di Angelo Panebianco
(da Corriere della Sera)
Si considerino i risultati di un recente sondaggio secondo cui il 35,7 per cento degli italiani parteggia per Putin anziché per gli ucraini e per l’Occidente. I sondaggi, naturalmente, danno solo delle indicazioni di massima e, inoltre, bisogna ricordare che le risposte sono sempre influenzate dal modo in cui sono confezionate le domande.
Anche scontando tutto ciò, e anche ipotizzando che una parte di coloro che si sono espressi in questa maniera non disponga di convinzioni profonde e possa facilmente mutare opinione, resta che un trenta per cento almeno dei nostri connazionali la pensa così. Ma simpatizzare con Putin nel momento della guerra di aggressione all’Ucraina non è come esprimere, in tempi normali, un’innocua preferenza per l’uno o l’altro dei leader stranieri.
È invece qualcosa di molto inquietante. Significa che una forte minoranza di italiani è schierata contro le democrazie occidentali, preferisce la tirannia alla democrazia o, per lo meno, non vede differenze. Una forte minoranza che un giorno potrebbe rappresentare, circostanze permettendo, la base di massa per qualche nuova avventura autoritaria.
Così tutto si spiega. Per esempio, si spiega perché molti talk show televisivi, per non parlare dei social, diano un così grande spazio a putiniani dichiarati e a cripto-putiniani fintamente pacifisti. Lo spazio che hanno è grande perché lo è anche il loro pubblico di riferimento.
Questi putiniani e cripto-putiniani ne sono gli «intellettuali organici», rappresentano e articolano le idee degli italiani che rifiutano la democrazia in versione occidentale. E si spiega così anche il fatto che i Conte, i Salvini, eccetera, cerchino di fare leva su queste propensioni di una parte dell’opinione pubblica. Oltre che sulle paure e le incertezze inevitabilmente presenti in un tornante della storia così drammatico.
Non bisogna cadere nella trappola di ragionare nello stesso modo in cui ragionano i partigiani nostrani di Putin. Come ha osservato Ernesto Galli della Loggia (Corriere del 30 aprile), costoro trattano gli ucraini da pupazzi degli americani e fanno finta di non sapere che la Polonia e gli altri Paesi ex comunisti non entrarono nella Nato perché costretti dalla volontà di dominio degli Stati Uniti.
Così come gli ucraini non sono le marionette di nessuno, combattono per la loro libertà, i Paesi che entrarono nella Nato lo fecero perché i loro cittadini volevano essere protetti dalle possibili minacce di un eventuale, risorgente, imperialismo russo (che è poi puntualmente risorto). In quel trattare le persone da pupazzi, da fantocci manovrati (in questo caso, dagli americani) c’è, in realtà, coerenza: chi detesta la democrazia, chi preferisce la tirannia, assume questa posizione perché crede che le persone comuni non siano in possesso di una autentica capacità di pensare e di volere.
Solo chi apprezza la democrazia accetta tale presupposto. È proprio per questa ragione che non bisogna commettere l’errore di pensare che quel trenta per cento di putiniani dichiarati sia tale perché manovrato da politici, che il putinismo, semplicemente, sia stato loro inculcato da quella parte della politica italiana che da anni amoreggia con Putin. Non è così. Anzi, è vero il contrario.
Quei politici esistono perché il Paese è fatto così, perché i sentimenti antidemocratici sono sempre stati presenti e diffusi in Italia. Pensare il contrario significherebbe sopravvalutare la capacità della politica di influenzare le convinzioni del pubblico, trattare, per l’appunto, quei nostri connazionali da pupazzi manovrabili a piacere. Non lo sono. La loro presenza è spiegata dalla storia del Paese. Forti correnti antidemocratiche lo hanno sempre percorso.
È in realtà un miracolo che la democrazia, malandata quanto volete, sia riuscita a sopravvivere, pur contrastata da quelle correnti, per così tanto tempo, dagli anni Quaranta dello scorso secolo ad oggi. Bisogna semplicemente accettare l’idea che, senza essere i pupazzi di nessuno, tanti nostri connazionali detestino la democrazia liberale.
Non penso che sia (più) una questione di destra e sinistra. Sia se si osserva il mondo politico sia se si considerano i putiniani da talk show, comunque si definiscano (di sinistra o di destra), essi pescano nello stesso stagno, hanno lo stesso pubblico di riferimento. Anche l’antiamericanismo (no alla guerra per dire in realtà no agli Stati Uniti) non è più monopolio di una vecchia sinistra in disarmo. È un atteggiamento trasversale, non più ingabbiato negli antichi schieramenti. È piuttosto un modo, forse il più appariscente, con cui si manifesta una diffusa mentalità antidemocratica e antioccidentale.
Non intendo dire che, necessariamente, tutti coloro che risultano dal sondaggio putiniani dichiarati siano, per così dire, perduti per la causa della democrazia. A una parte di loro, i più tiepidi, occorre certamente parlare. Fidando nel fatto che la democrazia dispone di buoni argomenti. Ma di sicuro esiste anche una parte composta da irriducibili. Questi non li può convincere nessuno. Non c’è, obiettivamente, molto da discutere con chi, scientemente, preferisce la tirannia.
Si può solo tentare di sbarrargli la strada, di impedire, con i mezzi leciti che la democrazia mette a disposizione, che i suoi rappresentanti prendano il potere. Da questo punto di vista l’Italia non è messa molto bene. Arginare gli antidemocratici non sarà facile. Se, ad esempio, si pensa agli schieramenti politici in campo si può temere che dopo le prossime elezioni, qualunque coalizione governi, lo possa fare solo accettando un bel po’ di putiniani nelle proprie fila.
Con riflessi pesanti sulla politica estera del Paese. L’Italia sarà ancora coerentemente filo-atlantica dopo le elezioni del 2023? È lecito, al momento, avere qualche dubbio. E si ricordi che se e quando cambia la politica estera è improbabile che non ci siano ricadute, cambiamenti all’interno, nella vita pubblica del Paese.
Forse sopravviveremo alla minaccia di guerra nucleare che Putin lancia a giorni alterni. Ma dovremo anche imparare a costruire argini e barriere. Per impedire agli amici dei tiranni di prendere a bastonate questa fragile democrazia.
(da Corriere della Sera)