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18/11/24 ore

La nuova frontiera dell’impegno politico nell’alt(r)a Costiera



di Raffaele Ferraioli (Sindaco di Furore)

 

(da ilvescovado.it) 

 

Grazie alle ricerche condotte dal grande pedagogista brasiliano Paulo Freire, è stato di recente introdotto nel nostro linguaggio quotidiano il neologismo "coscientizzazione". Un termine non bello da pronunciare ma quanto mai efficace per definire il bisogno/valore di avviare nelle terre alte della Costa d'Amalfi un processo che conduca i nostri amministrati alla consapevolezza di se stessi, del proprio ruolo e della realtà che li circonda.

 

E' questo il nuovo impegno che noi pubblici amministratori dobbiamo assumere se vogliamo che i nostri concittadini siano protagonisti e non spettatori passivi del processo di sviluppo della nostra realtà, avviato da tempo ma non del tutto concluso. La collina della Divina è tuttora emarginata, relegata a un ruolo di mondo subalterno, afflitta da una preoccupante scarsezza di aspettative e da un'atavica vocazione al recinto, alla riserva indiana.

 

Dobbiamo aiutare la società dell' "eterna pazienza" a vincere la paura della libertà e dell'uguaglianza, ad abiurare la cultura del fatalismo, a rifuggire dalla tentazione strisciante di issare bandiera bianca.

 

I nostri Comuni devono ripensare se stessi, il loro ruolo, i loro rapporti con la società civile. Devono darsi una nuova identità, trasformarsi in centri di attivazione delle risorse del territorio, specie di quelle umane, aprirsi alla partecipazione e alla concertazione dello sviluppo, offrire opportunità, alimentare aspettative.

 

È tempo di innescare un processo virtuoso nel quale i nostri concittadini siano chiamati a inserirsi per rilanciare tutti insieme quell'azione di trasformazione faticosamente avviata da qualche anno a questa parte. Dobbiamo avere il coraggio di dire apertamente la verità sui mali che continuano ad affliggere le nostre aree, tuttora espulse dal "fiume d'oro" che scorre ai nostri piedi.

 

Nuove forme di prevaricazione, sempre più subdole e sofisticate, fanno sì che gli "oppressi" non si rendano conto della loro condizione, né si accorgano della loro collocazione ai margini della vita sociale ed economica del comprensorio. Per conseguenza non producono alcun impegno a sviluppare le loro potenzialità. Si accontentano di raccogliere le briciole. Andando avanti di questo passo si rischia l'involuzione, si tarda a uscire dall'immobilismo, si perpetua lo squilibrio socio-economico che tanti problemi ha creato e continua a creare a tutti i livelli.

 

E' interesse di tutti - ci vuole poco a capirlo - evitare che questo lembo di territorio si trasformi in museo di se stesso, resti prigioniero del passato, si ancori all'immagine stereotipa del vecchietto seduto sulle scale della chiesa o intento a giocare a carte davanti al bar…

 

- prosegui la lettura su il vescovado.it

 

 


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