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16/11/24 ore

Torino-Milan, le responsabilità di un arbitro di calcio



Accantoniamo le interpretazioni nutrite di tifo calcistico. Quello che però è accaduto sabato sera allo stadio  Olimpico di Torino presenta aspetti che meritano un approfondimento non solo di natura sportiva.
Veniamo ai fatti.
A 3 minuti dal novantesimo minuto il Torino è in vantaggio di due reti nei confronti del Milan. Poi, in un’azione convulsa, la squadra rossonera accorcia le distanze.

 

Lancio in area, l'estremo difensore granata respinge di pugno piuttosto che realizzare una presa agevole. Nel prosieguo dell’azione il milanista Muntari tira sghembo verso la porta e la palla finisce in rete innanzi all’accorrente Balotelli in sospetta posizione di fuorigioco. I granata protestano subito, l’arbitro tentenna e sembra annullare la rete. Poi, probabilmente dopo un consulto con i suoi collaboratori, l’arbitro Massa concede il gol tra le vibrate proteste dei giocatori di casa:  Torino 2 Milan 1.

 

Materia da moviola e discussioni accese come spesso accade in molti campi di calcio ma questo, al limite, può far parte “del gioco”. 
Ma  meno scontato è quello che accade subito dopo e culmina nell’ultimo dei 4 minuti di recupero concessi. Un attaccante granata, l’argentino Larrondo, peraltro entrato da poco,  si infortuna seriamente e rimane per terra in campo gridando con disperazione per il dolore.

 

Tutti capiscono subito la gravità della situazione – il giocatore infatti, si constaterà' poi, riporta una frattura al piede – e la panchina granata chiama il cambio con il quarto uomo con lavagna luminosa pronta.  Per fortuna la palla va fuori campo ma l’arbitro  –– invece di ordinare il fermo del gioco, consentire i soccorsi e favorire la sostituzione con già a bordo campo la riserva pronta ad entrare in campo (lo svedese Farnerud) - come previsto dalla regola 5/53 dal regolamento del gioco del calcio - questa volta non consulta nessuno dei collaboratori e fa incredibilmente proseguire il gioco; nonostante sul prato vi fosse il giocatore granata dolorante che gridava da terra, a squarciagola “mi sono rotto, mi sono rotto..”.

 

Che poi nel prosieguo dell'azione si concretizzi un rigore - che fosse netto o dubbio ha poca importanza - e il Milan giunga all'insperato pareggio non è il punto essenziale di questo ragionamento, anche se ha delle conseguenze sul risultato finale: 2-2.
Ma è l'omissione di soccorso il fatto grave.
Così infatti si chiamerebbe, con codice penale alla mano, durante una lezione accademica all’università. È stato infatti impedito il ricorso ad aiuti medici nei confronti di un soggetto che, dopo uno scontro di gioco, era disteso sul terreno ed urlava dolorante per la grave lesione riportata.

 

L’arbitro non ferma il gioco, non consente le cure del caso e, quando la palla esce dal rettangolo, non autorizza la sostituzione già pronta.

 

Ecco, il punto è proprio questo.
Al di là dell'aspetto agonistico, come non può non sorprendere l'atteggiamento di un arbitro di calcio che, nonostante le condizioni descritte, non ha inteso sospendere momentaneamente il gioco, verificare le condizioni del calciatore (disteso sul terreno con una frattura) e valutare che non vi fossero rischi per il giovane che da qualche minuto continuava disperatamente a chiedere soccorso. Stupefacentemente pare abbia poi detto “…non sono mica un medico …! Appunto si potrebbe aggiungere…

 

La parte calcistica diventa evidentemente quasi secondaria, anche se, ovviamente, lo svolgimento della gara poteva assumere tutt'altro andamento.
L'arbitro è l'autorità fondamentale in una partita di calcio e se trascura i pericoli che possono ripercuotersi su un infortunato, nonostante le molteplici segnalazioni, non è solo un inadeguato interprete delle corrette applicazioni delle regole calcistiche, ma forse un soggetto a cui non dovrebbe essere più affidato il compito di dirigere su un rettangolo di gioco se non si dimostra in grado di prestare la massima attenzione al regolamento soprattutto con riferimento alla sicurezza ed all’incolumità degli atleti. Dalla serie A alle categorie dilettantistiche, dal primo minuto all’ultimo istante del recupero. (red.)

 

 


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