di Maria Antonietta Farina Coscioni
È una data doppiamente simbolica, quella del 20 febbraio. Quel giorno, sette anni fa, ci lasciava Luca Coscioni, il “maratoneta” che malato di Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), ha lottato con tutte le sue forze, si può dire fino al suo ultimo respiro, per la libertà di cura e di ricerca scientifica, ancora assurdamente penalizzate e mortificate.
E ben lo sanno le decine di scienziati e di ricercatori “condannati” a emigrare, perché sono stranieri in patria. Emblematico, al riguardo, il recentissimo appello al Presidente della repubblica di ben 262 ricercatori che denunciano il gravissimo e progressivo impoverimento della qualità della didattica e della ricerca, l’aumento della “fuga dei cervelli” e lo svuotamento degli atenei dai giovani ricercatori di tutte le discipline.
Il 20 febbraio – di un anno fa – è anche il giorno in cui ci ha lasciato il premio Nobel Renato Dulbecco, una delle nostre più fulgide eccellenze, assieme alla compianta Rita Levi Montalcini, a Mario Capecchi, Carlo Rubbia. E certamente non per un caso, Dulbecco sostenne tutte le iniziative promosse e animate da Luca e dall’associazione che porta il suo nome.
Un anno fa depositai una proposta di legge per l’istituzione della “Giornata nazionale per la libertà di ricerca scientifica”. L’iniziativa voleva essere l’occasione per lanciare, pensare, riflettere, anche a livello di azione politica la scienza, il suo rapporto con il potere, la libertà di ricerca; e porre queste questioni essenziali (e troppo spesso dimenticate, rimosse, ignorate), al centro di quelle che sono le dinamiche culturali, civili ed economiche della società...
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