di Guido Vitiello (da Il Foglio)
Sarà che siamo melodrammatici per indole nazionale e la parola “fine” ci fa venire i lucciconi – che sia il fine vita, il fine pena, il fine legislatura. Però bisogna darsi un limite.
Dopo anni di accanimento pedagogico (il metodo montessoriano di Bersani e Zingaretti) siamo ormai all’accanimento terapeutico. Non è straziante? Il M5s sta facendo l’impossibile per suicidarsi, tra diaspore, scissioni, faide e carte bollate.
Potrebbe essere la fine di un mostriciattolo politico che in dodici anni di orrore e di squallore non è stato in grado di esprimere un solo dirigente passabile; che ha avvelenato le acque della politica italiana con i metodi putiniani dello squadrismo mediatico; che ha fracassato tutto ciò che gli è capitato a tiro – decenza, fair play, dibattito pubblico, rispetto per la scienza, dignità istituzionale, Costituzione, pazienza, coglioni.
Il M5s forse non sarebbe dovuto nascere e di certo merita di morire, ma non solo: bisognerebbe tumularlo ben bene e usare tutti gli accorgimenti del caso perché non risorga mai più, in nessuna forma. Insomma, chi ha sale in zucca non può che brindare al suicidio grillino: è un problema che si toglie di mezzo da sé.
E invece il pronto soccorso democratico è di nuovo lì in prima linea, con i suoi macchinari e i suoi respiratori, per tenerlo artificialmente in vita. Fine schifo mai.
(da Il Foglio)