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23/12/24 ore

Raffaele Cascone: così Pino Daniele ha riscritto le leggi della nostra musica popolare



di Carmine Aymone

(da Corriere del Mezzogiono)

 

E' stato colui il quale ha importato i nuovi suoni rock, beat e blues in città. Studioso di tradizioni popolari, voce della fortunata trasmissione Rai, ormai cult, «Per Voi Giovani» ideata nel 1966 e condotta nel tempo, fino al 1976, da personaggi come Renzo Arbore, Paolo Giaccio, Claudio Rocchi, Carlo Massarini, Mario Luzzatto Fegiz e ideatore della formula "I1 rock del mediterraneo".



Dalla sua consolle on air ha diffuso e fatto conoscere il neapolitan power. Nel 1966 ha dato vita a uno dei primissimi gruppi rock cittadini, i Battitori Selvaggi con Marco Cecioni, Mike Cupaiolo e Gianki Stinca.

 

Raffaele Cascone, noto psicoterapeuta sistemico-familiare, professione che svolge sin dalla fine degli anni ‘60, è stato un personaggio fondamentale per lo sviluppo e la diffusione della "nuova" musica non solo a Napoli. Un vero figlio della beat generation, fratello minore di Jack Kerouac, Gregory Corso, Allen Ginsberg, esponente di spicco di quell’avanguardia culturale e musicale capace di collegare i vari aspetti dell'arte e della comunicazione.



Colui il quale suggerì il nome Napoli Centrale agli ex Showmen James Senese e Franco Del Prete, prendendo spunto dalla stazione ferroviaria cittadina dove quotidianamente fluttuano e si incontrano corpi e volti diversi in una sorta di creolizzazione culturale che è stata alla base proprio della musica di James e Franco.



Pochi sanno che lo stesso Cascone appare sulla copertina dell'album di Edoardo Bennato "I buoni e i cattivi" del 1974: qui sono raffigurati due misteriosi gendarmi vicendevolmente ammanettati, uno e Cascone e l’altro il cantastorie dei Campi Flegrei.



«Mi premeva agli inizi degli anni ‘70 — dice Cascone — dare alla sensibilità artistica di Napoli dei mezzi espressivi adeguati ai tempi. Mi ero avvicinato a grandi esperti mondiali di tradizioni popolari che avevano studiato sia il blues americano che la musica popolare italiana. La nostra musica popolare allora però era molto poco considerata, la gente la osservava con ilarità e sospetto, la Rai relegava la musica regionale solo ai gazzettini locali».



La sua operazione quindi fu quella di sdoganare in qualche modo la nostra musica popolare? «Si, ponendola accanto a quella di altri paesi. Mi chiedevo: perché i cafoni del Delta del Mississippi erano ok e i nostri cafoni no? La mia idea era portare la tradizione del sud Italia a una dimensione espressiva Medio Atlantica. Incontrai James Senese e Franco Del Prete prima che dessero vita ai Napoli Centrale e a loro suggerii di esser veri, genuini, senza maschere, di cantare come parlavano tutti i giorni. Nel 1976 vidi un concerto della Nuova Compagnia di Canto Popolare a Latina, il service era ottimo e quella sera strumenti antichi come ad esempio la zampogna grazie ai nuovi microfoni si udirono in maniera eccezionale. La strada che consigliai loro di seguire quella sera fu di elettrificare il tutto: fedeli e coerenti alle tradizioni ma con un linguaggio moderno».



Quando incontrò Pino Daniele? «Proposi a Renzo Arbore nel 1977 di realizzare un servizio per la trasmissione tv "L'altra domenica". Dopo quel giorno l'ho incontrato solo altre due volte, una a casa mia a Roma dove litigammo e un‘altra dopo un suo concerto sempre a Roma dove lui sorridendo mi disse ‘Rafè ti ricordi quando mi cacciasti di casa? La verità e che Entrambi avevamo un caratteraccio.

 

I meriti artistici di Pino sono enormi e sotto gli occhi dl tutti. Lui ha preso i mezzi espressivi culturali napoletani internazionalizzandoli, una grande operazione musicale e mediatica che lo ha portato a riscrivere le leggi della nostra musica popolare contemporanea, inventando un nuovo linguaggio. Ma come tutte le cose bisogna pagare dazio: ho sempre trovato una lieve forzatura nella sua americanizzazione sia lessicale che musicale. Ma Pino la parte della nostra storia e tutto ciò che sta accadendo in queste ore da un punto di vista mediatico in tutt’Italia è un qualcosa che non ha precedenti per un cantautore».


Carmine Aymone (da Corriere del Mezzogiono)

 

 


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