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23/12/24 ore

In Libia a giocarci la faccia



di Stefano Silvestri

(da affarInternazionali.it)

 

L’Italia, afferma il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, è pronta a fare la sua parte e non intende sottrarsi alle sue responsabilità. Si parla evidentemente della Libia, dove la situazione va peggiorando. I negoziati condotti dall’inviato delle Nazioni Unite, Bernardino León, non hanno alcun impatto sul terreno.

 

Gli scontri armati si moltiplicano mentre il quadro conflittuale si destruttura rapidamente, mettendo in ombra i due schieramenti più noti, che si riconoscono l’uno nel Parlamento che siede a Tobruk (riconosciuto internazionalmente) e l’altro in parti del vecchio Parlamento di Tripoli.

 

Non si era mai trattato di raggruppamenti coerenti e coesi, quanto del temporaneo convergere degli interessi di centinaia di bande e micro-gruppi dietro alla leadership politico-militare di pochi più decisi signori della guerra, ma ora sembriamo vicini allo sfascio generale, a maggior gloria dei terroristi puri e duri, quelli tradizionalisti di Al-Qaida (Ansar Al-Sharia), in perdita di velocità, e quelli vicini a Daesh (lo pseudo-califfato).

 

Quest’ultimo in particolare sembra in fase crescente, con la conquista almeno temporanea di un terminale petrolifero e l’ottenuto riconoscimento da parte del “califfo” dei suoi tre Wilayat libici (Al-Barqah, ad oriente, Al-Tarabulus, ad occidente e Al-Fizan a Sud). È evidente che bisognerà fare qualcosa per controllare e ridurre la minaccia, ma che cosa, con chi e come? Tutto questo deve ancora essere chiarito.

 

L’unica cosa che Gentiloni ripete continuamente è che intendiamo muoverci solo nell'ambito legale multilaterale, preferibilmente quello stabilito dalle Nazioni Unite. Il Consiglio di Sicurezza non però sembra vicino ad esprimersi. Ci sono alternative, ma rimane comunque la domanda di fondo: con chi e per fare che?

 

In Libia sono già attivi svariati attori internazionali, legittimi e illegittimi, e ognuno ha i suoi obiettivi. Ad esempio è presente l’Egitto, assieme agli Emirati Arabi Uniti e all'Arabia Saudita. Questi paesi sono certamente interessati a combattere Daesh, che è anche operativo nel Sinai, contro le truppe egiziane, ed in genere questi paesi vogliono la messa al bando dei movimenti politici islamici ispirati ai Fratelli Mussulmani.

 

Il problema è che è difficile immaginare una conclusione positiva dei conflitti libici che non veda la collaborazione di una parte almeno dei movimenti politici di tale ispirazione, anche se dovrà essere più chiara la divisione tra terroristi e non. La Turchia ha attivamente aiutato, contribuito ad armare e sostenuto politicamente i Fratelli Mussulmani di Misurata e di Tripoli, arrivando anche a subire imbarazzanti vicinanze con i terroristi di Ansar Al-Sharia. Proprio per questo ha pessimi rapporti con l’Egitto e i sauditi, ma potrebbe diventare un passaggio obbligato per definire un eventuale obiettivo politico comune a più schieramenti.

 

In ogni caso bisognerà evitare alleanze troppo motivate ideologicamente che potrebbero facilmente portare a una spartizione dei fatto della Libia in due o tre territori, ognuno in preda alla sua forma locale di guerriglia e sostanzialmente ingovernabile. Lo spettro della Somalia è vicino.

 

Essenziale è anche capire che cosa faranno i nostri alleati europei...

 

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