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27/12/24 ore

La Chirurgia “preventiva” e il caso di Angelina Jolie



Siamo venuti a conoscenza della notizia a “fatto avvenuto” e quando “tutto era a posto”. Angelina Jolie ha comunicato alla stampa di aver effettuato un intervento di mastectomia ad entrambe le mammelle, in via preventiva, per scongiurare il cancro.

 

È la prima volta che in Italia si sente di un’operazione chirurgica effettuata a scopo “preventivo”. La notizia così clamorosa è stata amplificata dai media  sia per l’eccezionalità dell’evento sia perché l’illustre portatrice è una bellissima e famosa attrice. L’impatto sull’immaginario collettivo è forte e genera emulazione. L’attrice stessa ha dichiarato di aver  deciso di rendere pubblica la sua storia per indurre altre donne a seguire il suo esempio. Già, ma occorre riflettere su alcune cose.

 

Chi può sottoporsi ad un’operazione simile? Come non prendere in considerazione le controindicazioni e le complicanze? Come non riflettere sul fatto che resta un 5% di possibilità di ammalarsi di tumore? Come non considerare gli importanti risvolti psicologici di una operazione così delicata per la sfera femminile e per la reintegrazione dell’immagine di se stessi? Cosa garantisce che il tumore non si possa sviluppare in qualsiasi altra parte del corpo? Come non chiedersi quali risvolti psicologici può portare il trauma di una chirurgia così invasiva?

 

Quel che colpisce è l’attitudine a ritenere il corpo una macchina da asservire ai propri desideri  sia che si tratti di chirurgia estetica che di chirurgia preventiva  non fa differenza, l’atteggiamento non cambia: qualcosa non va bene nel corpo e quindi va cambiato! E lo si fa nella maniera più drastica ed invasiva “eliminando” la parte “brutta”, o perché non ti fa adeguare ai canoni di bellezza condivisi dai più o perché c’è il pericolo di “essere uccisi da malattie omicide”.

 

La chirurgia estetica, in aiuto della chirurgia anche “preventiva”, porta le cose come erano prima, anzi “come se nulla fosse avvenuto”, nell’illusione coltivata che l’apparenza è quella che conta: niente cicatrici, niente segni dell’avvenuta operazione, niente che ti faccia ricordare, ”come se niente fosse successo”! La stessa attrice ha detto: “i miei figli vedranno solo  due piccoli puntini”.

 

Mi  viene in mente il bello e dissacrante film “La morte ti fa bella” del 1992 diretto da Robert Zemeckis dove due strepitose attrici, vincitrici di premi oscar, Meryl Streep e Goldie Hawn, sono due amiche ossessionate dalla paura di invecchiare. Per contrastare la normale decadenza del fisico bevono un elisir che dona l’eterna giovinezza  all’anima e al corpo.

 

Le esilaranti ed amare conseguenze di questo atto si susseguono nel film attraverso una trama grottesca dove in caso di morte l’anima continuerà ad albergare nel corpo non potendo impedire il disfacimento di quest’ultimo che seguirà il normale processo di decomposizione. Il corpo, dotato di vita propria e di proprie regole, si ribella alla mente che lo vuole asservire! Le due donne saranno costrette a ricomporne i pezzi e a continuare per l’eternità.

 

Cosa c’entra tutto ciò con la prevenzione dei tumori? Certo non si tratta di negare la paura di soffrire e di ammalarsi ed il giusto ed umano anelito di ognuno di noi  a rimanere sani  il più a lungo possibile. Ma sappiamo cosa può significare tutto ciò? Il patologico accanimento terapeutico, la patologica adesione ad un sogno di un corpo sempre bello e sano? L’attitudine a diventare consumatori di cure sanitarie? L’adesione alla visione che vede l’assistenza sanitaria l’unica vera religione mondiale obbligata? Siamo consapevoli  che malattia, vecchiaia e morte sono i pilastri della condizione umana? Eventi naturali?

 

Certo negli Stati Uniti la consulenza e la somministrazione di test per determinare il rischio di trasmettere o di sviluppare malattie genetiche è una pratica di routine, certo  costosa ma di routine, diversamente da quanto avviene in altri paesi dove viene accreditata come una procedura innovativa proposta da strutture private.  In Italia  abbiamo il “Giuramento di Ippocrate” e la prassi consolidata che la Chirurgia subentra quando la Medicina fallisce.

 

Abbiamo la Medicina Preventiva che è un caposaldo della Pratica  Medica che affronta i temi dello stile di vita, dell’alimentazione, dell’inquinamento mentale ed emotivo, dell’inquinamento fisico e ambientale. Nel campo della cultura occidentale c’è la Psicologia, la Medicina Psicosomatica, Olistica ed Integrata che vengono in aiuto con le loro teorie, con i loro canoni e con le loro procedure al “mal di vivere” proprio dell’essere umano. Come non ricordare poi che per l’insorgenza delle malattie, in particolar modo i tumori, è noto che coesistono sia fattori ereditari  sia fattori  ambientali e quello che può andar bene per una persona non può essere automaticamente trasferibile ad altri?

 

In tutto questo l’individuo dove sta quando la malattia accade?  Dove sta la sua dignità, l’integrità, il rispetto? La sua prerogativa di recuperare il dialogo con se stesso di fronte ad eventi come la malattia, la scelta delle cure, le scelte di fine vita, la morte?

       

Sì, il vero tabù è la malattia, la vecchiaia, la morte, disdicevole, poco gradevole, impronunciabile, bisogna bandirle dallo scenario umano!

 

Quanto siamo lontani dalla coscienza interiore di se stessi (oikeiosis)  dello stoicismo greco di Zenone di Cizio. Secondo la medicina orientale, poi, la malattia indica uno ostacolo alla realizzazione del Cammino della Vita e la Coscienza esprime ciò che ne impedisce il compimento attraverso squilibri energetici che generano il disturbo della salute. Il corpo ci parla, ma dobbiamo ancora imparare a comprenderlo. Tutte le malattie indicano che al nostro interno vi sono delle tensioni profonde che cercano di esprimersi. Occorre dare loro ascolto.

 

I film di fantascienza ci vengono in aiuto a delineare gli scenari di slittamento delle pratiche di “medicina rigenerativa”. Basta rivedere “Il sesto giorno”, film del 2000 di Roger Spottiswoode con Arnold Schwarzenegger, che narra di un vicino futuro dove qualsiasi essere vivente può essere clonato e di come nascono così i ”Servizi di clonazione a pagamento” come la Re-Pet a cui portare i propri animali morti per riportarli in vita.

 

Bella la parte dove il protagonista clona il cane della sua bambina per non crearle il trauma della perdita del  caro animale. Un altro film molto interessante da questo punto di vista è “The Island” del 2005 di Michael Bay. Il tema principale è la condanna della clonazione umana a scopo di trapianto. Si narra la vita quotidiana di una futuribile società i cui membri sono frutto inconsapevole di clonazione umana da esseri originali umani.

 

Essi non sanno che vivono in verità in uno stabilimento il cui proprietario stipula una speciale assicurazione con persone di grande disponibilità di denaro, alle quali si assicura un prolungamento della vita quando si ammaleranno. I cloni offrono organi compatibili. Essi vengono uccisi per recuperare i “pezzi di ricambio”. Si continua raccontando la ribellione e la loro lotta di liberazione...

 

Oggi esistono scienziati, e questo non è fantascienza, che suggeriscono che la clonazione umana possa alleviare il processo della senescenza.  I difensori della clonazione terapeutica umana credono che la pratica in questione potrebbe fornire cellule per clonare tessuti ed interi organi. Esistono studi, ancora agli inizi, di clonazione di “rimpiazzamento" per clonare tessuti ed organi, e di clonazione di “persistenza” avente lo scopo di rimediare all’invecchiamento. Ma qui entriamo in un altro campo quello della ricerca scientifica e delle sue scelte etiche.

   

La buona notizia è che siamo ancora molto lontani da simili scenari!!

 

Restiamo in attesa di leggere notizie sul personale processo di attribuzione di senso alla sua vicenda che farà la famosa attrice.

 

Claudia Del Vento

 

 


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