Nel 1943, dal 28 settembre all’1 ottobre, Napoli diede vita a quattro eroiche giornate di coraggio patriottico e di orgoglio cittadino, che oggi, a settanta anni di distanza sono diventate cinquantotto, dal 12 settembre all’8 novembre 2013…
No, l’inflazione non c’entra, si tratta della durata degli eventi che la cittadinanza ha in maniera entusiastica e corale organizzato, sotto il coordinamento del dottor Umberto Zoccoli Capo del Cerimoniale del Comune di Napoli e Responsabile del coordinamento di iniziative ed eventi di rilievo internazionale, per ricordare quei giorni che costituiscono un riferimento non solo per la Città ma per tutta l’Italia futura che scaturirà dall’impegno e dai sacrifici della nuova fase della guerra, iniziata con la fine traumatica del regime e conclusasi con l’atto, intitolato Strumento di resa locale delle forze tedesche e delle altre forze poste sotto il comando o il controllo del Comando Tedesco Sud-ovest” e relativi allegati, firmato a Caserta il 29 aprile 1945 e divenuto esecutivo con la cessazione delle ostilità sul fronte italiano il 2 maggio 1945.
Esso sanciva la sconfitta definitiva nella Campagna d’Italia, nell’ottica nazionale italiana la Guerra di Liberazione, delle forze armate tedesche operanti in Italia e di quelle della Repubblica Sociale Italiana, che, non essendo riconosciuta dagli Alleati non poteva stipulare accordi diretti, sottoscritti in suo nome da un rappresentante tedesco dotato di delega scritta da parte del Ministro della Difesa della Rsi Rodolfo Graziani.
Pochissimi sono a conoscenza di queste cose, come sinora quasi dimenticati sono stati gli eventi che in questa ricorrenza Napoli sta riscoprendo. Cosa sono le 4 Giornate di Napoli. Potremmo dire che sono il culmine di una dolorosa e sanguinosa esperienza bellica, la volontà di non soccombere di fronte alle crescenti angherie e crudeltà dell’occupante tedesco. Ma andiamo con ordine, inquadrando la questione sotto il profilo storico sin dall’inizio.
Napoli venne sottoposta, dopo la dichiarazione di guerra dell’Italia del 10 giugno 1940, a durissimi bombardamenti che causarono oltre 25mila vittime, e danni ingentissimi al patrimonio artistico. Il 4 dicembre 1942 fu semi-distrutta la Basilica di Santa Chiara; nel bombardamento del 4 agosto 1943 perirono oltre 3.000 persone. Nell’esplosione di nave Caterina Costa carica di munizioni destinate alle truppe combattenti in Africa si ebbero, il 28 marzo 1943 circa 600 morti e 3.000 feriti. L’esplosione fu particolarmente violenta e pezzi della nave vennero scagliati sino sulla collina del Vomero.
L’armistizio dell’8 settembre 1943 vide a Napoli un copione simile a quello del resto d’Italia. Mancando direttive dall’alto le scelte, in particolare tra i militari, furono di carattere personale. Sulle forze militari contrapposte in campo le notizie sono fortemente contrastanti e certamente queste celebrazioni sarebbero state un’utile opportunità per fare il punto sulla questione in particolare con il coinvolgimento degli Uffici Storici militari.
Da subito si manifestò comunque sinergia ed unità di intenti tra militari e civili che ritenevano si dovesse organizzare la difesa e la resistenza alle truppe tedesche, anche se i responsabili di grado più elevato nella circostanza optarono per un basso profilo, diplomatico e possibilista. «Cercate di tergiversare, non irritate i tedeschi e trattate bene gli inglesi che stanno per arrivare» le raccomandazioni ai comandanti subordinati. Solo che gli avvenimenti presero un’altra piega.
Il primo grave episodio si verificò a Nola il 10 settembre 1943. Tre ufficiali del 48° reggimento artiglieria comandato dal colonnello Di Pasqua escono dalla caserma in piazza d’Armi. Una pattuglia tedesca della divisione “Göring” li ferma ed intima loro di consegnare le armi. Al loro rifiuto i tedeschi ripetono l’ingiunzione puntando i mitra. Si forma un assembramento di “curiosi” tra cui civili armati. Ne nasce una sparatoria e un militare tedesco cade colpito a morte e viene portato via dai sui commilitoni.
La mattina seguente il colonnello Di Pasqua decide di inviare con una bandiera bianca una delegazione composta da due ufficiali, due sottufficiali e tre soldati per parlamentare e dirimere la questione. i tedeschi sparano una raffica di mitra che uccide il tenente Odoardo (Aldo secondo altra fonte) Carrelli.
I tedeschi in un primo momento si dichiarano soddisfatti del pareggio dei caduti e chiedono del carburante. Entrano in caserma una quarantina di militari accolti dal comandante e dal corpo di guardia, contro cui spianano i mitra costringendoli a consegnare le armi. Impongono il colonnello Di Pasqua di ordinare l’adunata, per poi fucilarlo insieme ad altri 9 suoi ufficiali dinanzi alla truppa, che verrà fatta prigioniera. «Questa è la rappresaglia per il nostro camerata ucciso ieri. Così la divisione Herman Göring punisce i traditori».
Sono vittime della rappresaglia i colonnelli Michele De Pasqua e Amedeo Ruberto, il capitano Mario De Manuele, i tenenti Roberto Berninzoni, Enrico Forzati, Alberto Pesce, Gino Iacovone, Luigi Sidoli, Pietro Nizzi, Consolato Benedetto.
Sempre nei giorni 10 ed 11 formazioni spontanee di militari e civili oppongono strenua resistenza asserragliati in caserme e fortilizi, costringendo i tedeschi all’uso massiccio della forza militare. Di questi aspetti, che costituiranno la caratteristica peculiare per il resto del conflitto con sinergia ed osmosi continua tra militari e civili, con militanza partigiana sia degli uni che degli altri in territorio sotto controllo tedesco e nel transito verso Nord della linea del fronte sia degli uni che degli altri nelle formazioni regolari del cosiddetto Esercito del Sud.
Anche per questo, chi scrive ed il Presidente Anpi di Napoli Antonio Amoretti riflettevano tra loro a margine di una riunione tenutasi in Comune a Napoli lo scorso 10 luglio, che non esiste una vera linea di demarcazione e di specificità tra l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (Anpi) e l’Associazione Nazionale Combattenti della Guerra Liberazione inquadrati nei Reparti regolari delle Forze Armate (Ancfargl) proprio perché all’epoca la linea di demarcazione tra militanza partigiana ed inquadramento in reparti militari regolari era data dalla linea del fronte e quindi dal controllo del territorio da forze amiche o da forze nemiche. Persino il termine di “patriota” all’epoca non aveva enfasi politica alcuna e veniva indistintamente usato persino dalle formazioni più ideologizzate, quali i Gap, Gruppi di Azione Patriottica e non “gruppi di azione partigiana”, come si sarebbe portati a ritenere.
Le celebrazioni di questo settantesimo anniversario avrebbero potuto essere anche una occasione per il superamento di artificiosi steccati che all’epoca furono solo di scelta di campo e interessarono alla stessa maniera i civili e i militari, con civili e militari che si schierarono con il vecchio regime; al contrario con civili e militari che scelsero di battersi in armi per una nuova Italia che da parte di una notevole componente militare veniva vista nella tradizione risorgimentale, quasi si trattasse di un secondo risorgimento nazionale; infine, con civili e militari che cercarono di sottrarsi agli eventi e non venire coinvolti da essi. Quelli del “tutti a casa” che ci furono, ma non furono la maggioranza.
Particolarmente importante sarebbe stata questa ricorrenza per la componente militare, in quanto la restaurazione del dopoguerra ed il prevalere in ambito istituzionale ed ai vertici militari di allora di personaggi “nostalgici” se non, addirittura, con velleità golpiste ha portato alla cancellazione della memoria, per cui, nel contesto specifico nell’ambito delle “4 Giornate di Napoli” sono pochissimi gli episodi tramandati nel ricordo e, tra questi, con maggiore impatto nella memoria colletiva, quello dei 14 Carabinieri trucidati a Teverola, in provincia di Caserta.
Riporto testualmente dalla pagina web «Giorno 12 i tedeschi incendiano l’Ateneo saccheggiando le abitazioni attigue e, sotto gli occhi degli abitanti del rione Porto, fatti appositamente adunare, trucidano un marinaio che ha lanciato bombe a mano contro di loro, quindi attaccano la stessa Caserma della stazione Porto. I quattordici Carabinieri della stazione, incuranti della schiacciante superiorità avversaria e pur consci di non poter ricevere alcun aiuto, reagiscono con bombe a mano e mitra. I tedeschi rispondono al fuoco rabbiosamente. Lo scontro è violentissimo. I Carabinieri, infine, esaurite le munizioni sono circondati e sopraffatti. Verranno tutti fucilati il giorno seguente a Teverola. Essi sono il Brigadiere Egidio Lombardi e l’appuntato Emilio Immaturo, i Carabinieri Ciro Alvino, Antonio Carbone, Giuseppe Covino, Michele Covino, Nicola Cusatis, Domenico Dubini, Domenico Franco, Martino Giovanni Manzo, Giuseppe Pagliuca, Giuseppe Ricca, Giovanni Russo, Emiddio Scola». Insieme a loro due civili che avevano “osato” chiedere pietà.
Tra le figure di combattenti militari distintesi nei vari quartieri, sia pure non inquadrati in una azione pianificata dai loro superiori comandi, troviamo in letteratura citati il tenente colonnello Ermete Bonomi (Materdei), il capitano Carmine Musella (Avvocata), il capitano Stefano Fadda (Chiaia), il capitano Francesco Cibarelli (Duomo), il maggiore Francesco Amicarelli (Piazza Mazzini), il capitano. Mario Orbitello (Montecalvario), il maggiore Salvatore Amato (Museo), il tenente Alberto Agresti (Via Caracciolo, Posillipo.
Nelle stesse ore, presso il quartier generale tedesco al corso Vittorio Emanuele, tra l'altro ripetutamente attaccato dagli insorti, avvenne la trattativa tra il comandante tedesco della piazza di Napoli, il colonnello Walter Schöll e il tenente Enzo Stimolo per la riconsegna dei prigionieri del Campo Sportivo del Littorio.
Walter Schöll ottenne di aver libero il passaggio per uscire da Napoli in cambio del rilascio degli ostaggi che ancora erano prigionieri nel campo sportivo. Per la prima volta in Europa i tedeschi trattavano alla pari con dei combattenti irregolari, negoziando e siglando nel contingente .un accordo tra un loro ufficiale superiore ed un ufficiale inferiore italiano.
Sarebbe stata questa ricorrenza celebrativa una fantastica occasione per approfondire in maniera appropriata con un seminario di studi dedicato la partecipazione di militari, meglio di cittadini in uniforme dal momento che la catena di comando si era dissolta, in unità di intenti e di Ideali con Patrioti civili in armi. Un’occasione mancata perché purtroppo l’imborghesimento dovuto ai frutti di cui godiamo grazie anche al sacrificio di quei patrioti, militari e civili insieme, hanno portato al prevalere dell’ottica presenzialista su quella sostanziale dei Valori e della Memoria, facendo al loro posto divenire primari e pregiudiziali quisquiglie di cerimoniale, di precedenze ad esso legato, di spazi e di visibilità come sigla rappresentata, se non proprio di visibilità e di prestigio personale.
Un’occasione mancata, non perduta però. Spero di non rimanere solo nel sostenere questa iniziativa di verità e di trovare futuro sostegno in questa azione. Ricostruire questa pagina gloriosa di autentica sinergia di militari e di patrioti civili significa ridare vigore alla scelta di valori e di ideali su cui dovrebbe fondarsi la nostra Repubblica nata a seguito anche del loro impegno a volte espresso sino al supremo sacrificio.
Giorgio Prinzi