Dopo anni di attese giudiziarie ecco la clamorosa sentenza sul grave degrado che minaccia l’esistenza di Palazzo Penne: il reato non sussiste! È questo infatti lo sconcertante risultato del processo penale contro le istituzioni pubbliche ( Regione Campania e Università Orientale) accusate del mancato restauro e quindi del procurato degrado (ex art. 733 c.p.) ai danni del famoso Palazzo del 1400 situato nel cuore del centro storico di Napoli.
Una sentenza questa definita “estremamente pericolosa” dal Comitato Civico di Portosalvo e da numerose altre associazioni che si battono da anni per il riscatto della grande risorsa storica, artistica e monumentale della città riconosciuta dall’Unesco come patrimonio mondiale dell’umanità.
Questa sentenza rappresenta, secondo le stesse associazioni e i vari comitati civici, “un pericoloso precedente per tutto il centro storico di Napoli visto e considerato che in questo luogo il degrado e l’abbandono regnano ormai sovrani da sempre le colpe di questa situazione sono quasi tutte ascrivibili alla amministrazione pubblica rea di una palese non curanza”.
Palazzo Penne è un cimelio prezioso dell'arte napoletana del Quattrocento dalla straordinaria valenza storica ed artistica. Allo stato attuale dei fatti, però, è necessario auspicare che un intervento di restauro e gestione del Bene Culturale avvenga prossimamente al fine di permettere che questo tesoro non vada perso. Palazzo Penne doveva rinnovarsi in un polo letterario, un'officina per migliaia di studenti universitari, luogo detentore di laboratori culturali atti a formare intellettuali e professionisti competitivi.
Era quanto si attendeva nel biennio 2002-2004 quando la Regione Campania acquistò l'edificio, allora privato, per la cifra di 5 milioni di euro, e, in seconda istanza, lo cedette in comodato d'uso all'Università Orientale. Il piano di gestione prevedeva la realizzazione di un polo universitario d'eccellenza con laboratori, aule per seminari e convegni, e, secondo preventivi generici, ipotizzava lo stanziamento di circa 5 milioni di euro per gli interventi di restauro e sistemazione della struttura.
Contrariamente alle aspettative nulla si è mosso in attesa di restauro e nel più totale stato di degrado ed abbandono. Per quale motivo? la risposta è più semplice di quanto si possa credere: i lavori per il recupero dell'edificio non sono stati mai avviati! A nulla sono serviti gli appelli del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano o gli sforzi degli intellettuali Alda Croce e Marta Herling (rispettivamente figlia e nipote del filosofo Benedetto Croce), che nel 2007 ottennero la sospensione dei lavori abusivi all'interno dell'edificio salvo poi costatare che tali lavori furono riavviati poco tempo dopo.
Poi sono seguite le vicende giudiziarie. Già nell'ottobre 2007 il Consigliere Regionale e Componente della Commissione Ambiente Pietro Diodato aveva indirizzato al Presidente della Regione Campania Antonio Bassolino una interrogazione per conoscere le ragioni del mancato recupero dell'antica magione della famiglia Penne in quanto "le risposte del Settore Demanio e Patrimonio - spiegava il Consigliere - ponevano in evidenza l'esistenza di un assurdo conflitto di competenze tra Università e Regione che puntualmente stigmatizzavo con una successiva nota".
Ma la triste vicenda non terminò qui. Sempre nel 2007 il Comitato Centro Storico Unesco, assistito dall'avvocato Lucio Minervini, presentava in Procura una denuncia sullo storico palazzo, ormai fatiscente e abbandonato. Dopo la relativa inchiesta, il 20 maggio 2008, il pm Pasquale Ucci firmò sei avvisi diretti al già citato Presidente della Regione Antonio Bassolino, al Magnifico Rettore dell'Istituto Universitario Orientale Pasquale Ciriello (deputato del Pd), a due esponenti dell'Ufficio Demanio e Patrimonio della Regione, Francesco Vitale e Luigi Rauci; e infine a Salvatore Maglione e Maurizio Solombrino, entrambi Componenti del Comitato di Gestione.
L'imputazione è la violazione dell'articolo 733 del Codice Penale (un reato a carattere contravvenzionale), che consiste nel presunto danneggiamento perpetrato su manufatto di interesse storico ed artistico per mancati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché per mancata azione di restauro e di messa in sicurezza del Bene Culturale. Il 20 maggio 2008 sono state concluse le indagini chieste dell'Unesco che hanno portato all'apertura di sei fascicoli riguardanti anche Antonio Bassolino e Pasquale Ciriello per danneggiamento su un manufatto di interesse storico e artistico provocato dal mancato intervento restaurativo.[1]
E ora – 19 aprile 2013 - l’ultimo triste capitolo tutti gli imputati nel processo sono stati assolti dall'accusa di danneggiamento di beni di interesse storico dalla VI sezione del Tribunale di Napoli perché il fatto non sussiste. Per questo motivo, dichiarano provocatoriamente i rappresentanti della società civile indignati dalla sentenza di Palazzo Penne “se non ci sono colpe: allora abbattetelo subito!”.