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17/11/24 ore

Soldi ai partiti e significato delle parole



di Luca Ricolfi

(da La Stampa)

 

Sul finanziamento pubblico dei partiti si possono avere le idee più diverse. Oggi, come vent’anni fa, è molto popolare l’idea che debba essere abolito integralmente. Ma anche l’idea opposta, e cioè che qualche forma di finanziamento pubblico debba esserci, è tutt’altro che priva di buone ragioni.

 

Qui vorrei non entrare nel merito della questione, perché tanto ognuno resta della propria idea. E quale sia la mia opinione personale è del tutto irrilevante. Quello che però vorrei dire con forza è che, come cittadino, ho trovato offensiva – per non dire beffarda – l’impostazione del disegno di legge appena proposto dal governo. Provo a spiegare perché.

 

Il primo articolo del disegno di legge recita «E’ abolito il finanziamento pubblico dei partiti». Nella lingua italiana la parola «abolito», in assenza di ulteriori qualificazioni, significa soppresso, tolto, eliminato, azzerato.

 

Inoltre, per il cittadino italiano medio, la parola «finanziamento pubblico dei partiti» designa l’insieme di risorse pubbliche che affluiscono ai partiti: rimborsi elettorali, finanziamento dei gruppi politici a livello centrale e locale, agevolazioni fiscali e tariffarie, contributi alla stampa di partito.

 

Dunque, il cittadino pensa: i partiti non avranno più soldi pubblici, e se vorranno essere finanziati i soldi dovranno chiederceli direttamente. Leggendo il Disegno di legge, invece, si scopre che le cose non stanno così...

 

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