In attesa del Consiglio Europeo del 28-29 giugno, al quale tutto il mondo guarda con trepidazione, emerge sempre di più la convinzione di essere di fronte ad un bivio storico per l’Europa: o si cambia realmente qualcosa o si può dire addio al progetto europeo. Per una serie di importanti personalità europee e italiane, l’unica risposta possibile alla crisi economica e politica attuale si chiama “nascita degli Stati Uniti d’Europa”.
E’ così che questa mattina, mentre a 5 chilometri di distanza si svolgeva il vertice quadrilaterale tra Francia, Germania, Spagna e Italia, si è tenuto presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani il convegno dal titolo "Europa federale, unica via d'uscita?", promosso dal Consiglio Italiano del Movimento Europeo, dallo European Council on Foreign Relations e dal Partito Radicale Nonviolento Transnazionale transpartito .
Ad aprire i lavori Emma Bonino, federalista da sempre, secondo la quale la soluzione a “una crisi europea prima di tutto politica più che economica-finanziaria”, è proprio la creazione degli Stati Uniti d’Europa. Un’espressione che spaventa, ma come Bonino ha precisato “non è al super-stato che stiamo pensando”, piuttosto ad una reale integrazione politica.
Nella prima parte dell’incontro sono intervenuti rappresentanti di alcune delle maggiori associazioni imprenditoriali europee. Per Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, che si definisce un europeista convinto, “c’è un deficit democratico determinato dalla macchinosità della nascita delle decisioni politiche”. E’ necessario “un nuovo ruolo della Bce, importando il modello della Federal Reserve, costruendo una federalizzazione del debito e il varo di euro bond”. Infine Squinzi ha lanciato un allarme: “Il dialogo è possibile su parole come Europa unita e Stati Uniti d'Europa. Se avviene su termini come supervisione bancaria, spread, eurobond, significa che stiamo curando il tumore con l’aspirina. O ci salviamo tutti insieme o non si salva nessuno”.
Laurence Parisot, presidente del MEDEF (la Confindustria francese), condivide l’obiettivo federalista: “Se non si avanzerà verso questa direzione, non solo resteremo fermi, ma faremo dei passi indietro, verso il populismo e l’estremismo”. Secondo Markus Kleber, direttore generale della BDI, in realtà quella attuale “non è una crisi del debito, infatti a livello aggregato il nostro indebitamento è minore di quello statunitense”. Il problema riguarda più la direzione che l’Europa sta prendendo: “Il nostro equilibrio interno è troppo debole”.
Il Vicepresidente della Commissione europea Antonio Tajani ha utilizzato una metafora marittima per spiegare la situazione: “La nave europea si trova in mezzo ad una tempesta, l’equipaggio ha il dovere di scegliere: o rimane fermo, ed è la scelta che fanno i pavidi, o si naviga in mare aperto, coraggiosamente. Ritengo che la scelta del pavido sia inattuabile, che la scelta del rivoluzionario sia sbagliata, che la scelta del capitano saggio sia quella di andare avanti ed affrontare le difficoltà. Questo significa scegliere la via della politica, per raggiungere quell’obiettivo dal nome Stati Uniti d’Europa”.
La seconda sessione del convegno ha trattato degli aspetti più politico-istituzionali con riflessioni sui significati dell’identità e della cittadinanza europea. Per Enzo Moavero, ministro degli Affari Europei, l’integrazione europea ha permesso di raggiungere due importanti risultati: un lungo periodo di pace, conquistato grazie alla costruzione della Comunità e poi dell’Unione Europea, e il benessere economico e sociale. Il ministro si è detto ottimista sul futuro: “Le generazioni di oggi e di domani sempre più vedono questa Europa priva di barriere nazionali, sapranno sentirsi molto più cittadini veri dell’Unione rispetto alle vecchie generazioni (si pensi ai progetti Erasmus)”. Insomma, “i tempi sono maturi” per la realizzazione dell’ambizioso progetto federalista.
L’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato crede che l’Europa federale stia tornando ad essere una soluzione necessaria: “Non è conseguibile la stabilità della moneta unica senza una maggiore integrazione fiscale; non è ottenibile una maggiore integrazione fiscale senza una maggiore integrazione politica. Questa è la riscoperta di ciò che sapevamo da 10 anni”.
Il professor Ingolf Pernice, dell’Università Humbold di Berlino, ha ripreso le parole di Emma Bonino: “L’Europa non dovrà essere un super-stato, dovrà essere un federalismo light. Si tratterebbe più di una federazione di cittadini che di una federazione di stati. Esistono, infatti, dei cittadini europei che stanno diventando il popolo dell’Unione europea”. Il prof. Pernice nota nel dibattito recente un’incomprensione di fondo sulla questione della perdita di sovranità statale: “I nostri stati nazionali non sono in grado di affrontare da soli i problemi che stanno emergendo. Non c’è una perdita di potere ma un trasferimento di potere nell’interesse del popolo europeo”.
A concludere il convegno è stato Romano Prodi, che ha ricordato innanzitutto come “la parola federale negli ultimi tempi della mia Commissione fosse diventata una parola sporca, impronunciabile. Ora siamo arrivati al momento del sì o del no”. L’ex premier si è detto ottimista sull’esito finale di questa battaglia europea: “Il mondo degli affari è troppo integrato per potersi disintegrare, e questo è uno dei punti forti da utilizzare. Ci sono anche delle spinte esterne verso l’unione europea: i paesi extraeuropei sono riluttanti ad investire in Europa per tutto questo caos che abbiamo. Anche Obama spinge in modo positivo, il governo americano è terrorizzato da una possibile crisi europea”. Ma la forza che mette maggiormente a rischio la moneta europea è rappresentata dalla speculazione: “La speculazione è così forte essendo più forte dei singoli stati nazionali” ha sottolineato Prodi. Per queste ragioni è necessario creare un soggetto unitario.
Il convegno “Europa federale, unica via d'uscita?” non poteva che concludersi, dunque, con la speranza che quel punto interrogativo si trasformi presto in punto esclamativo.
Il Convegno - video da radioradicale.it
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