Chissà se il ceffone rifilatogli da Grillo all’indomani dell’Assemblea nazionale del Pd, servirà a Renzi per comprendere che un conto è il wrestling delle primarie e un conto le botte da orbi che arrivano nell’agone della lotta politica vera.
Non è stato un bell’esordio quello del neo-segretario del Pd. Un discorso confuso, dove in sostanza si annuncia una lunga salamoia di oltre due anni in cui far macerare la politica italiana, nel sotto vuoto spinto di vane riforme istituzionali e trattative per una legge elettorale che contenti tutti.
Non è davvero gran che quanto a spirito riformatore. E difatti al leader del Movimento 5 stelle è bastato poco per rintronarlo: per andare al voto basta ritornare al Mattarellum, in vigore prima della legge di fatto cassata dalla Consulta.
Quanto al finanziamento pubblico ai partiti, si ha un bel dire: i pentastellati ai denari hanno rinunciato, il Pd – attraverso i tweet del premier Letta – non fa che esercitarsi nella canzonatura degli italiani rinviando al 2018 la fine di un abuso, che gli elettori avevano già inteso cancellare vent’anni fa.
Se queste sono le premesse, bisogna dire che l’avvenire si rischia di lasciarselo davvero alle spalle.