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19/11/24 ore

Il taglio dei parlamentari (3). Tutti i problemi che nascono da questa scelta


  • Silvio Pergameno

Il prossimo 20 settembre, insieme con il rinnovo di alcuni Consigli regionali, siamo chiamati a votare anche per il referendum costituzionale sulla legge con la quale il numero dei deputati é stato ridotto da 630 a 400 e quello dei senatori da 315 a 200, una legge alla quale il “Movimento 5 Stelle” teneva molto, proprio in relazione a un tratto fondamentale della concezione che questa formazione politica ha della democrazia: democrazia diretta e non democrazia rappresentativa. Comunque chi approva questo taglio voterà “Sí”, chi é contrario voterà “No”. 

 

I grandi giornali e i telegiornali più seguiti non si interessano della questione, almeno sinora, ma questo referendum rappresenta, come vedremo, un momento di grande portata per la nostra democrazia e ad esso é stato interamente dedicato l’ultimo numero di “Quaderni Radicali”, che risulterà utilissimo nei prossimi mesi, senza dimenticare che parlando di politica si dice spesso che la quantità è qualità, e l’osservazione è particolarmente vera proprio nella fattispecie.

 

La prima attenzione deve esser prestata al motivo con il quale il “Movimento 5Stelle” ha sottolineato di aver voluto questa legge: la finalità sarebbe quella di ridurre la spesa pubblica; una ragione all’apparenza convincente, ma in concreto priva di contenuto, perché a conti fatti il dedotto “risparmio” è risultato talmente esiguo da risultare impercettibile, mentre questo taglio dei parlamentari va ben esaminato per le conseguenze che ne derivano e prima di tutto il fatto che con oltre trecento parlamentari in meno la “rappresentatività” ne resta duramente colpita (ad esempio un senatore ogni 300.000 abitanti…) ed escluse sarebbero soprattutto le minoranze, cioè in genere proprio le forze portatrici del nuovo…

 

Molte (e molto gravi) difficoltà sorgerebbero per il funzionamento della Camera e, raddoppiate, per il Senato a cominciare dalla formazione delle Commissioni, nella quali si svolge molta parte dei lavori parlamentari, come gravi dubbi si presenterebbero per il fatto che una costituzione non è una somma di articoli separati, ma un quadro complessivo che disegna un un certo stato e che le soluzioni date a tanti problemi, la formulazione data a tante norme si riflette su tante altre.

 

Un caso veramente macroscopico è dato dall’elezione del Presidente della Repubblica, cioè della più alta carica dello stato, che nel quadro delle disposizioni costituzionali viene configurato come un supremo garante della costituzione, in modo da evitare interferenze con l’approvazione delle leggi o con rapporti parlamento/governo o con i compiti dei giudici, ma comunque attribuendo al Presidente una presenza che dia una sostanza alla funzione attribuita.

 

Così il Presidente della Repubblica autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo, emana i decreti legge e i decreti legislativi, presiede il Consiglio Superiore della Magistratura (che ha il compito di assumere i giudici e adottare i provvedimenti relativi alla carriera), presiede il Consiglio Supremo di Difesa, nomina alti funzionari dello Stato….

 

Si tratta di un aspetto di importanza fondamentale, perché i costituenti non hanno voluto costruire una repubblica presidenziale (come gli Stati Uniti d‘America) e nemmeno semi-presidenziale (come la Francia dopo le riforme introdotte de De Gaulle), ma parlamentare, uno stato nel quale la centralità fosse del parlamento, con il correttivo di un Presidente della Repubblica garante della costituzione, soprattutto nel sensodi evitare scivoloni in altre… direzioni. 

   

E veniamo all’elezione del Presidente della Repubblica, attribuita al Parlamento in seduta comune, ma integrato da tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale, in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze (la Valle d’Aosta ha un solo delegato). È chiaro che si è voluta rafforzare la presenza del paese proprio facendo pervenire una voce di attualità in un’evenienza tanto rilevante per la vita politica per sette anni a venire, ma senza prevaricare sulla centralità del Parlamento, che avrebbe comportato un’alterazione proprio al tipo di stato voluto dalla costituzione. 

 

E così  nasce un problema molto grave, perché 58 delegati su 945 parlamentari sono una cosa, ma 58 delegati 600 hanno  un peso ben diverso e non è raro il caso che le decisioni adottate da un corpo molto ristretto, come quello dei parlamentari,  si risolvano con numeri che si contano sulle dita di una mano… Era indispensabile affrontare espressamente ex novo, tutti i problemi scaturenti dalla riduzione dei parlamentari; quello innanzi segnalato é soltanto un esempio, ma tanti altri sono configurabili. In politica i numeri sono qualità, come si diceva…e a dire il vero il numero dei parlamentari non ha mai rappresentato alcun problema!

 

 


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