di Gianni Carbotti e Camillo Maffia
Luigi Ontani è uno dei più grandi artisti italiani viventi, celebre in tutto il mondo per la sua originale formula artistica, caratterizzata anche dall'uso eterogeneo delle forme espressive, dalla performance alla fotografia,dalla pittura alla scultura, anticipando perfino fenomeni come l'installazione e la videoarte. È una figura italiana tanto influente sulla cultura mondiale che è stato insignito del premio della presidenza della Repubblica dal Capo dello Stato Mattarella. Ciononostante, si è sempre tenuto lontano dall'agone politico e dalle polemiche che vi ruotano attorno; questo non gli ha però risparmiato di ritrovarsi in questi giorni al centro di una incomprensibile quanto improbabile bufera, scatenata da personaggi come il senatore Pillon, a causa di una fontana “incriminata” per presunti riferimenti magico-satanici, attirando così un circense polverone mediatico che non s'è fatto mancar nulla, dal finto esorcista al lancio di letame contro l'opera. Abbiamo raggiunto il Maestro Ontani per conoscere il suo parere su questa vicenda.
In questi giorni c’è stato un attacco veemente contro la fontana che lei ha realizzato ed è stata collocata davanti alla stazione di Vergato, che è il suo paese natale. Prima di chiederle il suo punto di vista su questa storia, volevo innanzitutto che lei ricordasse ai lettori il percorso che ha portato alla realizzazione dell’opera, anche perché so che non si tratta di un progetto recente, ma ha alle spalle una gestazione di oltre 10 anni.
No, infatti. Io rammentavo che l’ideazione della fontana, di cui esiste un modellino in scagliola, risalisse a 13 anni fa ma poi, riguardando altre storie come riferimento per la data, mi sono reso conto che forse sono 16 anni... Ma non si tratta di 16 anni continuativi: ci fu un primo progetto che è stato sospeso - non so per quale ragione precisa, forse la discrepanza tra un desiderio, un progetto, e l’effettiva realizzazione – finché alcuni anni fa è stato finalmente dato il via a questa mia avventura. Non è la prima volta perché avevo già donato negli anni 90 al Comune di Vergato le quattro vetrate che rappresentano appunto i Capitani della Montagna, le quattro età, le quattro stagioni, i quattro elementi.
Cosa dire? Il linguaggio, che credo lei conosca bene, è quello di mia formulazione dall’inizio della mia storia: mi piace avere come riferimento la mitologia, l’allegoria, le leggende e soprattutto prendere spunto dal luogo, dal territorio. Nel caso specifico, essendo nato e cresciuto in parte lì, si tratta di una catena montuosa con il Vigese che ha forma di piramide, il Monte Pero che ha una sinuosità che ricorda appunto le pere, Montovolo e tutte le altre montagne...
A proposito di Montovolo, ricordo che è stato protagonista di alcune sue opere fin dagli anni 60/70. In particolare c’era addirittura uno dei suoi primi esperimenti di videoarte, un filmato in cui lei giocava con delle uova, che era un esplicito riferimento al Montovolo.
Proprio così, nel video c’era un riferimento voluto, io ero nudo con una dozzina di uova che componevo in equilibrio sul mio corpo in un gioco, in una dimensione ludica, fino all'esaurimento con la rottura delle uova. Ecco forse quello, per quanto fosse in contesto coi tempi, poteva anche essere considerato scandaloso, difatti sarebbe stato più comprensibile se l’eco che ricevevo proprio dall’uso della nudità come possibilità, come chiave di uscita dal tempo, avesse creato tutto questo fragore… Ma il fragore attuale è dovuto evidentemente ad una dimensione de-culturale, di arroganza dell'ignoranza, di prepotenza della demenza. Non so nemmeno cosa dire… Certo è un paradosso, una storia grottesca!
Questo ci rimanda ad un fatto peculiare: lei ha scelto consapevolmente di dedicare la sua vita all’arte e non ha mai avuto particolare interesse per la politica né ha sostenuto questo o quel partito, però questo attacco alla sua opera è venuto da un settore ben specifico dello scenario politico attuale che in questo momento fa la voce grossa, ossia quei nuclei fondamentalisti cattolici, rappresentati dal Popolo della Famiglia piuttosto che dal senatore Pillon della Lega (promotore addirittura di iniziative per abolire la Legge 194 sull'aborto), che spesso vengono derubricati a fenomeni folkloristici, ma in realtà sembrano poi avere un’agenda ben specifica volta a smantellare tutte le conquiste dagli anni 60-70 ad oggi in materia di diritti umani, civili e soprattutto di libertà di espressione. In questo contesto, cosa pensa di tali movimenti, del tipo di azioni che promuovono e dei programmi politici che portano avanti così pervicacemente?
Ci tengo appunto a didascalizzare quello che lei stava chiarendo: sono dichiaratamente apolitico! È l’apoliticità di chi ha il desiderio e la voglia di esprimere il proprio pensiero nell'arte, e quindi questo impegno di apoliticità ha anche un complesso etico, nel senso che io credo di rendermi conto in che tempo, in che luogo sto vivendo. E questo è anche dovuto al fatto che la mia città di riferimento era Bologna, poi è subentrata l’arte povera, poi è subentrato il politically correct quindi adesso ci troviamo di fronte semplicemente ad un estremo di barbarie con cui non è la prima volta che mi scontro pur senza volerlo, sottolineando di nuovo che io ho vissuto altri scandali ma non li ho mai né progettati né fomentati nel senso che quelle che possono essere considerate le provocazioni, ecc., fanno semplicemente parte di una composizione linguistica delle mie idee.
Questo è avvenuto soprattutto con lo stesso “genere umano”, come quando io fui invitato a una mostra a Milano (siamo agli inizi del sorgere della Lega) e loro beffeggiarono il mio “Grillo Mediolanum” mettendolo alla berlina in piazza, proprio a piazza Buenos Aires, con uno scatolone, un piatto e una michetta - una rosetta – e chiunque passando, senza nemmeno bisogno di scendere dalla macchina, poteva buttare dentro lo scatolone la sua opinione. Mi dissero (perché io non l’ho seguita) che a Radio Padania ne hanno parlato in continuazione, sbraitando tutti gli improperi possibili. Quindi è un’allergia che loro hanno a qualsiasi cosa culturale che viene tradotta come, appunto, che la cultura non è utile come il pane, ecc. È un fatto che in Italia ci sono tanti storici dell'arte che vivono segregati nei loro studi, nel loro sapere. Il problema è che non vengono coinvolti, credo che abbiano difficile accesso ai giornali, ai media. Se si potesse dare una prospettiva ulteriore a chi ha un interesse per il sapere e a comunicare questo sapere, forse ci sarebbe una possibilità ulteriore di sviluppare un po' l'apertura mentale di queste persone.
Un tempo le persone ignoranti erano consapevoli, non avevano l'arroganza di esprimersi e di esibire la propria ignoranza. Anche se io sono convinto che è molto interessante che chiunque possa esprimere il suo giudizio, perché no? Tanto più che io sono autodidatta quindi non mi presento come una montagna di sapere. Soltanto che tutto questo è così imbarazzante… Anche perché l'arte contemporanea da sempre è stata irrisa e presa in giro, no?
Certo, diciamo pure l'arte in generale, perché di fenomeni censori ne ricordiamo da che esiste la storia dell’arte; penso a Michelangelo e ai suoi nudi negli affreschi della Cappella Sistina coperti con drappeggi perché scandalosi…
Ecco, sì, questa diciamo che è ipocrisia sociale, in coincidenza di episodi socio-politici, quindi come forma d’ipocrisia sociale è dichiarata; mentre per quanto riguarda il linguaggio è evidente che il caso più esemplare è la “Merda d’Artista” in scatola di Manzoni, perché proprio questo gesto così speciale, così straordinario, così d’eccezione, ha dato un valore aggiunto finanziario a questa scatola che è stata contesa credo da tutti i musei del mondo, proprio a dispetto di questo valore che viene sottolineato per l'arte contemporanea, cioè non quello che esprime, soprattutto quello che vale. Questo esempio credo sia il più interessante.
Assistiamo a una recrudescenza di pensiero cosiddetto “politicamente corretto”, che forse in parte abbiamo importato e spesso si associa a tendenze censorie, come quelle per cui poco tempo fa si chiedeva la rimozione di un quadro di Balthus da un’esposizione al Metropolitan Museum di New York con la motivazione che il dipinto rappresenta una bambina in una posa particolare e sarebbe quindi stato un inno alla pedofilia, all’oscenità. A suo parere questi sono fenomeni importati dall'estero o sono piuttosto endemici alla cultura nostrana, legati a un certo tipo di sentimento religioso o altro?
No, c'è una dimensione di regressione dell'umanità che riguarda la cosiddetta globalità. Io non ce l'ho con la globalità, ho sempre pensato e dichiarato che sarebbe interessante che ognuno di noi avesse una carta d’identità valida su tutta la Terra e basta, ma è una regressione globale. Non so perché sia avvenuta, forse è dipeso proprio dalla diffusione di questa de-cultura attraverso una superficialità totale di chi la produce. Oggi un pensiero o un comportamento immediatamente diventa eccentrico rispetto a certi standard correnti. La vedo proprio come una regressione, non è un comportamento di importazione e di esportazione. Come il mondo è inquinato, così è inquinato il pensiero, il comportamento, chi va al potere.
Questa cosa io l'ho constatata in America, in India, a Bali: c’è un inquinamento socio-politico totale dappertutto. Come lei sa, io faccio le maschere a Bali dal 1980: allora non c'era nemmeno dove essere ospitati e certe cose sarebbero state impensabili, ma adesso c'è un transito immenso di turisti che buttano casualmente le loro plastiche, i loro rifiuti nelle acque delle risaie; i contadini non le tirano nemmeno su e allora io, senza ostentare chissà quale impegno, con i giovani del villaggio faccio al tramonto delle passeggiate di chilometri, raccogliendo 13/18 sacchi enormi di plastica. Questa è la realtà del mondo, quindi non è soltanto la questione della plastica, è proprio un impoverimento generale della società globale.
Possiamo dunque parlare anche di plastificazione della cultura in qualche modo?
Esattamente. Per me l’arte è una forma d’amore, tant’è vero che il fauno della mia fontana porta in spalla un cupido che è il simbolo dell’amor dell’arte, nient’altro. Con le ali di farfalla, come esprimeva anche Canova visto che il destino mi ha portato a vivere nello studio che era di Canova. L’uovo è la montagna sacra per me, nel senso che sono nato ai piedi del Montovolo e si dice che fosse un luogo degli Etruschi le cui tombe erano a forma di uovo; l’Ouroboros, questo dannato serpente che ha creato tanti problemi, è un simbolo dell’infinito. Per quanto riguarda gli occhi della mia statua, anche le statue ritrovate dall’archeologia avevano occhi come questi, che sono dei magnifici occhi fatti con gli smalti, quindi è tutta una deviazione di senso, di significato.
Si tratta infatti di un allegoria del territorio, una simbologia che non ha nulla a che vedere con presunti messaggi esoterico-satanici che comunque non appartengono proprio alla sua arte, al suo lavoro. Io per l'esperienza che ho della sua arte trovo che sia molto luminosa, molto solare, volta all’incontro e alla commistione tra elementi culturali disparati, tra molteplici influenze, tra Oriente e Occidente; ma certo non ha rilievi particolarmente oscuri. Altri artisti magari hanno coltivato un'aura più maledetta, più tenebrosa, ma non mi sembra proprio il suo caso.
Io difatti tendo a percorrere un mio sentiero di fantasia ed immaginazione, desiderando che l'arte non sia semplificata dal quotidiano e che non abbia bisogno di un alibi ideologico o pseudo-ideologico o di politically correct che sia. L’arte per me è una possibilità di uscita dal reale, ma per poter pensare e trovare dei simulacri, delle apparizioni che ci possano dare diversi stimoli. È una rappresentazione dell'immaginazione che ha delle motivazioni che possono essere decifrate, studiate, ma possono comunque apparire per quello che appaiono, pur con tutta l’ammirazione e considerazione per chi esprime un linguaggio anche molto, molto diverso, all'estremo e all'opposto di quello in cui io credo.
Certo c'è una mia considerazione delle cerimonie, dei riti, dei miti, quindi in questo senso entrano in ballo anche forme che vanno dalla magia alla superstizione alla religione, ma sono per una convivenza e anzi ci sono delle affinità tali che sono anche interessanti da ibridare ulteriormente. Diciamo che il mio è un rito dell’arte, una dichiarazione di fede nell’arte e nella vita dell’arte.
È diventato ormai di uso corrente in Italia, in quest’Italia immiserita anche dal punto di vista morale e culturale come lei sottolineava, andare sempre a vedere quanto è costata o non è costata un’opera, quanto si è speso per questa o quella iniziativa. In questo caso forse hanno cercato anche un po' per motivi elettorali di attaccare il Comune di Vergato, ma in realtà lei l'opera l’ha donata, giusto?
Sia chiaro: quando feci le vetrate, ed era un'altra amministrazione, io le ho donate e loro pagarono solo la fattura della vetreria a Roma che da sempre, da più di 100 anni, fa le vetrate per il Vaticano e per l'arte. In questo caso ci sono due artigiani di Pietrasanta cui loro hanno pagato le fatture e io non ho nemmeno voluto sapere quanto fosse! Io la fontana l'ho donata ed anzi mi sono molto impegnato, perché il primo bozzetto prevedeva la collaborazione di altri artigiani - colgo anche l’occasione per lanciare un ricordo di Beragnoli, che nell'arco di questi anni è scomparso improvvisamente per malattia, ed era un plasmatore, scultore, professore anzi preside dell'Accademia di Belle Arti di Pistoia – insomma, io sono andato avanti e indietro per anni da Pietrasanta proprio per poter sviluppare il processo artigianale ideale di questa storia, non ho mai pensato di ottenere o di chiedere qualcosa.
Certo c'è stato un grande impegno da parte del Comune. Forse un elemento che ha inciso nel creare ulteriore rumore è che questa inaugurazione coincide proprio con un periodo elettorale così combattivo: mi sono chiesto se sarebbe successo in altri momenti... in ogni caso desidero concludere come sempre con la mia formula augurale: Viva l’Arte.