di Mattia Feltri
(da La Stampa Rubrica Buongiorno)
Tutti i giorni, dai tempi di Omero, salta su qualcuno a dire che l'arte deve dare li buon esempio, e lo dice con l'aria di chi ha avuto una pensata portentosa.
L'ultimo è stato li procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, a proposito del ragazzo che con la mano ha mimato una pistola puntata su Giorgia Meloni. Colpa del rap e delle serie tv piene di armi e sparatorie, ha detto Gratteri, e se “… in un film di un’ora non ci sono cinque minuti dove un insegnante, un poliziotto, un carabiniere, un finanziere, un prete, un magistrato allora quella non è arte”.
Può darsi che le serie a cui fa cenno non siano arte, ma non certo perché non sono pedagogiche. Gil uomini di Cro-Magnon disegnavano scene di caccia sule pareti delle grotte per raccontare lavita, e da allora, per millenni, l'arte ha raccontato la vita.
La missione pedagogica o etica dell'arte appartiene soltanto ai regimi totalitari, e da Aristotele a Benedetto Croce il concetto è stato spiegato con mille sfumature attorno un cuore: l'arte non punta a ciò che è giusto ma a ciò che è vivo. L'arte è il tentativo di cogliere l’attimo, di afferrare li significato intimo, di illuminare in un istante le propaggini della verità.
E più sono attimi, significati e propaggini disturbanti, più l'arte sale al cielo. Non e mai casta, diceva Picasso, e se è casta non è arte. Nello stesso momento in cui Gratteri intima agli artisti di pensare alle conseguenze delle loro opere, Gratteri abolisce l'arte, ovviamente a sua insaputa.
A quel punto non è più arte, è catechismo. E per fortuna, almeno fuori dalle aule di tribunale, li giudizio di Gratteri conta niente.
(da La Stampa Rubrica Buongiorno)