichiara infatti il prete, lamentando una "escalation di crimini" nella non meglio precisata "Italia segreta dell’occultismo". Fra le fonti dei suoi dati, quel Rapporto del Ministero dell’Interno del 1998 screditato in ogni sede e realizzato perlopiù con le inattendibili notizie contenute in libri come "I soldi del diavolo" della dott.ssa Cecilia Gatto Trocchi; unico risultato del Rapporto, una causa per diffamazione vinta da Antonio Meneghetti, fondatore dell’Ontopsicologia, contro lo stesso Ministero dell’Interno, costata allo Stato un risarcimento di 50 milioni di lire.



Don Aldo Buonaiuto, divenuto famoso per la crociata contro Beppe Englaro, è ritenuto "esperto" in casi di "setta" (rivelatisi poi sistematicamente infondati), ed è referente della Squadra Anti-Sette della Polizia di Stato. Tiene annualmente convegni sulle sette, ospitando psichiatri e membri delle forze dell’ordine nell’ateneo fondato dai Legionari di Cristo, e questo è simbolico della direzione culturale che sta prendendo il paese.

 

Per due anni di seguito sotto i riflettori dell’OSCE per via delle sue perizie nei casi di sette, fra cui quella sul gruppo "Ananda Assisi", di cui s’interessarono i Radicali Umbria e che fu poi regolarmente assolto dopo l’ingiustificato calvario mediatico, il sacerdote non si è dato per vinto e ha rilanciato la sua crociata con lo stesso spirito che lo ha portato a tuonare contro Englaro, Halloween e i videogiochi, in virtù del quale con "spirito laico" è diventato referente di un dipartimento di polizia.

 

Non a caso, infatti, è stato dato ampio spazio dalla stampa al presunto "boom di esorcismi" e ad appuntamenti in cui esorcisti cattolici insegnano ai medici a riconoscere gli indemoniati tra i loro pazienti e ai criminologi a scoprire quali delitti si nascondono dietro streghe e pagani. Non solo all’Ateneo Regina Apostolorum, ma anche all’Università europea, con tanto di pubblicità mediatica, gruppi come il GRIS, che sollevò l’infondato caso dei "Bambini di Satana", assolti e risarciti con centomila euro a testa per ingiusta detenzione dopo che Marco Dimitri subì 400 giorni di carcere, spiegano ai pediatri come distinguere un bambino isterico da uno posseduto ed assistere eventualmente gli esorcisti nelle loro pratiche.

 

Il fatto che un paziente affetto da una lesione all’ippocampo dovrebbe essere rassicurato nel momento della crisi non sembra essenziale a quei medici che si dichiarano disponibili a una terapia a base di rosari e "Vade retro Satana",così come agli specialisti infantili che da anni ammettono, in occasione di questi eventi, di consigliare ai genitori un esorcismo laddove il bambino presenta sintomi evidenti di infestazione.

 

E’ in questo quadro che va inserito il movimento anti-sette nostrano per comprendere appieno la natura di gravi casi di malagiustizia come il processo Arkeon o le indagini su MISA Yoga, gruppo perseguitato dal regime di Ceausescu e finalmente assolto in Romania, di cui si attende l’esito dei blitz operati nel 2012 dalla Squadra Anti-Sette in Italia con arresti e gran clamore mediatico: un movimento anti-sette che si rifà al laicismo francese (il quale ha pure portato, nel suo volto più estremo, a tre condanne dalla Corte di Strasburgo per violazioni della libertà religiosa), ma che è in realtà subalterno al volto più oltranzista del clericalismo nostrano.

 

Se infatti l’infondatezza sistematica dei casi di "setta" in Italia a partire dagli anni Ottanta spingerebbe semplicemente a una riflessione sulle libertà culturali, il fatto che dipartimento di polizia e gruppi anti-sette si muovano nell’alveo sopra descritto ci fa capire che non siamo davanti a una guerra "alle sette", ma a una guerra "fra sette",in cui la laicità e la neutralità dello Stato vengono meno.

 

La strumentalizzazione politica e mediatica di casi di malagiustizia è volta da un lato alla reintroduzione del reato di plagio, elemento in comune con la riproposizione del fallimentare modello francese, ma dall’altro la differenza fondamentale con la Francia e col Belgio è proprio nel fatto che i movimenti anti-sette ispirati dalla laicité si oppongono incondizionatamente a tutti i gruppi religiosi, arrivando al paradosso di inserire la Comunità di Sant’Egidio nella lista delle "sette pericolose", mentre da noi la subalternità al regime clericale è tale che si usano le "sette" come spauracchio perché il popolino corra a farsi liberare dal maligno.

 

E così in Francia o in Belgio, sì, ci sono state le condanne della Corte di Strasburgo; è stato di fatto introdotto il reato di plagio con la legge Picard; si fanno discriminazioni dei movimenti religiosi bollati come "sette" ingiustamente, come appunto la Comunità di Sant’Egidio: e che significa questo? Che il popolo sbaglia. Ma è sempre il popolo, e quando sbaglia, sbaglia in nome del popolo. Non guarda in faccia nessuno: preti, islamici, scientologi, Testimoni di Geova.

 

E indubbiamente sbaglia, se non altro perché il dialogo produce effetti migliori della discriminazione, perché le violazioni dei diritti umani sono intollerabili e danno risultati solo negativi (tanto che la legge Picard è stata applicata prevalentemente in casi di controversie familiari) e perché il panico morale sulle "sette" non corrisponde ai dati.

 

Ma per quanto sbaglia, si può sempre consolare di esser popolo. Nel nostro paese, invece, sia che il popolo chieda diritti, tolleranza e dialogo religioso, sia che chieda provvedimenti sicuri contro gli abusi compiuti da sacerdoti o santoni in cattiva fede, la risposta è sempre la stessa, quella del frate Alberto Sordi nel film di Luigi Magni "Nell’Anno del Signore": "Popolo, ma che te sei messo in testa? Ma che vuoi? Vuoi comanna' te? E chi sei? Sei papa? Sei cardinale? O sei barone? Ma se non sei manco barone chi sei? Sei tutti l'altri! E tutti l'altri chi so'? Rispondi! Rispondi a me, invece di assalta' i castelli! So' li avanzi de li papi, de li cardinali, de li baroni, e l'avanzi che so'? So' monnezza! Popolo, sei 'na monnezza"!

 

Camillo Maffia

 

 


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