Qual è la risposta della comunità, in termini di consumo, in quegli Stati Usa in cui la cannabis è stata legalizzata anche per fini non medici e scientifici? Nuove ricerche, finalmente libere da pregiudizi, ci aiutano a capirlo.
di Marco Perduca e Marco Cappato
(da wired.it)
Da quando, cinque anni fa, negli Stati Uniti si è passati alla legalizzazione della cannabis per fini non medici o scientifici si sono susseguiti studi che hanno potuto, finalmente, affrontare la questione col campo sgombro da pregiudizi o ideologie.
In otto Stati: Alaska, Washington, Oregon, California, Nevada, Colorado, Massachusetts, Maine e nel Distretto di Columbia dove si trova la capitale Washington, le ricerche relative ai consumi possono finalmente esser fatte senza che tra i partecipanti si insinui il retropensiero che si tratti di un’indagine segreta della polizia per scoprire chi consuma marijuana.
Stesso tipo di ricerche vengono portate avanti da oltre un decenni nei 29 Stati USA dov’è possibile prescrivere cannabinoidi medici. Oltre a includere nel novero della legge un fenomeno gestito dalla criminalità, la legalizzazione consente quindi una raccolta di informazioni scientificamente più attendibili, quindi meno difficoltosamente verificabili o confutabili.
Con la regolamentazione della produzione, consumo e commercio della pianta della cannabis si è legalizzato anche il “candore” della gente che finalmente può partecipare alle ricerche sui comportamenti ad essa collegati senza il timore di incappare in sanzioni amministrative o penali. La regolamentazione legale contribuisce al rafforzamento della scienza e all’aumento della conoscenza.
Questo nuovo scenario deve quindi esser sempre tenuto presente quando si analizzano i dati e le stime elaborate prima del 2012 – almeno per quanto riguarda gli stati USA che hanno legalizzato – poiché essi scontano il problema dell’avere a che fare con un fenomeno illegale che negli USA resta severamente punito anche per uso personale e che comporta timori da parte dei partecipanti alle statistiche...
- prosegui la lettura su wired.it