di Alberto Alesina (corriere.it)
Le navi Ong che vagano nel Mediterraneo sono solo il simbolo di un problema molto più generale. L’Europa sta diventando una meta desiderata dai«poveri» di tutto il mondo. Quindi - di conseguenza - i Paesi europei stanno diventando multietnici, come lo sono sempre stati gli Stati Uniti. Anche là, a dire il vero, il presidente Trump sta chiudendo le porte, nonostante il motto che si legge sulla statua della libertà a New York sia: «Datemi le masse stanche e povere che aspirano a respirare libere».
Il problema dell’immigrazione andrebbe affrontato con la massima chiarezza sui fatti: invece avviene esattamente il contrario. Armando Miano, Stefanie Stantcheva ed io abbiamo condotto una indagine sull’informazione e opinione di Europei e Americani sugli immigrati nei loro Paesi*. Abbiamo usato società di sondaggi per intervistare un campione rappresentativo di circa 23 mila nativi in 6 nazioni: Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Svezia. La disinformazione sugli immigrati, definiti come persone legalmente residenti nel Paese del soggetto intervistato ma nate all’estero, è enorme.
In 5 Paesi su sei i nativi sovrastimano il numero degli immigrati di circa uno a tre. Cioè per ogni «vero» immigrato, i nativi ne vedono tre. In Italia il numero di immigrati è il 10 per cento della popolazione (il valore più basso fra i sei Paesi in questione, e leggermente più basso della media dei 28 Paesi membri della Ue): invece gli italiani pensano che siano quasi il 30 per cento della popolazione. Gli svedesi sono quelli che hanno una visione più aderente alla realtà: ci sono quasi il 20 per cento di immigrati e pensano di averne il 30.
L’origine degli immigrati è anch’essa distorta nella mente dei nativi. Quelli provenienti da zone o culture «problematiche» sono sovrastimati. Gli italiani pensano che quasi il 50 per cento degli immigrati siano musulmani: sono in realtà il 30 per cento. Il 60 per cento degli immigrati in Italia sono cristiani: gli italiani stimano che siano meno del 30 per cento.
In tutti i sei Paesi, i nativi pensano che gli immigrati siano più poveri, meno istruiti e più disoccupati di quanto lo siano in realtà, e quindi che siano un peso enorme per le finanze pubbliche. Gli italiani ritengono che il 40 per cento degli immigrati sia disoccupato, mentre il dato esatto è poco piu del 10 per cento, un valore non molto diverso da quello dei nativi. Non solo, ma quasi il 30 per cento degli italiani crede che un immigrato con lo stesso livello di reddito, occupazione e stato di famiglia di un nativo, riceva molto più di quest ultimo: il che non è vero.
Abbiamo poi condotto il seguente esperimento. A una metà (scelta a caso) dei soggetti intervistati abbiamo fatto prima domande sull’immigrazione e dopo domande sullo stato sociale e sulla redistribuzione del reddito. L’altra metà ha visto l’ordine di domande invertito. Coloro che hanno visto prima le domande sugli immigrati e quindi hanno «pensato» agli immigrati si dimostrano piu avversi allo stato sociale di coloro ai quali e stato chiesto prima di parlare dello stato sociale che di immigrazione. Ovvero i nativi sono generosi con altri nativi, ma non con i «diversi» cioè gli immigrati.
Ma quanto di questa reazione anti stato sociale è dovuta a un’informazione poco accurata sull’immigrazione? Una metà, scelta a caso, degli intervistati è stata informata sul numero esatto e sull’origine degli immigrati nel loro Paese; dopo abbiamo chiesto le loro opinioni sulle leggi sull’immigrazione e sullo stato sociale. Il risultato è stato che se informati correttamente, l’avversione anti immigrati e allo stato sociale per tutti, sparisce. Ovvero gran parte dei sentimenti anti immigrati deriva da percezioni errate.
Ma da dove deriva la disinformazione sulla realtà? Ormai è normale nei giornali e in Tv sbandierare le origini di un criminale, se e solo se, è un immigrato, anche se magari già cittadino, o addirittura nato nel Paese, quindi neppure un immigrato vero e proprio. A queste notizie segue poi la solita valanga di commenti incendiari sulla Rete che si autoalimentano con miriadi di «fake news».
In realtà non c’è alcuna evidenza in Italia di un aumento della criminalità associata all’immigrazione come mostra una ricerca di tre studiosi italiani: Bianchi, Buonanno e Pinotti**. Del resto, i tassi di criminalità in Italia stanno scendendo. I partiti anti immigrazione hanno interesse a fomentare questa disinformazione. Lo dimostra ad esempio il dibattito tra il ministro dell’Interno Matteo Salvini ed il presidente dell’Inps Tito Boeri. Quest’ultimo ha presentato dei dati sul fatto che gli immigrati legali in italia aiutano le casse dell’Inps.
Del resto anche un bambino non accecato dall’ideologia lo capirebbe: gli immigrati sono molto piu giovani dell’italiano medio che invecchia sempre più, e fanno più figli. Salvini non ha risposto con dati diversi da quelli di Boeri, che peraltro non esistono, ma ha solo detto che all’Inps ci vorranno dei cambi, ovvero ci vorrà un presidente che segua i voleri del ministro dell’Interno. Peraltro: cosa c’entra il ministro dell’Interno con l’inps? Nulla. Mi chiedo se i ministri dei dicasteri economici Luigi Di Maio e Giovanni Tria siano preoccupati di queste ingerenze. Lo dovrebbero essere.
È ovvio che l’Europa non può accogliere chiunque voglia entrare nei propri confini e vanno fatte scelte più eque tra i Paesi europei per le emergenze. Come è altrettanto ovvio che chi commette crimini vada espulso con rigore e prontezza, ed è necessario che la cittadinanza vada concessa con criteri chiari e rigorosi che rispondano alle esigenze del mercato del lavoro oltre che a criteri di moralità su cui la nostra cultura si basa. Ma se la discussione sull’immigrazione continuerà a basarsi su percezioni errate e stereotipate, su slogan urlati, «fake news», e dall’altra parte su sogni
irrealizzabili di ammettere tutti, non si risolverà nulla.
(*)https://scholar.harvard.edu/stantcheva/publications/immigration-and-support-redistribution
(**)https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/j.1542-4774.2012.01085.x
da corriere.it