di Adriana Dragoni
Si è conclusa, sabato 30 settembre, “Mito e Natura”, una mostra che, dapprima a Milano, poi si è arricchita di più opere e di più ampi spazi a Pompei e a Napoli. Il suo sottotitolo, “dalla Grecia a Pompei”, ha chiaramente affermato che alla base della civiltà pompeiana vi è quella magnogreca, come ha già commentato diffusamente Agenzia Radicale.
È stata una mostra esemplare, sia perché vi sono stati esposti dei “monstra” eccezionali per la loro bellezza, sia perché è stata un esempio di come si possano attualizzare i musei e coniugarli alla più scottante attualità trattando di ecologia. Gli antichi greci sacralizzarono la natura. Che ora viene dissacrata in nome di un laico e miope utilitarismo.
La chiusura della mostra è stata solennizzata da un convegno, “Monumenti, Musei, Paesaggi e Giardini”, al museo Archeologico di Napoli, durato l'intera giornata. Vi hanno partecipato, tra gli altri, i direttori dei musei più importanti della Campania. Tra i più interessanti interventi è da citare quello del direttore Giulierini, che ha ribadito la sua volontà di rendere sempre più moderna l'organizzazione museale, soprattutto in relazione alle esigenze del turismo di massa e di quello dei paesi lontani. Ha detto che cercherà di rendere sempre più aperto il museo al pubblico anche fisicamente, aprendo, oltre ai due giardini storici ai lati dell'atrio, anche lo spazio sul retro dell'edificio.
Molto interessante anche l'intervento di Sylvain Bellenger, che non soltanto è il direttore di un museo tra i più importanti del mondo, quello nella reggia borbonica di Capodimonte, ma anche del Regio Bosco che la circonda. Ha parlato soprattutto di quest'ultimo, della sua vastità, circa 140 ettari, e della sua bellezza, poco nota agli stessi napoletani. Luogo, al tempo dei re Borbone, di caccia e di agricoltura, il Bosco conserva specie rare di piante, anche esotiche, e di tipi di frutta ora scomparsi. Frutta e verdure di un tempo ora sono testimoniate pure dalle cosiddette “nature morte”, opera dei napoletani Luca Forte, i Ruppolo, e i Recco, conservate in copia nel museo.
Bellenger ha citato anche l'onerosità della cura di uno spazio così vasto, che tuttavia è riuscito a rendere sicuro. Non vi si trovano più siringhe e rifiuti e vi si può passeggiare tranquillamente, l'unico pericolo è quello di sperdersi. Il Bosco, ha ribadito Bellenger, fa parte di Napoli e quindi deve essere in grado di ospitare i napoletani. È un'area benefica per la città, come dire un polmone di aria pulita. Ma attualmente è messa in pericolo dal continuo passaggio di aerei frequentissimi e a bassissima quota, che, oltre a far danno alle delicatissime opere conservate nel museo, inquinano l'aria.
La difficoltà di tener fede all'impegno della cura del Bosco è stata sottolineata dalla gentile Luisa Ambrosio, che ha sostituito Anna Imponente, Direttore del Polo Museale della Campania. La dottoressa Ambrosio è il Direttore del Museo Duca di Martina e del Parco della Floridiana, che circonda la palazzina neoclassica sede del museo. È quindi in grado di comprendere appieno l'impegno di Bellenger, in quanto anche lei ha molto daffare per tenere in sicurezza il Parco della Floridiana, pur piccolissimo, è di soli sette ettari, rispetto al Real Bosco. Si considera una vigilante del suo Parco, ma, data la scarsità dei fondi a disposizione, incontra molte difficoltà perfino a tenere in sicurezza gli alberi, che ogni due anni esigono di essere potati.
Matteo Lorito, direttore del Dipartimento di Agraria della Federico II ha parlato della reggia borbonica di Portici, una delle sedi della Facoltà, e del suo ampio giardino, diventato un orto botanico. Ha parlato anche degli studi e degli interventi realizzati dalla Facoltà sulle piante di Capodimonte e della Floridiana e ha anche citato il risultato positivo di avere individuato, con esami biologici accurati, il tipo di piante che erano coltivate nei giardini delle antiche ville di Ercolano e Pompei.
Numerosi sono stati gli interventi che si sono susseguiti. E per render conto dell'impegno gravoso degli attuali direttori museali, riferirò il fatto che Bellenger è scappato via prima della fine della sessione mattutina del convegno, per organizzare altre prossime iniziative per il suo Museo e il Bosco. Giulierini, invece, non ha potuto farlo, giacché era il direttore della sede ospitante. Ma, appena conclusa la prima fase del convegno, è scomparso, invano cercato dai funzionari del museo e dagli addetti stampa.
Poi si è saputo che era andato a controllare i lavori per l'inaugurazione della riapertura, il 7 ottobre, della Sezione Egizia del Museo Archeologico. Il Museo Egizio napoletano è secondo a quello di Torino, ma ha una particolarità poco nota. Conserva anche dei reperti della cosiddetta Egiziaca, cioè provenienti dai luoghi abitati, in Campania e nella stessa Napoli, dagli antichi Egizi.