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16/11/24 ore

Israele e la parziale informazione


  • Elena Lattes

Ho sempre sentito dire che Israele è molto carente nell'informazione, che non fa abbastanza per tentare di far capire al mondo le ragioni delle proprie reazioni o il punto di vista maggioritario nel Paese. Guardando televisione e ascoltando radio italiane, leggendo qua e là giornali europei e americani, scontrandomi poi con molti conoscenti reali o contatti virtuali, ero convinta di essere completamente d'accordo con questa teoria.

 

Ora, invece, dopo giorni e giorni passati attaccata ad un computer, girando fra le pagine di facebook, visitando quelle di amici e parenti mi rendo conto che non è affatto come potrebbe sembrare. Può darsi che siano le ultime tecnologie a favorire questo tipo di azioni, che prima dell'invenzione dei social network non fosse così, ma ultimamente mi capitano spessissimo video girati dagli stessi soldati intervenuti a Gaza che mostrano i tunnel, dove sono stati costruiti (nelle cucine, nei bagni, addirittura nelle camere di bambini, nelle moschee e nelle scuole) e cosa vi hanno trovato (armi, esplosivi, biglie di ferro, attrezzature per scavare e per costruire i cosiddetti razzi artigianali).

 

Questi video, però, pur circolando molto in alcuni ambienti, anche italiani, non vengono mai mostrati dai mass media nostrani. Questi ultimi, al contrario, si soffermano quotidianamente sulle sofferenze dei civili palestinesi, sulle case distrutte dalla reazione israeliana, forniscono cinicamente indistinte conte di morti (cosa, fra l'altro, che non fanno per tutti gli altri popoli nel resto del mondo) comunicate direttamente dalle fonti palestinesi e mai seriamente verificate, raramente intervistano qualche abitante di un kibbutz di confine, ancora più raramente qualche politico, ma non spiegano mai la reale situazione, non danno mai informazioni precise e soprattutto non mostrano mai quello che i soldati israeliani trovano e documentano.

 

Ricordo soltanto un servizio del già corrispondente RAI Claudio Pagliara, che entrò in uno dei tunnel ma quel video risale ormai a diversi anni addietro e comunque resta una mosca bianca nel panorama dell'informazione. Allora mi è venuto il sospetto che la colpa non è tutta di Israele che, di per sé fra l'altro, essendo una democrazia, non può controllare i propri media o imporre loro qualcosa come si fa normalmente in una dittatura (sia chiaro, ben venga la libertà di parola e la varietà di punti di vista, ma che, in un momento come questo, in cui la guerra mediatica assume un ruolo probabilmente perfino più importante di quella combattuta sul terreno, può costituire, almeno tatticamente, quasi più un punto di debolezza che di forza).

 

No, la colpa è anche e forse soprattutto dei vari canali televisivi e radiofonici nostrani che privilegiano un certo tipo di propaganda che mira di più alla “pancia” dei propri ascoltatori fomentando quasi un tifo da stadio (basta leggere i sempre più numerosi commenti che la gente comune lascia in giro per il web), poco opportuno vista la tragicità di una simile situazione e sacrificando un'informazione forse meno istigatrice di forti emozioni, ma più razionale e soprattutto più neutrale e corretta.

 

 


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