Un “enorme passo indietro”: così Amnesty International ha definito la decisione del parlamento della Papua Nuova Guinea di ripristinare la pena di morte per omicidio, stupro aggravato e rapina a mano armata.
Il ritorno alle esecuzioni, dopo quasi 60 anni di assenza della condanna capitale (l'ultima risale al 1954), rappresenta, secondo l'organizzazione umanitaria, una maniera “orribile e repressiva”, oltre che “controproducente” di combattere il crimine.
Un mese fa, infatti, a seguito dei numerosi e cruenti assassini di “streghe”, il primo ministro dello stato-arcipelago del Pacifico aveva minacciato “misure draconiane”. Ma, dichiara ancora Amnesty, “sopprimere una vita, che una persona sia decapitata in un villaggio o uccisa dallo stato, è una violazione ugualmente ripugnante di diritti umani”.