Arrestato nell'aprile 2016 con l'accusa di spionaggio, mentre si trovava in Iran per un convegno medico, Ahmadreza Djalali, dopo la sentenza di condanna a morte aveva ammesso di essere una spia. La confessione, trasmessa in televisione lo scorso fine settimana, aveva destato parecchi dubbi, che oggi potrebbero aver trovato una conferma, ma con qualche complicazione in più per il diretto interessato.
Repubblica.it ha diffuso infatti una registrazione audio in cui il ricercatore - che ha lavorato al Centro di ricerca sulla medicina dei disastri dell’Università del Piemonte Orientale - ha denunciato l'estorsione della sua confessione con minacce, sotto effetto di psicofarmaci e "in pessime condizioni psicologiche". Le sue frasi sarebbero state anche tagliate e rimontate per manipolarne il contenuto.
Tuttavia, “Djalali racconta anche di essere stato avvicinato da qualcuno che lo avrebbe minacciato per convincerlo a rivelare dati sensibili iraniani. Queste persone si sarebbero presentate come rappresentanti di un'impresa europea nell'ambito della sicurezza e lo avrebbero contattato nel 2010, quando lavorava in Svezia”...
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