La Corte Suprema di Tokyo, il 13 novembre, ha condannato i sequestratori di Toru Goto, l’uomo che era stato rapito e tenuto prigioniero per 12 anni e 5 mesi ai fini della "deprogrammazione",ovvero il forzato abbandono della propria religione. Cinque persone (tre parenti della vittima, un pastore evangelico coinvolto nel caso e il "deprogrammatore professionista" Takashi Miyamura) dovranno pagare un cospicuo risarcimento, dopo che per anni i tribunali avevano negato la natura violenta dell’accaduto, riconducendolo a "discussioni fra genitori e figli".
Dopo un primo tentativo di rapirlo nel 1986, Goto è stato sequestrato nel 1995, fino alla sua liberazione il 10 febbraio 2008, quando la sua famiglia, lasciandolo in mezzo alla strada senza un soldo in tasca, ha finalmente aperto la porta dell’alloggio in cui era stato confinato per essere sottoposto alla deprogrammazione. Nel corso della sua prigionia, ha intrapreso per tre volte uno sciopero della fame, ma non gli è stato permesso neppure di recarsi in ospedale quando era malato: solo quando è riuscito a raggiungere la Chiesa dell’Unificazione, di cui era membro prima di essere rapito proprio con lo scopo di costringerlo ad abbandonare la sua religione, ha potuto finalmente curarsi, dopo 50 giorni di ricovero ospedaliero per via dei maltrattamenti e della malnutrizione.
La causa legale, avviatasi con la denuncia nello stesso anno in cui era stato rilasciato, è stata molto travagliata: nel corso di questi anni, Goto ha fondato la "Associazione delle Vittime Giapponesi Contro il Rapimento, la Prigionia e la Conversione Forzata per motivi religiosi".
Oggi esprime la sua soddisfazione per il fatto che il tribunale abbia riconosciuto le responsabilità di Miyamura, commentando: "Se si pensa ai numerosi membri della Chiesa dell’Unificazione che sono stati rapiti, tenuti prigionieri e che hanno sofferto sotto gli ordini dell’imputato Miyamura, credo che anche loro ne siano felici. I rapimenti, le prigionie e le conversioni forzate continuano. Il mio desiderio più grande è che la vittoria di oggi aiuti a sradicare le pratiche di rapimento, prigionia e conversioni forzate".
Tra i rapporti internazionali su questa grave problematica che affligge il Giappone, è importante citare quello del Dipartimento di Stato americano, che ha sottolineato proprio la vicenda di Goto. Secondo la Commissione Americana Internazionale sulla Libertà Religiosa, infatti, c’è un problema di inazione da parte di Tokyo, che chiuderebbe spesso gli occhi di fronte alla diffusa pratica di sequestro ai fini della deprogrammazione, ai danni di membri della Chiesa dell’Unificazione e altri movimenti religiosi minoritari.
Oltre all’Associazione giapponese, altre ONG europee si sono battute per il suo caso, prima fra tutte Human Rights Without Frontiers, i cui rapporti hanno contribuito in modo decisivo a portare queste violazioni dei diritti umani all’attenzione del Comitato delle Nazioni Unite.
La campagna di HRWF non si conclude con la vittoria in tribunale di Goto: secondo la ONG, infatti, in riferimento alle Osservazioni Conclusive del Comitato dei Diritti Umani dell’ONU, "devono essere prese misure effettive, da parte del governo giapponese, per assicurare che il diritto dei credenti sia pienamente rispettato".
Camillo Maffia