Editoriale da Il Foglio 30 aprile 2014
Potrebbe andare peggio solo in Serbia. E con tutto il rispetto per un paese che è tra gli ultimi arrivati nel consesso delle democrazie europee, non è affatto un buon risultato. Il rapporto annuale sulle statistiche carcerarie del Consiglio d'Europa, reso noto ieri, certifica ancora una volta l'imbarazzante verità per la quale l'Italia è già stata condannata quale nazione che pratica la "tortura" (dalla sentenza Torreggiani del 2013 della Corte dei diritti dell'uomo, sospesa fino a maggio del 2014 per dare tempo allo stato italiano di rimediare).
Il parametro di riferimento è lo stesso: le condizioni inumane dello spazio di reclusione. Il Consiglio d'Europa certifica infatti che per quanto riguarda il sovraffollamento, con i suoi 145 detenuti per 100 posti nominali nelle celle, il nostro paese è il peggiore dell'Unione europea a 28 paesi, mentre se si considerano tutti i 47 paesi che fanno parte del Consiglio d'Europa soltanto la Serbia ha un sovraffollamento maggiore.
Anche tenendo conto che il dato preso in considerazione è del 2012, e che con gli ultimi provvedimenti d'emergenza attuati proprio per sfuggire alle sanzioni della sentenza Torreggiani la situazione è un po' migliorata, come ha dichiarato ieri il capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino (nel 2012 i detenuti erano oltre 80 mila, oggi "solo" 60 mila su una capienza di circa 40 mila), restano in tutta la loro scandalosa evidenza sia lo stato di degrado dell'amministrazione della giustizia, sia l'inerzia colpevole della politica chiamata a riforme mai nate.
Qualche giorno fa è tornato a parlarne anche il presidente Napolitano, richiamando al contenuto del suo disattesissimo messaggio alle Camere del 7 ottobre 2013 e sostenendo l'urgenza di fare il punto "sulle misure adottate e da adottare". Due giorni prima era stata la telefonata di Papa Bergoglio a Marco Pannella, con l'offerta di sostegno per il suo impegno pressoché solitario sulle carceri, ad accendere per un attimo la commozione pasquale e l'interesse mediatico. Ma non si tratta soltanto di ribadire una pur legittima, oltre che nobile, posizione umanitaria.
E nemmeno del dovere civile di trarsi al più presto dalla vergogna nazionale di un giudizio tanto negativo (il 46esimo posto su 47, la "tortura") proveniente dall'Europa cui tanto spesso ci appelliamo. Ciò di cui la relazione di Strasburgo costringe a prendere atto (o dovrebbe: magistratura compresa) è la crisi conclamata dell'intero sistema di giustizia italiano, di cui l'istituzione penitenziaria è solo l'ultimo, conseguente girone infernale. Se solo si riflettesse su quanto i numeri del sovraffollamento siano in gran parte gonfiati dalla custodia cautelare, utilizzata in percentuali spropositate rispetto alle medie europee, ci sarebbe materia su cui agire.
Il Foglio 30 aprile 2014