di Ernesto Galli della Loggia
(da corriere.it)
Non è per nulla convincente la difesa che su Repubblica di ieri Roberto Saviano ha fatto del rifiuto opposto da alcune Ong — in particolare da Médecins sans frontières — di accettare la presenza di agenti armati dello Stato italiano sulle loro navi nel Mediterraneo. A principale sostegno del proprio punto di vista Saviano invoca l’assoluta neutralità che le Ong dedite all’aiuto umanitario non possono non avere. Neutralità che invece sarebbe comunque violata dalla presenza nei luoghi di loro competenza, come appunto le navi in questione, di armi e di armati a qualunque titolo questa sia. Un carattere di assoluta neutralità necessario alla stessa sicurezza delle Ong, permettendo loro di godere della necessaria fiducia di tutte le parti in campo. Segue, a coronamento del discorso, la celebrazione compiaciutamente vittimistica («Facciamoci forza, io ne sono consapevole») di se stesso e di coloro che ne condividono il punto di vista, i quali sarebbero condannati alla solitudine e ad essere «bersagliati dalle più basse menzogne» ad opera della canea sovranista-razzista, comprendente per l’occasione anche l’ormai immancabile Renzi. Canea Come sempre vogliosa di capri espiatori e ormai sul punto, niente meno, di codificare il «reato umanitario» .
La critica all’argomento di Saviano può cominciare proprio da qui, dal modo un po’ troppo generico e disinvolto con cui egli e parecchi altri con lui adoperano il termine «umanitario», avallando tra l’altro con il suo uso l’insieme di immagini e di emozioni che tale uso ha ormai costruito nell’immaginario collettivo. È un uso ricalcato sulla situazione tipo che da anni vede in azione le Ong, e che in genere è costituita dai seguenti elementi: a) un teatro geografico extraeuropeo dove si registra b) una catastrofe diciamo così naturale — carestia, epidemia, ecc. — o, assai più di frequente, c) un conflitto armato, spessissimo con carattere di guerra civile, tra parti di cui almeno una sfornita dei tradizionali connotati della statualità (vedi Afghanistan, Siria, alcuni Paesi dell’Africa centro-occidentale). È qui per l’appunto che le Ong «umanitarie» , facendo onore al proprio nome, si preoccupano di alleviare le sofferenze dei civili, vittime predestinate e perlopiù innumerevoli, di questo genere di conflitti. E, come si capisce, è qui specialmente che sulla falsariga della Croce Rossa il carattere totalmente disarmato e assolutamente neutrale della loro presenza e della loro azione diviene una condizione necessaria e irrinunciabile. Qui la terzietà è davvero cruciale per l’umanitarismo.
Bene: ma che cosa hanno a che fare le situazioni sopra descritte con quello che accade oggi nel Mediterraneo? Sarebbe interessante che Saviano lo spiegasse. Per cominciare, nel Mediterraneo non c’è nessuna guerra. C’è una situazione di rischio grave e diffuso per migliaia di persone che si avventurano sulle sue acque a bordo di imbarcazioni destinate spesso al naufragio. Ma non c’è solo questo: c’è il sospetto — diciamo pure la certezza: Saviano non si finga l’ingenuo che non è — che quelle persone, seppure hanno quasi sicuramente iniziato il viaggio verso l’Europa di loro volontà (per molte donne e bambini non è così sicuro), da quel momento sono però diventate la materia prima umana di un traffico lucrosissimo gestito da potenti organizzazioni politico-criminali (i cosiddetti «scafisti»). I cui uomini, al preciso scopo di «coprirsi» dileguandosi al momento opportuno mandano allo sbaraglio le loro prede infischiandosene del loro quasi sempre più che probabile naufragio.
Ora, come si sa, capita che nel loro traffico le suddette organizzazioni criminali si trovino di fronte non già milizie più o meno regolari impegnate contro di esse in una guerra più o meno regolare, non i talebani afghani, gli sgherri di Assad e neppure i truci Corpi Speciali Usa. No, si trovano di fronte lo Stato italiano, uno tra i più pacifici che esistano, nel quale bene o male a garantire il rispetto delle regole e dei diritti ci sono magistrati, partiti, giornali, un parlamento democratico che tra l’altro ha democraticamente deciso che esista il reato di immigrazione clandestina e di favoreggiamento della medesima. E naturalmente si trovano di fronte oltre che la nostra Marina, che da anni si sforza di trarre in salvo quanti più naufraghi può, le Forze italiane di polizia (le stesse, tra parentesi, che da anni assicurano l’incolumità di Saviano contro le minacce della camorra).
Stando così le cose (o dica altrimenti Saviano come secondo lui stanno) in che senso le Ong immaginano la loro come una posizione di terzietà e quindi di necessaria neutralità obbligatoriamente disarmata? Le Ong sono e vogliono essere neutrali tra la legge e l’illegalità? Tra le organizzazioni criminali nordafricane e le forze italiane di polizia incaricate di contrastare il crimine? È questo tipo di neutralità che esse e Saviano intendono difendere per adempiere la propria vocazione «umanitaria»? E non si venga a dire che così il problema è mal posto perché solo se ci si comporta come si comportava la Iuventa (e come probabilmente si sono fin qui comportate alcune altre imbarcazioni delle Ong) solo a questo modo si salvano i naufraghi in pericolo di vita. L’azione ammirevole della nostra Marina militare e della Guardia costiera, il monitoraggio incessante e capillare del Mediterraneo attuato dagli apparati di controllo italiani, dimostrano il contrario: che si sono potute strappare alla morte decine e decine di migliaia di vite e altre se ne possono certamente salvare anche senza intrattenere i rapporti più ambigui con i trafficanti di carne umana.
(da Il Corriere)