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16/11/24 ore

Resoconto del convegno in ricordo di Maurizio Mottola. “L’Arte del Vivere e del Morire”



Il 13 maggio 2013 si è svolto a Napoli, nella suggestiva cornice del Maschio Angioino, il Convegno “L’Arte del Vivere e del Morire”, per ricordare Maurizio Mottola. Più di 100 i partecipanti a fronte di una sala, la splendida Antisala dei Baroni, che può ospitare 80 posti a sedere. Soddisfazione da parte degli organizzatori (Del Vento Club del Benessere Napoli; Associazione Amici di Quaderni Radicali; Istituto Internazionale Studi Psicologici e Psicopatologici; Osho Miasto Istituto per la Meditazione e la Crescita Spirituale) che hanno ricordato come in città “convegni con persone in piedi non si vedevano da vent’anni e ciò dimostra che questo è un tema attuale che merita la massima attenzione”.

 

Il dibattito è stata un'importante occasione per promuovere la cultura di accompagnamento alla morte in contrapposizione ai modelli di medicalizzazione della morte e di accanimento terapeutico, che hanno espropriato il cittadino di oggi dell'evento morte come momento intimo e personale. 

 

Durante il convegno è stato proposto il manifesto della spiritualità laica libera e consapevole. Passo fondamentale del manifesto è istituire in ogni città una o più sale del commiato pubbliche che garantiscano lo svolgimento di un rito a persone non credenti o appartenenti a confessioni religiose non presenti con propri templi sul territorio. In questo senso è stato lanciato un appello al Sindaco della città di Napoli perché si adoperi a creare Un Luogo Sacro per Ognuno.

 

Il programma della giornata è stato suddiviso in due sessioni: la Dignità del Morire, dove si è preso in considerazione l’aspetto politico-sociale, e la Ritualità della Morte, dove si è riflettuto sull’aspetto psicologico, sui riti di celebrazione e sulle pratiche di meditazione di preparazione al morire.

 

Apre ed introduce Claudia Del Vento, giornalista pubblicista, coordinatrice di Del Vento Club del Benessere Napoli, moglie di Maurizio Mottola. Delinea le motivazioni che hanno portato all’organizzazione del convegno: “Un modo per ricordare Maurizio  a suo modo, fuori dagli stereotipi, ricordando il suo impegno civile e sociale, una riflessione che diventasse materia di consapevolezza, parlare di vita, di morte e di sentimenti, nuovi tabù della società occidentale, per recuperare quella dignità e quella integrità di esseri umani di cui spesso veniamo privati con il nostro consenso.”

 

E' poi intervenuto la parola Marcello Mottola, giornalista pubblicista e collaboratore di Quaderni Radicali ed Agenzia Radicale, figlio di Maurizio Mottola. La relazione dal titolo “Demedicalizzare la morte di Maurizio Mottola” è una compendio del pensiero del padre che sintetizza il suo pensiero sul tema della morte e il rapporto con la medicina. Inizia dicendo: “Mio padre salutava eventi sulla conoscenza della morte come il momento per sviluppare la promozione di una cultura di accompagnamento alla morte in contrapposizione ai modelli di medicalizzazione della morte e di accanimento terapeutico”. Il cittadino deve poter stabilire l’umano e personale scenario della propria morte contro la tendenza a un evento del morire standardizzato e burocratizzato. Ed ecco perché “Promuovere la cultura dell'accompagnamento alla morte significa riconsegnare al singolo individuo l'evento morte come momento intimo e personale. L'esperienza della malattia diventa l'accettazione della propria umanità ed è un’opportunità di contattare la riconciliazione con se stessi laddove ci trattiamo spesso con inimicizia, insensibilità, superficialità”.

 

“Che s’adda fa’ pe’ murì” è il titolo dell’intervento di Alessandro Migliaccio, giornalista e reporter d’inchiesta, autore  per “Le Iene”, ma è anche il titolo del libro da lui recentemente pubblicato. Attraverso le sue inchieste giornalistiche il relatore racconta gli affari e le speculazioni della camorra a Napoli. Sono stati descritti nei minimi dettagli il mercato illegale dei loculi nei cimiteri partenopei, nonché tutte le vessazioni e le prepotenze che si è costretti a subire quotidianamente da parte di tanti che a vario titolo e a vario modo non hanno vergogna a lucrare sulla morte e sul lutto.

 

Majid Valcarenghi , direttore di Re Nudo e membro del Conacreis, Coordinamento Nazionale Associazioni e Comunità di Ricerca Etica Interiore e Spirituale, ha illustrato il Manifesto della Spiritualità laica, libera e consapevole: “L’essere umano ha il diritto di vivere ed esprimere la propria visione della spiritualità, seguendo percorsi individuali e di gruppo aderendo ad una confessione religiosa, a movimenti spirituali, a movimenti di pensiero. Affermiamo una visione al di là delle ideologie, dogmatismi e separazioni in cui debbano prevalere l’ascolto e l’accettazione, il rispetto piuttosto che la tolleranza, la cooperazione consapevole, la responsabilità dedita al Bene Comune”.

 

L’intervento di Geppi Rippa, direttore di Quaderni Radicali ed Agenzia Radicale, si è centrato sulla Legislazione italiana ed europea tra accanimento terapeutico ed eutanasia. Nel riassumere lil quadro nazionale ed europeo ha citato il lavoro di  Giacomo De Mattei, Irene Ferrari. Nel quadro italiano l'eutanasia attiva è assimilabile all'omicidio volontario almeno 21 anni di reclusione (art. 575 c.p.), in caso di consenso del malato Omicidio del consenziente, da 6 a 15 anni di reclusione (art. 579 c.p.).

Disposizioni relative a omicidio se: paziente è minorenne, presenza di infermità mentale o deficienza psichica (da altra infermità o abuso di sost. alcoliche o stupefacenti) consenso paziente ottenuto con violenza, inganno, minaccia o suggestione.

Anche il suicidio assistito è considerato  un reato (art 580 c.p.): se si determina il suicidio o si rafforza l’altrui proposito di suicidio; 5-12 anni di reclusione se avviene il decesso; 1-5 anni di reclusione se causa unicamente lesione personale grave. Aggravanti se paziente minorenne o infermo mentalmente/deficiente psichicamente (se paziente minore di anni 14 o incapace di intendere e volere disposizioni relative a omicidio).

Il contesto europeo e in parte quello mondiale si presenta in modo completamente diverso. Si pensi all’Olanda, al Lussemburgo, al Belgio, Germania, Svezia, Svizzera, sia per l’eutanasia che per il suicidio assistito che per il testamento biologico.

Vesce, Piergiorgio Welby, Giovanni Nuvoli, Luca Coscioni, Eluana Englaro, Tutti casi per quanto riguarda l’Italia che, se sono strazianti dal punto di vista di chi ne è coinvolto direttamente, finiscono quanto meno per dimostrare come la legislazione sia assolutamente inadeguata ai tempi….

 

Guelfo Margherita, psichiatra e psicoanalista, didatta dell’Istituto Italiano di Psicoanalisi di Gruppo, ha aperto la seconda parte del convegno con l’intervento “Come continuo senza di te? Gestione del lutto a cura dell’io, del Clan e del sistema sociale”. La Comunità consapevole è un insieme umano, riunito come massa antropologica, come un sistema dinamico complesso che traccia le sue traiettorie evolutive attraverso fenomeni esterni ed interni per sopravvivere. Gestendo il lutto la comunità si dà il permesso di sopravvivere e di affermare le proprie strutture identitarie.

 

Felice Zoena, psichiatra e psicoterapeuta, presidente dell’Istituto Internazionale Studi  patologici e psicopatologici,  ha esordito ricordando ai convenuti che il 13 maggio era una data molto cara a Maurizio: l’anniversario dell’approvazione della legge 180/1978 di Riforma psichiatrica. “In questi lustri – afferma -  Io e Maurizio abbiamo proposto ed organizzato convegni e dibattiti sul tema dell’applicazione della legge e sulla gestione e valutazione delle sue proposte di modifica. Ci siamo scontrati con inadempimenti e talvolta ostilità del contesto che non era stato messo in condizione di confrontarsi con il cambiamento culturale nei confronti del malato mentale.

 

Amedeo Zeni, sociologo e collaboratore de il Meridiano.it, ha affermato che nella società opulenta non c’è più posto per i segni esteriori della morte. La morte è clandestina per cui il moribondo esce dalla scena in silenzio. Nel XIX secolo era dappertutto presente: cortei funebri, abiti da lutto, estensione dei cimiteri, visite e pellegrinaggi alle tombe, culto della memoria. Questo scenario si è dissolto nell’epoca nostra,  la morte è divenuta “l’innominabile”. Ormai tutto avviene come se né io né tu, né quelli che mi sono cari, fossimo più mortali. Essere morti è un’anomalia impensabile, una devianza incurabile. La morte non rappresenta più un fatto sociale ma equivale ad un fatto privato.

 

“Tra resilienza e fragilità: la scrittura che cura” è stato l’intervento di Luciana Mignola, dirigente scolastica, esperta di scrittura autobiografica. Inizia ricordando la sua amicizia più che trentennale con Maurizio. Afferma: “le parole che meglio lo possono descrivere sono etica e responsabilità” – poi continua – “Ricorderò per sempre la sua arguta profonda presenza, la sua intelligenza e sensibilità”. Ha spiegato come ha scoperto  la scrittura e l’auto-narrazione, dopo la morte improvvisa della sua unica figlia. “Scrivere per facilitare l’evocazione e la riflessione, per nutrire quella parte di noi che sente. Sostare e riflettere sulle grandi questioni per dare un senso al proprio cammino”.

 

“Coscienza della morte, contatto con la vita nel Buddismo tibetano e nella vita quotidiana” di Silvia Bianchi, psicologa e psicoterapeuta, rappresentante dell’Istituto di Buddismo tibetano Lama Tzong Kapha di Pomaia, è stata l’ultima relazione. “La società moderna occidentale non comprende minimamente quel che accade al momento della morte – racconta l’esperta - In Tibet nel corso dei secoli si è sviluppata una vera e propria tecnologia sacra della morte, un “ars moriendi” che raccoglie il corpo di conoscenze più accurato, complesso e completo sulla morte e lo stato successivo, detto “bardo”. Il termine significa intervallo, transizione, è un concetto chiave per comprendere la meravigliosa concezione tibetana della vita e della morte. Attraverso la meditazione possiamo prendere familiarità con la natura essenziale della mente e l’osservazione della realtà in mutamento costante offre una grandissima possibilità di liberazione della sofferenza data dai veleni della mente e dalla malattia, vecchiaia e morte”.

 

Claudia Del Vento in conclusione ha letto una storiella del maestro indiano Osho che ha  fatto riflettere sulla continua tendenza degli umani a rimandare e a non vivere pienamente nel qui ed ora.

 

 

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RIMANDI

 

Appello al sindaco: servono “case” per i funerali / Il Mattino – 13 maggio 2013

 

Un funerale senza religione. L’ultimo saluto senza il prete e la messa, ma ugualmente sacro, ricordando la storia di un uomo, la sua vita, le sue passioni. Per alcune regioni italiane è già una realtà da quasi vent’anni. Per altre invece è ancora una pietra miliare da raggiungere in una battaglia di civiltà, per riaffermare che l’Italia è uno Stato laico dove viene riconosciuto il diritto di chi non s’identifica in un dio.

 

Anche la pratica del funerale ateo segna il divario tra Nord e Sud. Mentre a Roma, Milano ed in altri centri del settentrione vengono infatti riconosciuti i diritti civili del defunto in strutture pubbliche, a Napoli e nel meridione le cosiddette sale del commiato, rese obbligatorie per i comuni da una legge datata 1990, sono ancora tabù.

 

Ventitre anni dopo il decreto che stabilisce la possibilità di celebrare i funerali atei, in città se ne torna a parlare in un dibattito che si terrà oggi all’Antisala dei Baroni, per lanciare un appello al sindaco Luigi de Magistris: Napoli diventi la prima metropoli del sud dove vengono riconosciuti i funerali laici pubblici. Rispolveri quel decreto sancito in nome della Costituzione e faccia da battistrada per l’intero Mezzogiorno.

 

“Un luogo sacro per ognuno” è l’evento patrocinato dall’amministrazione comunale. Giornata che Marcello Mottola, il promotore dell’iniziativa, ha scelto per ricordare il padre Maurizio, dirigente dell’Asl Napoli 1 scomparso lo scorso anno che si è sempre distinto in campagne per la difesa dei diritti civili. La missione: portare avanti quella che era una delle battaglie del papà. «Una battaglia anzitutto di civiltà – afferma Mottola – Solo creando libertà arrivano i diritti civili, ed è per questo che chiediamo al primo cittadino, il quale si è dimostrato particolarmente sensibile nel volerli garantire, di riconoscere anche i diritti di chi vuole essere salutato per l’ultima volta con un rito funebre non religioso».

 

Correva l’anno 1995, piena «stagione dei sindaci». A Roma se ne parlava durante un dibattito, La coscienza della Morte, al quale partecipò l’allora fascia tricolore Francesco Rutelli. Fu proprio il napoletano Maurizio Mottola, durante il suo intervento, ad argomentare il tema dei funerali laici e, convinto da quella battaglia tanto sostenuta all’epoca anche dal suo ex partito, quello Radicale, il sindaco di Roma scelse di inaugurare nella Capitale una camera ardente pubblica per il commiato. Da allora in tutto lo Stivale ne sono spuntate altre: Milano, Treviso, Padova. Almeno una in ogni regione del Nord. Nessuna però al Sud. Quelle esistenti dal Garigliano in giù sono tutte private. Agenzie che offrono i propri servizi a prezzi salati, o quantomeno non proprio alla portata di tutti.

 

Le regioni ed i comuni meridionali non sono ancora riusciti a colmare questo gap in materia di diritti civili, nonostante gli sforzi di alcune amministrazioni (come Bari ad esempio) che hanno deliberato l’istituzione di una sala del commiato pubblica senza però mai realizzarla. Napoli dunque potrebbe dimostrare di avere una marcia in più. «È un’operazione a costo zero – sottolinea Marcello Mottola – che riconosce un diritto e dona dignità. La nostra città potrebbe essere così l’unico precedente per il Sud, dimostrando di essere la capitale del meridione in diritti civili».

 

'L'arte del vivere e del morire', in ricordo di Maurizio Mottola (video da Quaderni Radicali Tv)

 Il silenzio di “Torre Argentina” e di Radio Radicale sul ricordo di Maurizio Mottola di Silvio Pergameno

Audiovideo Intervista a Marcello Mottola

 

 


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