Una “prospettiva luminosa” per Silvio Berlusconi esisterebbe pure, ma rimane soltanto una manciata di giorni per coglierla. Il leader del Pdl, con una sentenza di condanna per evasione fiscale appena confermata dalla Cassazione e con il voto sulla decadenza da senatore letteralmente all’ordine del giorno (o quasi) in Parlamento, potrebbe trovare buoni motivi per non rabbuiarsi e perfino per puntellare il governo di larghe intese. A patto di prestare ascolto a Marco Pannella
Che non ha certo smesso i panni del leader radicale per improvvisarsi consigliere, tutt’altro. Da cinque giorni ha infatti ripreso lo sciopero della fame – cioè tre cappuccini o tre spremute d’arancia al giorno, questo è consentito dall’aggiornamento radicale della nonviolenza gandhiana – e dalla mezzanotte di ieri ha smesso anche di bere: “Dopo 30 anni di flagranza criminale, lo stato italiano deve uscirne. L’amnistia è lo strumento”, dice Pannella al Foglio. E in questa sua lunga e spesso solitaria battaglia per una “giustizia giusta”, c’è tempo e modo, oltre che “l’opportunità” (avrebbe detto nel diciannovesimo secolo il Léon Gambetta tanto caro allo stesso Pannella), per coinvolgere Berlusconi e fornirgli una “exit strategy” dallo stallo in cui si trova, in compagnia di tutta la politica italiana.
“A Berlusconi, così come al paese, non occorre una via di fuga. Occorre una prospettiva”, dice il leader radicale. “Quella prospettiva c’è ed è costituita dai nostri dodici referendum, sei sulla giustizia e sei sui diritti civili. In molti ci hanno preannunciato il loro sostegno su alcuni quesiti, dal Pdl ai socialisti, inclusa la Cgil, ma la raccolta delle firme procede con moltissime difficoltà e dobbiamo arrivare entro settembre a oltre 500 mila.
Ecco, per ridare slancio alla raccolta e non limitarsi a un sostegno burocratico, occorrerebbe che Berlusconi ne firmasse alcuni pubblicamente, recandosi a uno dei nostri tavoli, e poi ripetesse il gesto per gli altri quesiti, questa volta in un ufficio comunale”. Separazione delle carriere per i magistrati, introduzione della responsabilità civile per gli stessi e rientro nelle loro funzioni per quelli fuori ruolo, fine degli abusi della custodia cautelare in carcere e abolizione dell’ergastolo, ecco i quesiti sulla giustizia.
“Sono riforme che a parole Berlusconi e il centrodestra hanno sostenuto per anni, al punto di far fallire nostri precedenti referendum perché tanto si sarebbero incaricati loro di occuparsene in Parlamento. Se Berlusconi non muove un dito, sarà nuovamente lui ad affossare questo cambiamento”. In caso di impegno, invece, l’acqua non arriverebbe soltanto al mulino radicale o alla causa della giustizia giusta: “Se si spendesse per la raccolta di firme, Berlusconi potrebbe dire: ‘Io ho dieci milioni di voti, ma nella struttura di regime attuale – dove ‘regime’ è inteso in senso scientifico, a indicare l’attuale assetto di partiti e magistratura – mi trovo nella condizione in cui mi trovo’”. Cioè nell’angolo, agli arresti domiciliari o ai servizi sociali che sia, e a rischio di espulsione dalla normale vita politica.
“E potrebbe aggiungere: ‘Ora quindi mi impegno perché agli italiani sia garantito il diritto di pronunciarsi su tutti e dodici i referendum radicali, non soltanto su quelli della giustizia’. All’improvviso, a patto di infondere speranza invece che paura anche nella cerchia più stretta dei suoi collaboratori, si troverebbe nuovamente al centro di una battaglia contro tutta la partitocrazia. La sua mossa coinvolgerebbe l’opinione pubblica in un dibattito fortissimo, sulla tv e sulla rete, un dibattito incentrato però sulle possibilità future. E’ o no una prospettiva luminosa?”.
Per ora, nei media, è più forte la voce di quanti vorrebbero chiudere definitivamente una “guerra civile” ventennale tra berlusconiani e antiberlusconiani, sbarazzandosi del leader politico e riducendo tutto a un episodio di giustizia penale: “Questo esito si fa sempre più probabile se la discussione rimane confinata a ‘in galera sì’ o ‘in galera no’. Mentre auspicare questo finale, in un dibattito che nel frattempo si fosse elevato su tutti altri temi, farebbe apparire molto piccoli quei rinfocolatori”. Da mettere in conto, poi, un effetto spiazzamento sugli altri partiti: “Cosa dirà il Pd sui referendum? Cosa dirà la sinistra anche sulla proposta di amnistia? Con un confronto simile, il quorum sarebbe possibile, e quindi anche la scelta degli italiani che su tanti temi, giustizia inclusa, sono tutt’altro che in linea con lo status quo”.
Ricadute immediate, a seguire il ragionamento pannelliano, ci sarebbero anche per il governo di larghe intese sostenuto da Pd, Pdl e Scelta civica: “Se l’obiettivo pubblico diventa quello di acquisire questo appuntamento referendario nel 2014, allora vorrei vedere chi avrà il coraggio di far sciogliere le Camere per rinviare e impedire la consultazione. Poi il governo sarebbe sgravato dalla discussione di tanti temi oggi considerati spinosi, sui quali si pronunceranno direttamente i cittadini, e non avrebbe per esempio più scuse per non concentrarsi sui temi economici. A quel punto anche il dibattito sull’Imu diventerebbe una piccola cosa”.
Né è da escludere, dice il leader radicale, che nel governo si possa formare un fronte “pro amnistia”: “Il ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, ha detto che quella è l’unica riforma strutturale per avviare un cambiamento nel nostro sistema giudiziario e nella sua appendice carceraria. Ha usato termini netti, gli stessi che utilizziamo noi Radicali da anni”. E’ stata pure investita dalle critiche, accusata di voler puntare in fondo a salvare Berlusconi: “Vorrei far notare che ancora ieri (due giorni fa, ndr) il ministro è intervenuto al programma ‘Radio Carcere’ su Radio Radicale per sostenere le sue ragioni. Sa bene a cosa va incontro. D’altronde nel governo non è sola, per questo non escludo che un fronte in tal senso si possa formare nell’esecutivo Letta”. Sostiene Pannella che “non appena ci fosse anche soltanto l’annuncio di una amnistia, o dell’intenzione di muoversi verso le riforme che portiamo avanti per via referendaria, dopo al massimo cinque giorni la Corte europea dei diritti dell’uomo ritirerebbe i suoi ultimatum all’Italia, con annesse costosissime multe. Idem per i richiami dell’Unione europea. E in tempi di antieuropeismo montante, pure questo passo istituzionale sarebbe importantissimo per l’Italia”.
Per ora però, stando ai retroscena, Berlusconi ragiona a lungo sulle ricadute che la decadenza da senatore potrebbe avere sulla sua libertà personale in caso di ulteriori iniziative della magistratura. Possibile che sia disposto, in questa situazione, a intestarsi dei referendum per cui si voterebbe nel 2014? Pannella risponde con un’analogia, “anche se le situazioni bisognerebbe ricostruirle sempre nei dettagli. Silvio infatti si è sicuramente ricordato di quanto io, nel 1993, dicevo a Bettino Craxi: ‘Speriamo che la Camera voti contro di te, che questi partiti concedano l’autorizzazione a procedere a stragrande maggioranza, così a settembre tu ritorni dopo le vacanze, ti presenti a Rebibbia, dopodiché lì ti faranno i massaggi, sarai aiutato a non fumare, e alle elezioni di aprile avrai il 20-25 per cento dei voti’.
Insomma, il punto è che quanto deve accadere accadrà comunque, consiglieri di guerra e avvocati di Berlusconi ci potranno fare poco. Ma se lo scenario peggiore per Berlusconi si realizzasse nel caldo di una mobilitazione dell’opinione pubblica, invece che nel solito dibattito ‘Berlusconi vs. Boccassini’, allora sarebbe tutta un’altra cosa”. Per Berlusconi e non solo per lui, è la certezza di Pannella.
Marco Valerio Lo Prete – @marcovaleriolp
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