70 miliardi di dollari l’anno: è il volume d’affari che gira intorno al commercio internazionale d’armi convenzionali, sul quale all’Onu si dibatte per istituire un trattato che lo regoli. Sarà un caso (non lo è) ma l’Iran, la Corea del Nord e la Siria hanno bloccato la sua adozione, “perché – spiega l’ambasciatore iraniano al Palazzo di vetro - “il diritto degli stati importatori di acquistare armi per la loro sicurezza è soggetto al giudizio discrezionale e soggettivo degli stati esportatori”.
In sostanza, la bozza di trattato richiede agli stati esportatori di stabilire criteri e limiti per evitare che le armi commerciate alimentino violazioni di diritti umani, terrorismo e crimine organizzato. Inoltre, vieta il commercio delle armi nel caso in cui queste possano essere utilizzate contro donne e bambini.
Da qui il no quasi scontato dei tre “stati canaglia” - già peraltro soggetti a diverse forme di embargo sul commercio delle armi.
Senza il consenso unanime, il trattato potrebbe essere votato dall’Assemblea Generale dell’ONU entro una settimana, allorquando sarebbe richiesta una maggioranza semplice. Successivamente, dovrà essere ratificato da 50 stati membri dell’ONU. Cosa per nulla scontata.
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