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17/11/24 ore

Ricomincia la campagna per il reato di plagio: intervista a Vito Moccia di Arkeon



Puntuale, con l’anno nuovo, è ricominciata la campagna per l'introduzione del reato di plagio, per la verità non senza una certa dose di malinconia, con meno entusiasmo rispetto al passato e sempre meno testate editoriali pronte a correre al richiamo di un pericolo smentito da trent’anni di verità processuale. Esempio, l’8 gennaio su "L’Espresso" abbiamo letto un articolo che accompagnava, inevitabilmente, l’allarme crescente rappresentato dalle non meglio identificate "sette" nel nostro Paese con la solita propaganda per l’approvazione del DDL 190, che prevede l’introduzione del reato di "manipolazione mentale", ovvero di plagio.

 

Era stato abolito nel 1981 per incostituzionalità in seguito alla mobilitazione dei grandi intellettuali dell’epoca, da Pasolini a Elsa Morante, dopo il caso Braibanti, e all’impegno dei Radicali, unica forza politica in campo contro un meccanismo legislativo inquisitorio ideato dal regime fascista per punire i dissidenti.

 

Sempre i Radicali, grazie a un’interrogazione dei senatori Marco Perduca e Donatella Poretti, chiesero al governo nel 2012 quanto costa e a che serve una Squadra Anti-Sette considerato che i casi di "setta" si sono rivelati vicende molto spesso di malagiustizia ai danni degli imputati.

 

Fra questi è sicuramente il caso "Arkeon", una montatura mediatico-giudiziaria smentita con sentenza di primo grado che "L’Espresso" cita come un "caso di psico-setta" affidandosi unicamente ai dati allarmistici ricavati dalle fonti di associazioni anti-sette referenti, le quali senza le sette chiuderebbero inevitabilmente bottega insieme al dipartimento stesso. Per ricordare cosa sia stata effettivamente la vicenda Arkeon, riportata come caso di violazione dei diritti umani in sede OSCE/ODIHR dove l’Italia ha ricevuto raccomandazioni per due anni di fila proprio in merito alle gogne mediatico-giudiziarie scaturite dalle indagini della Squadra Anti-Sette, ecco una intervista con il fondatore di Arkeon, Vito Carlo Moccia.

 

 

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A due anni dalla sentenza di primo grado, l’appello non è ancora stato fatto. Tu hai cercato di rifiutare la prescrizione e stai sollecitando il tribunale affinché apra il secondo grado di giudizio: perché?

 

Sono passati ormai due anni e mezzo dalla sentenza di primo grado. Il processo ha sconfessato le accuse di Procurato stato di incapacità di intendere e di volere, Truffa, Violenza privata, Maltrattamenti ai danni di minori, Calunnia, in modo così eclatante che lo stesso PM non è ricorso in  appello. In sentenza si dice chiaramente che Arkeon non era una setta.

 

Resta l'associazione per delinquere finalizzata all'esercizio abusivo della professione psicologica. L'attesa dell'appello dura ormai da oltre due anni e mezzo. "Non erano santoni ma solo delinquenti" è il titolo dell'articolo pubblicato dalla Gazzetta del Mezzogiorno dopo la sentenza. Ancor oggi, vengono pubblicati articoli in cui, con l'ambivalenza di sempre, siamo annoverati tra le sette enfatizzando che siamo stati condannati per associazione a delinquere, senza ovviamente accennare che il reato fine è solo l'esercizio abusivo della professione psicologica, e attribuendoci violenze sessuali e abusi che non riguardano Arkeon.

 

Io non mi avvarrò della prescrizione. La mia intenzione è arrivare a sentenza definitiva. Non voglio che di noi si dica "sono stati assolti per prescrizione". La prescrizione è una fuga dalla verità, che torna utile ai nostri detrattori, ma che lascia un'ombra sul mio operato e sull'identità di Arkeon. "Salvarsi per prescrizione" non onora il dolore e le lacrime versate da centinaia di persone che questa vicenda ha colpito generando danni enormi, morali e materiali. Ho chiesto all'avvocato di sollecitare che venga fissata una data per l'Appello e mi aspetto che il processo di secondo grado si faccia presto. 

 

Il processo si è chiuso, in primo grado, in un modo un po’ particolare: da un lato è stata dimostrata la totale infondatezza del teorema per cui Arkeon sarebbe stata una "psico-setta", dall’altro c’è stata una condanna per "associazione a delinquere finalizzata all’abuso della professione di psicologo". Qual è la tua percezione della vicenda processuale?

 

A mio giudizio, dopo una così imponente campagna mediatico-giudiziaria, il tribunale non poteva assolverci. Sarebbe scoppiato uno scandalo che avrebbe screditato chi ha svolto le indagini, con il sostegno della lobby formata da associazioni antisette, da politici coinvolti e disposti a sfoderare interrogazioni parlamentari e dall'ordine degli psicologi.

 

I nostri detrattori hanno anche tentato di coinvolgere nella campagna contro Arkeon il Codacons e, spacciando una nostra inesistente omofobia, perfino le associazioni omosessuali. Di noi si è detto di tutto e di più, senza cognizione di causa e senza alcun contraddittorio. Non posso accettare che tutto si sia svolto senza ascoltare i frequentatori di Arkeon per avere una visione autentica della realtà.  I nostri accusatori non potevano non sapere di essere in cattiva fede: l'intenzione era creare un eidolon facendoci diventare "la più grande psicosetta mai esistita", come siamo stati definiti sui media.

 

Nel processo di primo grado ,è stato fatto il possibile per sostenere le tesi dell' Accusa, ma l'evidenza dei fatti e l'inattendibilità dei testimoni dell'accusa ha generato la svolta. Sfatata la bufala della setta e svelata l'infondatezza delle accuse principali, l'unica condanna possibile rimaneva quella per esercizio abusivo di professione psicologica.

 

Lo strumento fu quello di "utilizzare" in sentenza un documento sugli "atti atipici della professione di psicologo", presentato dall'albo degli psicologi a processo iniziato. Il documento era stato però rigettato dal collegio giudicante in quanto non ammissibile. Tale documento venne "copiato" integralmente nelle motivazioni della sentenza (senza citarne la fonte), per "trasformare" Arkeon da percorso antropologico-spirituale, in una sorta di psicanalisi atipica. L'esercizio abusivo della professione psicologica  diventò il reato fine, per l'accusa ben più grave di associazione per delinquere.

 

Dopo gli orrori diffusi sui media sarebbe stato ridicolo essere condannati solo per abuso di professione. Devo comunque dire che, sia il collegio giudicante che il PM hanno avuto coraggio: il collegio giudicante non si è uniformato all'informazione mediatica, ed il PM non è ricorso in appello, lasciando che le accuse principali andassero in giudicato.

 

Il polverone mediatico è stato molto doloroso per i membri, che hanno denunciato le loro sofferenze nelle più alte sedi senza alcun riscontro da parte delle istituzioni in merito al diffuso problema della stigmatizzazione delle minoranze religiose bollate come "sette". Puoi parlarci di quel periodo e di come tu e la tua famiglia avete superato le difficoltà causate dalla "gogna mediatica"?

 

All'inizio di questa vicenda, subito dopo le trasmissioni da Costanzo, citammo il Cesap (l’associazione anti-sette dal cui studio era iniziata la persecuzione contro Arkeon, NdR) e chiedemmo l'oscuramento del Forum contro Arkeon, con l'articolo 700. Nel  frattempo (novembre 2006) era stata istituita la SAS, Squadra antisette del Ministero degli Interni. Come potevamo essere ascoltati...? Il giudice non solo non accolse la nostra istanza, ma dichiarò meritoria l'azione del Cesap.

 

Il polverone mediatico-giudiziario scatenato sul caso Arkeon era lo strumento per sollevare l'opinione pubblica affinché fosse ripristinata la legge sul plagio, come dimostrato dalle innumerevoli  interrogazioni parlamentari presentate. La gogna mediatica con accuse terribili, è una esperienza drammatica che uccide l'anima e il corpo (tanto che mi sono ammalato di Linfoma non Hodgkin). Eravamo impotenti dinanzi allo scempio e al massacro che subivamo quotidianamente su giornali, televisioni e internet, che riportavano anche informazioni di gravissimi reati non presenti negli atti. Ovviamente in televisione il mio volto era sempre in primo piano.

 

Il dolore che io, la mia famiglia e i membri di Arkeon abbiamo attraversato è stato grande. Ci rivolgemmo al GRIS per chiedere uno studio sul metodo Arkeon, e dopo alcuni incontri il segretario nazionale ci sconsigliò di effettuare lo studio con il GRIS in quanto gli "studiosi" del gruppo erano fortemente influenzati dalle informazioni diffuse dal Cesap e dai media. Solo il CISF accettò di condurre un programma di ricerca partecipata sul metodo, di cui si concluse solo la prima fase sull'analisi del metodo. La seconda fase dello studio, riguardante la sistematizzazione del metodo non fu avviata in quanto il CIF stesso venne puntualmente attaccato dai media (vedi l'articolo su l'Unità in cui fu coinvolto padre Cantalamessa, finito anche a Striscia la Notizia).

 

Chiunque avesse preso le difese di Arkeon, sarebbe stato oggetto di persecuzione mediatica o oggetto di minacce e intimidazioni (gran parte delle quali sono documentate e conservate in archivio). Minacce e intimidazioni furono anche subite da nostri testimoni. Le denunce per diffamazione fatte da me e da molti membri di Arkeon furono assegnate allo stesso PM che conduceva le indagini contro di noi e non solo furono archiviate, ma coloro che avevano presentato querela furono prima "invitati" a ritirare la denuncia e poi accusati di calunnia. Per tutti, noi "dovevamo" essere una setta che aveva commesso le peggiori nefandezze (truffa, violenza su minori, abusi sessuali di ogni genere, ecc).

 

Il mio parroco mi invitò a non frequentare più la parrocchia, la preside della scuola dei miei figli mi chiese di cambiare istituto e di non farmi vedere alle riunioni di classe e alle recite di fine anno. Mio figlio per i suoi amici era diventato il "figlio del caposetta". I miei figli erano tenuti a distanza e guardati con sospetto dai genitori dei propri compagni. Io non potevo uscire di casa senza essere riconosciuto: ero evitato dagli amici ed aggredito dagli estranei. Ai miei allievi ho sempre insegnato che il vittimismo uccide l'anima e la bellezza. Dopo un tempo iniziale di totale arresa, ho scelto di non essere una vittima: volevo guardare oltre.

 

Decisi di cambiare città, e mi sono trasferito a Milano con la mia famiglia. Il vero salto l'ho fatto l'8 Dicembre del 2012 (cinque mesi dopo il deposito delle motivazioni della sentenza). Ero a Viterbo ad un congresso nazionale sulle applicazioni dell'eco in fisiatria, ed il giorno dopo dovevo tenere una lezione a 400 fisiatri giunti da tutta Italia. Quella sera mi chiamò il mio avvocato avvisandomi che era in onda TG2 Dossier con la mia faccia in primo piano, mentre parlavano di violenze e abusi sui minori commessi dalle sette....

 

Dovevo decidere se fare le valige e scappare di nascosto o affrontare il rischio dell'espormi in aula il giorno dopo. Sono rimasto e ho tenuto una bellissima lezione!  L'incantesimo si è dissolto, la paura è scomparsa ... e la mia vita è tornata normale. La pressione mediatica è stata una palestra per la mia anima dove la scelta era vivere o morire, ed io avevo scelto di vivere! Da quel momento non ho avuto più il timore del giudizio e la paura di parlare di quanto mi era accaduto.

 

Non avevo nulla da nascondere. In tutti questi anni non ho mai perso la fede nella verità ... la lotta era solo contro il tempo ... e nel frattempo dovevo rimanere vivo ed aspettare. Nella gogna mediatica, mi sono sentito profondamente violato, un abuso che non potrà essere rimarginato; ma fortunatamente l'istinto di custodire mia moglie e i miei figli è stata la mia protezione. Dopo 6 anni di massacro, nel luglio del 2012 sono arrivate le motivazioni della sentenza (che a oggi, nessuno dei media "ufficiali" ha osato pubblicare o diffondere).

 

Alle pagine 896 e 897 delle Motivazioni: "l’esito di questo giudizio ha sconfessato la sussistenza della principale e più grave delle accuse, costituita dall’essere Arkeon una "psicosetta", ha portato ad escludere la sussistenza di uno stato di incapacità di intendere e volere per i partecipanti a qualsiasi tipo di seminario e di tecniche manipolatorie della mente, nonché di violenze di ogni genere poste in essere nei confronti di minori. In questo giudizio non vi è stata contestazione di reati fiscali ed è emerso che i costi dei seminari erano fissi e noti ai partecipanti. Il processo ha portato ad escludere la sussistenza dell’aggravante dell’aver indotto nei partecipanti il timore di un pericolo immaginario, come cagione giustificativa degli esborsi economici, nonché di quella del danno di rilevante entità e da questo è conseguita la ritenuta improcedibilità dei reati di truffa, con riferimento ai quali non era stata sporta alcuna querela da parte delle vittime, sulla cui posizione del tutto particolare ci si è intrattenuti nel capitolo relativo alle truffe".

 

Nel caso Arkeon ha fatto scalpore, in Italia e all’estero, l’infondato coinvolgimento della dottoressa Raffaella Di Marzio (accusata di essere il "guru in pectore" che voleva ricostruire la "setta"), la quale fu poi archiviata. Al di là del panico morale, secondo te qual è stata la causa del coinvolgimento di una nota e stimata studiosa dei nuovi movimenti religiosi?

 

La Dr.ssa Di Marzio non doveva parlare, né scrivere. Un mio allievo aveva chiesto alla Di Marzio un aiuto per il gruppo, perché a seguito della campagna mediatica vi erano persone che stavano veramente male. L'obiettivo della Di Marzio fu subito chiaro: comprendere gli eventi e far luce sulla verità. La nostra esperienza di Raffaella di Marzio è stata quella di una professionista di grande spessore umano, estremamente attenta, con un rispetto assoluto per le persone ed una totale onestà intellettuale.

 

Raffaella non è soltanto una studiosa o una esperta, ma è una grande donna, umile, integra e forte insieme. Ci ha salvato la vita: per noi era unico custode di una speranza che non può morire. La dr.ssa Di Marzio aveva consentito sul suo sito l'apertura di un forum per i frequentatori di Arkeon, anche perché era interessata ad ascoltare tutti, compresi gli eventuali detrattori.

 

Da quando a chiederle aiuto fu proprio uno degli accusati, iniziò una vera e propria persecuzione a suo danno, con attacchi continui sia sul piano personale che professionale. Oltre ad essere iscritta nel registro degli indagati, il suo sito venne oscurato. La Dr.ssa Di Marzio fu costretta a dimettersi dall'ordine professionale a cui era iscritta e una valanga di lettere intimidatorie con allegati dossier sui presunti crimini da lei commessi furono inviate agli editori che ne pubblicavano i libri, alle redazioni delle trasmissioni in cui era ospite, ecc. ...

 

Vennero attaccati anche gli studiosi che le avevano espresso solidarietà per quanto le stava accadendo. L'opinione di una studiosa come Raffaella Di Marzio poteva diventare un problema serio. La dottoressa Di Marzio era anche nostra testimone al processo ... bisognava toglierle credibilità. Nella stigmatizzazione delle minoranze religiose che era giusto bollare come "sette", i nostri accusatori più che studiosi di sette e movimenti religiosi, si svelarono come esperti, specializzati nella creazione e gestione di panici morali finalizzati alla reintroduzione del reato di plagio … quello di Raffaella Di Marzio era  un reato di opinione.

 

Ancora oggi, nonostante il teorema della psico-setta sia stato dichiarato infondato dal tribunale, la diffamazione nei confronti di Arkeon continua su Internet, nei libri, e a volte anche sui media. Come vivi questa situazione?

 

Al momento subiamo ancora la legge del più forte. Dopo quanto abbiamo passato, ciò che ancora appare sui media non ha più il potere di ferirmi. Sono abituato a ben altro. Coloro che conoscono la verità (compresi i nostri accusatori), ben sanno quanto le informazioni che ancora recentemente vengono date dai media e dai giornali (es. l'ultimo articolo sull'Espresso) siano ambivalenti, strumentali e demagogiche.

 

La domanda a cui non so dare risposta è se la cattiva fede è solo degli intervistati o anche dei giornalisti.... e quali sono i  confini tra cattiva fede, disonestà, ottusità e ignoranza. La verità processuale  è chiara ed è pubblica: Arkeon non è una setta e nessuno ha subito danni di alcun genere da Arkeon. Non siamo noi ad aver perso, ma perdente è chi sta continuando a diffondere false informazioni. L'epilogo della vicenda Arkeon segna la fine del nutrimento illegittimo che quelli che definisco parassiti si è garantito per anni; ad essi, oggi non rimane che affermare mezze verità sull'esito del primo grado, e continuare in un falso ideologico riproponendo e ripubblicando vecchi articoli e link a trasmissioni del 2008/2009/2010/2011, i cui contenuti sono stati sconfessati dalla sentenza.

 

Personalmente ho scelto di ignorare la situazione: ho ben altro da fare, che dialogare ancora con questa spazzatura. I danni morali personali e alla mia famiglia sono stati tanti, ma non vanno trascurati anche quelli economici. Ho attraversato un periodo veramente duro in cui le riserve economiche sono state prosciugate per il pagamento dei costi di avvocati e consulenti. In tutto questi, ci si è messa anche l'agenzia delle entrate che "non si spiega" come mai un contribuente che versava annualmente allo Stato circa 200.000 euro l'anno di tasse, dal 2008 ha improvvisamente smesso di avere un reddito.

 

Aspetto l'appello e l'assoluzione completa; quello sarà il tempo di ripristinare la verità e ripianare i conti anche in sede civile e penale. Ho l'impegno di restituire dignità e onore a coloro che questa  amara vicenda ha leso nel proprio diritto di scegliere i propri percorsi di vita e di crescita.

 

Camillo Maffia

 

 


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