di Rino Mele
(da cronachesalerno)
Molte volte ho scritto che sulle schede elettorali manca, drammaticamente, una necessaria indicazione, il segno del disaccordo, che permetta di votare il proprio rifiutarsi di votare: perché nessuna delle liste lo convince (liste spesso ispirate a logiche perverse, di appartenenza agli interessi del leader, o a tentativi di sistemazioni familistiche) o perché non si riconosce nel profilo morale di nessun candidato, e poter esprimere, dire, gridare il proprio "No" come atto responsabile, senza ricorrere all'insignificante scheda bianca.
Ne ho parlato, ad esempio, il 23 giugno 2017 su “la Città”, nella mia rubrica L'erte vie. “Sulla scheda si preveda il voto al dissenso” era il titolo. Scrivevo: “Dovrebbe esserci sulla scheda un riquadro, un piccolo spazio, dove apporre con la matita una piccola croce per poter dire: Sono un buon cittadino, e rispetto le leggi, ma non sono d'accordo su troppe cose gravi che accadono intorno a me e perciò voto, con un "No", il mio dissenso.
Oppure: "Trovo assurda l'oscenità dei listini bloccati”, o ancora: "I programmi dei partiti sono retorici e'inconcludenti e non ritengo di votare nessuno di loro”. Ma, a quel cittadino, noi impediamo di dire tutto questo, o qualcosa di simile, e lo allontaniamo cancellandolo nella sua nebbia. Così, finiamo col costringerlo, impedito a votare il suo dissenso, a non presentarsi al seggio o, presentandosi, a scarabocchiare la scheda per paura di lasciarla bianca (sapendo quante volte, quelle bianche, sono state truffaldinamente riutilizzate)”.
Questa mia ripetuta proposta di formalizzare il dissenso, il non-voto, ha un aspetto tragico, evidenzia l'ingiuria cui è sottoposto l'elettore che, nella sostanza delle cose, è costretto a votare, o rifugiarsi in uno stato cronico d'instabilità, di disperante rivolta o apatica rassegnazione.
Sentiamo tutti il dolore di astenerci dal voto: ma con quale dignità possiamo votare quando, coi vari listini bloccati (di cui tutti i partiti con improntitudine si preparano a godere), una folla di candidati è sottratta al giudizio popolare? Votando, in queste condizioni, il nostro voto diventa complicità all'immorale sistema che ha permesso ancora una volta di presentare, già eletti, candidati privilegiati.
Così, paradossalmente, non votare (registrando il' proprio "No") potrebbe finalmente significare un gesto di riscatto, rispetto alle innumerevoli debolezze, anche nostre, le sciocche benevolenze verso indegni parenti o amici, e, a volte perfino interessate meschine complicità sperando nell'iniqua benevolenza del potente.
Ma, e so di ripeterlo, fino a quando il nostro non-voto non potrà essere registrato sulla scheda elettorale, ognuno continuerà, con accresciuta disinvoltura, a votare la sorella dell'amico, l'amico della parente, lo sconosciuto disorientato incontrato al bar, cui affidare le sorti della collettività.
Mi piace terminare con il capitolo terzo di "Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie" di Lewis Carroll, del 1865, dove Alice fa una domanda che ci interessa molto: "Che cos'è una gara elettorale? chiese Alice; non che le importasse granché saperlo ma il Dodo (un animale estinto nel XVII secolo) si era fermato come se pensasse che qualcuno avrebbe dovuto parlare e pareva che nessun altro avesse voglia di farlo. Ecco, disse il Dodo, la cosa migliore per spiegarlo è farla”.
(da le Cronache Salerno)
(quadro di Franco Longo - Il Rovescio dello spazio)