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18/11/24 ore

Quell'addio a Valeria nella terra di nessuno



di Renato Farina (il giornale.it)

 

La gondola scivolava mesta ed è approdata a San Marco, con il corpo di Valeria, che fu bella, nella bara chiara. C'era l'Italia in quella piazza circondata in alto da croci, sulle cupole e sul campanile, ma la croce non è mai comparsa giù in basso, non è mai stato pronunciato nei microfoni il nome di Cristo.

 

Giusto così. Così hanno voluto i genitori, così abbiamo accettato tutti, ma che vuoto. Inutilmente il Leone teneva spalancato il Vangelo dalla Torre dell'Orologio. La famiglia Solesin, con una decisione certo rispettabile e che solo a lei toccava, ha deciso infatti per la celebrazione di un «funerale laico». Laico oppure civile, non so. Ma i funerali civili dei comunisti avevano le bandiere rosse e la banda suonava l'Internazionale. C'era il timbro di un'identità appassionata.

 

Qui è risuonato alla fine l'Inno alla gioia di un'Europa dall'identità stinta, senza orgoglio delle proprie radici giudaico-cristiane, in nome del multiculturalismo, della non appartenenza a nessuno. Così ha voluto la famiglia Solesin, e ci inchiniamo, come si è inchinato anche il Patriarca di Venezia, alla libertà: anche questo è Europa, e diremmo, anche questo è civiltà cristiana.

 

Le motivazioni però di questo gesto pubblico meritano di essere discusse, anche perché la testimonianza di dignità data da questi genitori rischia di trasformare in dogma il loro giudizio. Il padre Alberto ha spiegato: «Non abbiamo voluto un funerale cattolico perché mia figlia non ha avuto una educazione religiosa, ma non ho contrarietà rispetto a una benedizione o all'intervento di un imam».

 

Ha aggiunto: «Volevamo qualcosa che non fosse di proprietà di qualcuno, che non fosse divisivo, ma aiutasse a unire». Come dire: la colpa delle divisioni, e alla fine, quello che favorisce il terrorismo, è l'identità dichiarata, è la croce. La croce divide. Non esiste religione di Stato, il cattolicesimo non lo è più.

 

Ma qui siamo ad una nuova religione di Stato, il cui segno è di non avere segni. Ciò che unisce, deve essere secondo quanto dice Alberto Solesin privo d'identità. Ne deriva che l'unica identità accettabile è la rinuncia ad amare proprie certe cose, certi segni, una tradizione, una fede. No, non è giusto.È l'oicofobia, l'odio della nostra casa, tanto più se in essa sta appeso un crocifisso. Secondo questa religione di Stato laica sempre più maggioritaria avrebbero ragione coloro che pretendono di togliere dalle aule scolastiche il crocifisso. Invece noi siamo questo crocifisso.

 

Anche chi non lo prega ne è costituito. E nei gesti pubblici è molto triste che sia additato persino nel dolore comune come simbolo di divisione. Ogni popolo, ogni nazione, a prescindere dalla fede che è sempre personale, sono generati su un suolo che ha ricevuto il seme di una cultura, di una civiltà originarie. Il timbro della voce, non c'è nulla da fare, resta quello. Popoli e genti, anche quando si ribellano alla tradizione, però ne sono inesorabilmente figli. Non so voi, ma io ho respirato quando ho sentito il suono delle campane, verso le 11 e 50. Finalmente.

 

Tristi ma argentine, cariche di un dolore e di molto cielo. Parlavano la nostra lingua interiore. Quello scampanio non veniva dal campanile di San Marco, vietato, ma dalla Torre dell'Orologio. Quella Torre però a sua volta è piaccia o non piaccia - una torre cristiana. Il suono delle campane, colpite con un martello, ricorda che il Verbo (Cristo) è all'origine della creazione.

 

E combatte il caos. Anche ieri lo ha fatto.Oriana Fallaci, per coerenza con la sua vita di atea, ha voluto che si celebrasse un funerale senza preti e senza benedizione in chiesa. Ma ha chiesto come dono che al passaggio del suo corpo le campane di Santa Maria del Fiore, cattedrale di Firenze, la salutassero. La nostra identità sono le campane, che sono il cattolicesimo italiano.

 

Questo funerale laico ha registrato invece questo fatto storico: l'unica preghiera pubblica è stata fatta dall'Imam di Venezia. Il nome di Allah è stato invocato sette volte. Dio si dice in arabo Allah e non si fa il conteggio delle pari opportunità in materia di religione….

 

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