Subito dopo la tragedia accaduta a Prato - in cui nel rogo della fabbrica-dormitorio hanno perso la vita ben 7 persone di nazionalità cinese, costrette dai loro datori di lavoro connazionali a lavorare in condizioni di vera e propria schiavitù - il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato una drammatica lettera al Governatore della Regione Toscana, Enrico Rossi.
Il Presidente della Repubblica nella sua lettera in sostanza sollecitava “interventi concentrati a livello nazionale, regionale e locale per far emergere da una condizione d’insostenibile illegalità e sfruttamento".
Lo stesso Presidente della Regione dopo il rogo aveva subito chiesto l’intervento del Governo: “Qui- ha detto- i lavoratori lavorano e vivono in soppalchi che ricordano quelli di Auschwitz". "Condivido la necessità da lei posta con forza - scrive Napolitano nel messaggio al governatore toscano - di un esame sollecito e complessivo della situazione che ha visto via via crescere a Prato un vero e proprio distretto produttivo nel settore delle confezioni, in misura però non trascurabile caratterizzato da violazione delle leggi italiane e dei diritti fondamentali dei lavoratori ivi occupati".
Con tutto il rispetto per il Capo dello le Stato e per tutte le altre personalità istituzionali e sindacali, verrebbe da dire: “Ma ci volevano 7 lavoratori cinesi morti per denunciare tale ignobile situazione di sfruttamento di esseri umani?".
Purtroppo la totale illegalità e violazione dei diritti umani di diverse imprese d’immigrati cinesi rientra in una realtà drammatica che va avanti da anni e non riguarda esclusivamente la provincia di Prato. Oltre a tutto ciò si aggiunge il danno alle piccole e medie imprese che operano nel pieno rispetto delle regole, causato dalla conseguente concorrenza sleale che le medesime subiscono.
Alessandro Frezzato