intervista di Simona Musco (da Il Dubbio)
«Credo che un’alleanza tra Partito democratico e Movimento 5 stelle sia del tutto impraticabile. E per quanto Mattarella stia cercando di evitare in ogni modo lo scioglimento delle Camere, non è da escludere che la soluzione finale sia quella di tornare al voto». Biagio de Giovanni, filosofo, eurodeputato e docente di Dottrine Politiche all’Orientale di Napoli, non ritiene percorribile la via di un accordo tra M5s e Pd, partiti distanti non solo politicamente ma anche nel modo di intendere la democrazia.
Differenze inconciliabili, afferma, chiare anche al Presidente della Repubblica, che sta vagliando tutte le opzioni possibili, consapevole che l’unico accordo plausibile rimane quello tra grillini e leghisti. Ma per il leader del Carroccio Matteo Salvini, racconta de Giovanni al Dubbio, sarà difficile liberarsi di Berlusconi.
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Quante probabilità ci sono che Luigi Di Maio riesca a convincere il Partito democratico ad un accordo per formare il governo?
Credo nessuna. La mia convinzione personale è che sarebbe un clamoroso errore politico da parte del Pd accettare una proposta del genere: significherebbe scavarsi da solo la fossa. Proporre un tema di questo genere – l’accordo tra i due partiti – è insensato in questa forma per la diversità profonda non solo dei programmi, ma anche nelle modalità di valutare la democrazia.
Penso che il gruppo dirigente centrale del Partito democratico, d’altronde, sia consapevole di questo e sappia che non è una ipotesi realmente realizzabile. Non solo per una questione politica, ma anche di numeri: affinché si realizzi questo accordo, tutto il Partito democratico dovrebbe assoggettarsi al M5s. E mi pare improbabile.
Quindi questo “forno”, per citare il capo politico dei pentastellati, rimane chiuso.
Io mi domando: parlare di forni, che cavolate sono queste? Così come dire che con gli atteggiamenti di Di Maio e Salvini sembra di essere tornati alla prima Repubblica. Non scherziamo: la prima Repubblica era una cosa seria. Ripeto, escludo che ci possa essere una via praticabile in questa direzione.
Le tre proposte di Martina per un potenziale governo non sono da considerare come un’apertura al Movimento, dunque?
È vero che le cose che ha detto Maurizio Martina potrebbero anche essere interpretate come un primo approccio ad un eventuale accordo, ma ho l’impressione che non potesse fare a meno di dire queste cose in questo momento. Ma poi, a conferma di come le posizioni non siano cambiate, c’è stato anche l’intervento del capogruppo del Pd al Senato, Andrea Marcucci, che rivolgendosi a Toninelli ha chiarito che il forno non è mai stato aperto e rimane chiuso.
Passiamo alle mosse di Mattarella: il mandato esplorativo al presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati. Qual è il significato di questa scelta?
Non è un caso che sia stato affidato a lei. Il perimetro entro cui deve muoversi è preciso e Mattarella ha fatto un gesto importante politicamente, rispettoso del risultato elettorale. Ha conferito l’incarico a chi ha avuto più voti di tutti, cioè il centrodestra, e ha chiarito che l’indagine deve riguardare le possibilità di formare un governo tra quella corrente politica – ovvero il centrodestra nella sua interezza – e il M5s. Ma io penso che questa possibilità non ci sia, perché per quanti girotondi possano fare quelli del Movimento 5 stelle sarebbe la fine del mondo far entrare Silvio Berlusconi nella loro maggioranza. Quindi credo che la risposta di Casellati a Mattarella sarà no, non c’è la possibilità di formare un governo.
Quindi potrebbe avverarsi l’ipotesi di un preincarico, magari a Di Maio?
Escludo in maniera più assoluta che Mattarella possa affidarlo a lui. Penso più ad un secondo passaggio o ad un incarico a uno dei Cinque stelle che non sia Di Maio, magari Fico, per vedere se sia fattibile un governo M5s–Lega. È possibile infatti che, per correttezza istituzionale, Mattarella voglia fare un secondo tentativo per consentire alla Lega di isolarsi dal centrodestra. Potrebbe perfino avere qualche possibilità di successo, anche se vedo difficile che ciò accada.
Perché?
Bisognerebbe convincere Salvini che può trovare un modo per farlo, che può essere anche “acquisire” qualche deputato di Forza Italia. Ma separarsi non è facile, perché ci sono Regioni in cui la Lega ha vinto le elezioni e governa assieme al partito di Berlusconi. Sarebbe complicato allontanarsi da lui senza creare una frattura insanabile lì dove sono alleati.
Quale alternativa rimane allora al Presidente della Repubblica?
Sembra un orizzonte che conduce verso il voto. In alternativa ci sarebbe un governo di tutti, con un probabile incarico ad un personaggio neutrale, in grado di mettere tutti d’accordo. Altrimenti tocca tornare al voto, sebbene credo che Mattarella farà di tutto per evitare di sciogliere le Camere. Anche perché ci sono quasi mille parlamentari che è difficile sradicare dalle proprie seggiole. Per un po’ la ricerca andrà avanti.
Tenterà comunque un passaggio col Pd?
Credo di no: il Presidente sa che non si può trovare un accordo, ma anche se facesse un tentativo non sarebbe destinato a durare. L’unico governo ipotizzabile sulla carta, ma anche politicamente, rimane quello M5s–Lega.
Nemmeno la modifica postuma del programma può aiutare Di Maio a sedurre il Pd?
In realtà bisognerebbe dimostrare che sia mai esistito un programma del Movimento. Hanno ragione a dire che non hanno vincoli, che non sono né di destra né di sinistra. Se si toglie il reddito di cittadinanza, l’unica cosa che hanno detto chiaramente e della quale nemmeno si parla più, non hanno un manifesto: nessuno sa dire cosa pensino su immigrazione, Europa eccetera. Sono riusciti ad avere un successo enorme senza dire quasi niente. Su questo sono stati bravi.
(da Il Dubbio)