di Rosa Filippini e Francesco Capone
(da Astrolabio/Amici della terra)
Uno studio epidemiologico dell’Agenzia di Tutela della Salute (ATS) milanese dimostra una volta in più che i termovalorizzatori sono gli impianti industriali più sorvegliati per gli aspetti di sicurezza sanitaria e di inquinamento ambientale. Ma Legambiente cerca di manipolarne i risultati per opporsi alla realizzazione dell’impianto romano creando allarme fra la popolazione.
Entrando a Milano, vicino San Siro, tra svincoli autostradali e strade a grande percorrenza si scorge una montagnola, una collinetta dove i milanesi vanno a passeggiare, a fare footing o un pic-nic. Ebbene quella collina, chiamata Monte Stella, nacque come discarica di rifiuti inerti. Nel 1995, in piena emergenza rifiuti, diventò uno dei luoghi dove, abusivamente si cumulavano sacchi d’immondizia indifferenziata. All’epoca, la raccolta differenziata era un sogno per Milano, la città produceva 28.000 tonnellate di rifiuti indifferenziati che venivano stoccati nei posti più impensabili appestando anche l’aria dell’Ospedale San Raffaele.
Ci vollero la determinazione del Sindaco Formentini, che avviò la costruzione del termovalorizzatore Silla, l’aiuto dell’Emilia-Romagna e l’apertura di una contestatissima discarica per il periodo di transizione per stabilizzare il ciclo dei rifiuti di Milano e uscire dall’emergenza. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. Milano, da quando ha potuto contare sul suo termovalorizzatore, è arrivata al 70% di differenziata, ha eliminato i cassonetti stradali, fa il porta a porta in tutta la città e riscalda le case di Pero e della periferia ovest di Milano con il calore del termovalorizzatore. Fra le altre cose, il Monte Stella è stato trasformato in una attrazione turistico-sportiva e della sua origine si è perso anche il ricordo.
Sembra incredibile che questa storia venga riletta in chiave negativa, a più di 35 anni di distanza, al solo scopo di contestare – si badi bene- non la scelta della città di Milano di mantenere in funzione il proprio termovalorizzatore, scelta confermata e implementata in questi anni da giunte di ogni colore ma la scelta della città di Roma di realizzarne finalmente uno, con un ritardo che si è rivelato fortemente punitivo per i cittadini romani e per il decoro della capitale.
Lo strabismo di Legambiente
A farsi interprete di questa singolare contestazione alla scelta del Sindaco Gualtieri è Legambiente che, insieme alla CGIL, ai verdi e ad altri oppositori del termovalorizzatore romano, si sono ben guardati, a suo tempo e ancora adesso, dall’alzare barricate a Milano e nelle altre città del Nord, che la stessa scelta l’hanno fatta per tempo in modo strutturale.
Così, alla disperata ricerca di nuove notizie allarmistiche per alimentare le residue contrarietà dei cittadini romani, il circolo dell’agro romano meridionale di Legambiente ha pubblicato un post su Facebook nel quale interpreta a suo modo i risultati di uno studio epidemiologico sulla popolazione residente nell’area intorno all’inceneritore Silla 2, a Milano, per chiedere polemicamente chi pagherà per i danni alla salute della popolazione residente… nei quartieri romani dove sorgerà il futuro termovalorizzatore.
Ora, la trasposizione dei risultati di un’indagine epidemiologica su un territorio diverso è di per sé un’operazione priva di senso. Ma in questo caso, la cosa più singolare è che Legambiente voglia chiedere conto di futuri ipotetici danni provocati a Roma da un impianto che ancora non esiste mentre non risulta abbia rivolto la stessa richiesta al sindaco Sala per i presunti danni che il termovalorizzatore Silla 2, funzionante da oltre 30 anni, avrebbe già provocato a Milano. Né vale - per giustificare questa stravagante posizione- osservare che si tratterebbe di singoli circoli locali di Legambiente, perché a Roma, nell’opposizione al termovalorizzatore, si è impegnato tutto il gruppo dirigente nazionale, che, si suppone, eserciti una certa vigilanza sulla vicenda.
Allo scopo di creare allarme
Anche se si tratta solo di un post, esso ha effetti notevoli sul dibattito romano, sia perché, com’è ovvio, il suo contenuto è stato replicato dai comitati locali contrari ma, soprattutto, perché con un’opera di taglio e cucito del testo e di parole chiave evidenziate, allo Studio milanese si è fatto dire il contrario di ciò che effettivamente è contenuto nelle sue conclusioni, con l’evidente intento di creare allarme.
Infatti, i toni della denuncia lanciata sui social sono molto forti. Gli attivisti di Legambiente si chiedono se gli amministratori della Capitale e del suo IX Municipio conoscano lo Studio e ammoniscono: “State valutando gli effetti sui bambini e i giovani?” e addirittura: “Siete disposti a sacrificare 4 persone all’anno (dati ufficiali) a causa di tale scelta?” per terminare con l’asserzione: “Vi lasciamo il link dello Studio, la salute non ammette ignoranza”.
Cosa dice davvero lo Studio milanese
Vale dunque la pena di esaminarlo questo studio. La “Valutazione dello stato di salute della popolazione residente nell’area intorno all’inceneritore Silla 2” è stata realizzata dall’ATS Milano-Città Metropolitana su richiesta dei comuni di Milano, Rho, Pero, Settimo Milanese e Cornaredo, e presentata in un incontro pubblico a Rho nel maggio 2019. Qui si può leggere il suo testo integrale.
Le conclusioni dello studio sono composte da tre pagine. Due di queste sono dedicate alla “deprivazione”, cioè alle cause sociali, ambientali (nel senso della salubrità degli immobili di residenza e dei luoghi di lavoro), di alimentazione e di abitudini di vita delle persone che vivono nell’area esaminata e che possono inficiare la loro salute determinando:
In relazione al termovalorizzatore, Lo Studio conclude testualmente: “…Occorre ribadire che gli eccessi di rischio non sono associabili con un nesso di casualità con le ricadute dell’inceneritore, considerando anche il limitato apporto dell’inceneritore alla esposizione cumulativa dell’area in studio (poco più dell’1% per gli ossidi di azoto) …”. Gli ossidi di azoto (Nox), spiega lo stesso testo, sono considerati dalla letteratura internazionale la migliore misura per stimare l’inquinamento.
Nelle premesse, infatti, lo studio rileva che nell’area insistono 22 stabilimenti identificati come a rischio di incidente rilevante (RIR; D.Lgs. 105/15), 6 depuratori e 67 impianti sottoposti ad Autorizzazione Integrata Ambientale e precisa che, non per tutti, sono contemplate le emissioni. Lo Studio documenta inoltre le percentuali di inquinanti attribuite a ciascuna fonte e cioè: “il 9% delle emissioni di NOx sono attribuibili alla combustione nell’industria, l’1.2% al trattamento e smaltimento rifiuti mentre il 70% è attribuibile al trasporto su strada (Tabella 2, dati ARPA Lombardia). Per il PTS (polveri totali sospese): la combustione nell’industria è responsabile del 7% delle emissioni totali, il trattamento e smaltimento rifiuti è responsabile dello 0.3% mentre il 44% è attribuibile al trasporto su strada.”.
Una dimostrazione in più che il termovalorizzatore è sicuro e conveniente
Tutto il contrario, dunque, di quel che il post del circolo di Legambiente cerca di far credere con l’estrapolazione di frasi ad effetto, secondo una tecnica furba di manipolazione dell’informazione attraverso i social. Un tentativo di creare allarme per poter amplificare l’opposizione, bloccare il progetto romano sul nascere e imporre il proprio pensiero ad ogni costo, anche se zoppicante e strabico visto che, nella civilissima Milano, non ci si azzarda a comportamenti simili.
D’altronde, lo Studio dell’ATS dell’area metropolitana milanese non è il primo né l’ultimo a esaminare l’inquinamento e lo stato di salute dei residenti presso impianti termovalorizzatori. Basti citare lo studio modellistico sulle emissioni del termovalorizzatore di Acerra, realizzato dal CNR di Napoli, che ha rilevato che l’area più prossima all’impianto presenta una concentrazione d’inquinanti assolutamente trascurabile in confronto alle aree prospicenti il sistema viario e ad altri impianti industriali. Ad analoghe conclusioni è giunta una ricerca del LEAP di Piacenza e dell’Università di Milano studiando l’area del termovalorizzatore di Brescia. Di recente si è aggiunta una analisi accurata dell’area esposta al termovalorizzatore di Bolzano.
Tutti questi studi, insieme a quello voluto dall’area metropolitana milanese dimostrano una volta in più che i termovalorizzatori restano gli impianti industriali più sorvegliati in assoluto, da ogni punto di vista - sanitario, ambientale, come uso razionale delle risorse - e che per ognuno di questi aspetti continuano a dare eccellenti risultati.
(da Astrolabio/Amici della terra)