di Emma Bonino*
Il «ghiaccio si scioglie piano»: così, facendo uno sforzo di ottimismo, il mediatore dell'Onu Lakhdar Brahhni ha commentato l'andamento dei colloqui di pace di Ginevra tra il regime e l'opposizione siriana. La crisi siriana è ormai entrata nel terzo anno e ha provocato conseguenze devastanti per 9 milioni di civili innocenti. Circa 130 mila persone sono già morte; 2,3 milioni sono i siriani fuggiti nei Paesi confinanti e 6,8 milioni gli sfollati interni.
E' la più grave crisi umanitaria dei nostri tempi, la più complessa e costosa: le Nazioni Unite hanno chiesto risorse per altri 6,5 miliardi di dollari. L'Italia e l'Unione Europea il primo donatore - sono in prima fila nell'immane sforzo di risposta alle pressanti esigenze umanitarie. Ma le risorse servono a poco se l'aiuto non può raggiungere tutte le comunità.
In Siria ci sono al momento centinaia di migliaia di civili stretti in un assedio mortale senza beni di prima necessità; le immagini clandestine che ci arrivano sono raccapriccianti. Come alleviare una situazione così drammatica? Solo attraverso il cessate il fuoco e l'accesso immediato di aiuti umanitari nelle zone isolate da tempo, a partire da Homs ma anche Nabul e Zahraa, vicino ad Aleppo, e il campo profughi palestinese di Yarmouk dove 18 mila persone sono allo stremo. L'Italia vuole essere pronta non appena si apre uno spiraglio politico.
Domani ospiteremo a Roma, una riunione convocata dall'Onu sull'accesso umanitario per definire alcune misure che possano mettere fine alle attuali gravissime e intollerabili violazioni del Diritto umanitario internazionale. Mi rivolgerò insieme a Valerie Amos, Sottosegretario alle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari e Kristalina Georgieva, Commissario europeo per gli aiuti umanitari, ai rappresentanti dei Paesi della regione in grado di svolgere un'opera di persuasione su tutte le parti in conflitto - che si sono assunte una responsabilità morale enorme rimanendo finora sorde a qualsiasi appello affinché si possa immediatamente mettere fine alla mattanza di civili innocenti, soprattutto donne, anziani e bambini, e procedere a una demilitarizzazione di scuole e ospedali.
Questo sforzo è dettato non solo da un imprescindibile imperativo morale ma anche dalla consapevolezza che è pure un contributo alla sicurezza loro e nostra. La situazione attuale rappresenta un vero rischio: tra i milioni di persone che si spostano possono celarsi terroristi e trafficanti.
Non mi nascondo le straordinarie difficoltà nel negoziato partito a Ginevra, in particolare la nascita di un governo transitorio traghetti il Paese attraverso un periodo di consolidamento della pace verso elezioni democratiche. La complessità e durezza dello scontro nel mondo musulmano è evidente e ci vorrà tempo perché maturi una soluzione politica.
A maggior ragione nell'immediato dobbiamo ottenere risultati tangibili per la popolazione siriana. Cruciali sono le pressioni sulle parti che i maggiori attori internazionali possono esercitare sul regime e sul variegato campo delle opposizioni. Iran, Arabia, Usa, Russia, Turchia, gli europei: tutti devono muoversi secondo un obiettivo immediato, vale a dire la fine delle ostilità nella consapevolezza che lo status quo è foriero di un incendio della regione ancora più ampio.
Libano e Giordania sono già sottoposti a tensioni insopportabili provocate dai bombardamenti che hanno sconvolto il Paese dei Cedri e dagli sconvolgimenti sociali ed economici che accompagnano la presenza di centinaia di migliaia di profughi. È già passato troppo tempo, non consegniamo la tragedia siriana all'oblio generale.
* Lettera del Ministro degli Esteri a La Stampa del 2 febbraio 2014