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16/11/24 ore

Grillo–Di Pietro, i malumori di un legame che si stringe


  • Ermes Antonucci

Sei come Berlusconi”. Sembrerà strano, ma a ricevere ieri tale qualifica sono stati due personaggi che apparentemente nulla hanno a che vedere con l’ex presidente del Consiglio: Beppe Grillo e Antonio Di Pietro. Il primo è stato accusato da una consigliera comunale del suo Movimento di essere un maschilista, il secondo ha dovuto subire l’attacco frontale del proprio capogruppo, ormai stufo della deriva populista del partito.

 

Il legame sempre più stretto tra il capo-popolo genovese e l’ex magistrato molisano sta producendo non pochi malumori all’interno dei due movimenti. Sul piano personale, Grillo, dopo aver lanciato un monito a tutti i suoi attivisti contro la partecipazione ai talk-show televisivi – definiti con una deprecabile metafora sessuale “il punto g” – ha dovuto intascare la replica di Federica Salsi, la consigliera comunale di Bologna che per la sua comparsata a Ballarò aveva generato le polemiche: “E' stata una delusione – ha affermato Salsi –.

 

Ha mostrato di essere vittima della cultura berlusconiana di questi anni. È stato veramente sgradevole. Un maschilista come altri. Dare una connotazione negativa ad una qualità delle donne è roba da Medioevo. Veramente degradante. Non ha contestato il merito di quello che ho detto. Ha contestato me in quanto persona”.

 

Sul piano politico, l’ex comico genovese deve fare i conti con una serie di critiche provenienti dalla base sul modo in cui il Movimento affronterà le prossime elezioni politiche e sull’apertura a Di Pietro. Valentino Tavolazzi, il celebre consigliere comunale di Ferrara espulso da Grillo, si è scagliato duramente contro la regola appena stabilita per la quale potrà candidarsi in Parlamento solo chi si è già stato candidato col Movimento senza essere stato eletto (un criterio giustificato con la necessità di “arginare la corsa verso il carro del vincitore”): “Con una mossa – ha dichiarato Tavolazzi – Casaleggio ha deciso di non utilizzare alcun processo democratico per la selezione dei candidati, un principio fondante del M5S. Attingendo dall’archivio delle liste M5S, egli ha scelto, senza consultare gli iscritti, di bloccare la candidatura a cittadini M5S, che pur dedicando tempo e impegno al progetto, per ragioni varie non hanno potuto o voluto candidarsi”.

 

“Ci ritroviamo – ha proseguito il consigliere ferrarese – in un movimento che, in nome di uno straordinario risultato elettorale, calpesta i più basilari principi democratici, diramando comunicati politici pensati da una manciata di persone sconosciute; un movimento definito come ‘senza leader’ che scopre oggi di avere un ‘capo politico’, che delegittima ed umilia persone che hanno dedicato anima e corpo ad un progetto in cui si identificavano”.

 

Giovanni Favia, un altro dei consiglieri “ribelli”, ha accettato la decisione, pur ribadendo le sue perplessità sul ritardo nella preparazione delle liste: “Io avrei preferito un altro percorso, bisognava iniziare un anno fa a selezionare i candidati e prepararli, ma visto l’oggettivo ritardo questo è l’unico percorso possibile per evitare infiltrati”.

 

E sulla possibilità di una futura alleanza con Di Pietro, che Grillo vedrebbe addirittura come presidente della Repubblica, è stata la stessa Federica Salsi a bocciare la linea del capo: “Ma l’avete visto Report? Mi sento tradita. Ha sempre detto che non ci saremmo alleati con i partiti. Dopo il quadro che si è visto di Di Pietro!....Adesso lo propone come Presidente della Repubblica? Era contaminata l'acqua dello Stretto di Messina? (riferendosi alla traversata a nuoto di Grillo, ndr) Se farà qualcosa con Di Pietro valuterò cosa fare”.

 

Un Di Pietro, appunto, che dopo il servizio di Report, in un’intervista al Fatto ha definito “morto” il partito e si è detto vittima del “killeraggio di un sistema politico e finanziario che non ha più bisogno di noi”. Parole che hanno provocato la rottura definitiva con il suo capogruppo alla Camera Massimo Donadi: “Antonio Di Pietro è come Berlusconi io con lui ho rotto definitivamente. Con noi parlava di rilancio del partito, di date del congresso, poi va al Fatto quotidiano e dichiara sciolto il partito”.

 

“Sta cercando di scaricare il fango sul partito – ha proseguito Donadi – chiamandosene fuori, come se il problema fosse l’Idv e che lui, una volta libero dal peso, sia libero per fare il duro e puro con Grillo. Ma quella trasmissione ha chiamato in causa Di Pietro, non l’Idv”. E ancora: “Grillo presidente del consiglio e Di Pietro al Quirinale? Un’Italia del genere sarebbe come il Messico di Pancho Villa e Zapata”.

 

Dello stesso parere il senatore Pardi: “Di Pietro ha sconfessato le decisioni dell’Ufficio di presidenza del partito. Qual è la prospettiva? Si sente parlare di alleanze velleitarie con la Fiom o con Grillo che, tra l'altro, ormai è sei volte più grande di noi”. “Se vogliamo ancora avere un ruolo – ha sottolineato il senatore Idv – lo spazio ci sarebbe, e cioè riconquistare la funzione di cerniera tra il più grande partito della sinistra, il Pd, e i movimenti. Movimenti che Grillo rappresenta ma non intende portare, in maniera costruttiva, in una prospettiva di governo”.

 

In conclusione, aldilà dei proclami trionfalistici, il Movimento di Grillo mostra segni di cedimento interno e dalla base si palesa una sempre maggiore insofferenza verso il meccanismo verticistico che regola la vita della creatura “casaleggiana”. D’altra parte, l’idea di un avvicinamento verso l’Idv per assorbirne i voti, ha messo ancora più in difficoltà Di Pietro, ormai ripudiato da buona parte del partito. Un clima che rischia di peggiorare la già precaria situazione elettorale dell’Idv, e chissà se questo, in realtà, non fosse il vero obiettivo di Grillo.


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