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26/12/24 ore

Propaganda elettorale: prima guadagnare visibilità, poi raccontare balle


  • Luigi O. Rintallo

La tecnica comunicativa è collaudata e rivela come le nomenklature politiche considerino i cittadini elettori alla stregua di consumatori, ai quali rivolgersi nel modo dei “persuasori occulti” che creano bisogni indotti o, peggio, dando centralità all’effimero promuovono una distrazione di massa per cui nemmeno ci si accorge del vuoto in cui si vive.

 

Esemplare, da questo punto di vista, la narrazione allestita a proposito delle alleanze in vista del prossimo voto che ha riguardato in primo luogo lo schieramento cosiddetto progressista: se non altro ha ottenuto di concentrare su PD, Azione e Sinistra Italiana l’attenzione mediatica di settimane.

 

Un risultato non da poco, visto che praticamente ha funzionato come gli antichi “Caroselli” della Rai negli anni del boom, che inducevano a credere ci fosse una sola marca di abiti o di elettrodomestici: quella a cui il siparietto tv dava visibilità. Poco importa che dal turbinio di botte e risposte emerga evidente il sottovuoto spinto in cui si muove la loro politica, quel che conta è che se ne sia parlato in modo praticamente esclusivo, come avviene per un matrimonio di reali o per un gossip ossessivo tra gli ombrelloni.

 

Che la politica sia ridotta allo stato di una bolla di sapone, che si muove per l’aria senza alcun ancoraggio alla realtà, pronta a dissolversi d’improvviso, lo si scopre quando rivolgiamo uno sguardo anche alle “proposte concrete”, usate nella seconda fase della propaganda per far credere a chissà quale resipiscenza in favore non più della spartizione ma della vantata risoluzione dei problemi.

 

A spigolarle queste proposte, ci accorgiamo di come non rispondano ad alcun criterio di coerenza e servano soltanto a chi va nei talk show per recitare la parte di chi prova fastidio per collegi o seggi e dar mostra di badare alle misure utili per gli Italiani. Una recita appunto, visto che poi queste misure si scontrano inevitabilmente con la mancanza di contatto con la vita reale.

 

Qualche esempio: pensare, come fa il PD, di aiutare i giovani studenti fuori sede con un bonus affitto significa ignorare che il problema si risolve alla radice rendendo conveniente ai locatori affittare le case disponibili (che in effetti sono molte), e per questo occorre ribaltare i comportamenti tenuti sin qui dalle amministrazioni e dalle autorità, che poco tutelano dalle occupazioni abusive e non favoriscono certo la flessibilità dei contratti.

 

E lo stesso accade quando, sul fronte dei diritti civili, si scelgono posizioni di astratto conformismo alla vulgata politically correct e si pretende di combattere l’omofobia presentando come un destino irreversibile le scelte sessuali, che rientrano invece tra i comportamenti acquisiti: un modo che snatura il carattere libertario intrinseco di queste tematiche, sin dai lontani anni ’60, e produce un’abnorme mole prescrittiva del tutto inefficace sul piano della maturazione culturale della società.

 

Spesso, quelli che dicono di essere la sinistra, lamentano la perdita dei riferimenti ideologici e classisti, attribuendo ad essa le ragioni del calo di consensi. A nostro avviso, la compagine che definiamo genericamente “progressista” dovrebbe piuttosto interrogarsi se il divorzio avvenuto in questi decenni dal pragmatismo riformatore non sia la vera ragione delle odierne difficoltà. Visto da una prospettiva di sinistra liberale e laica appare evidente che questi obiettivi culturali non si realizzano con le dissimulazioni o rincorrendo chimere effimere.

 

 


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