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16/11/24 ore

Il governo con chi ci sta...



Archiato il doveroso “inciucio” istituzionale per l'elezione dei presidenti di Camera e Senato, M5S e Lega proseguono a quanto pare nel dialogo.

 

Per venire a capo della complessa situazione, tanto per cominciare, mediaticamente si annacquano in queste ore i rispettivi programmi elettorali (era nell'ordine delle cose), e tra interviste e dichiarazioni si fanno sparire dal vocabolario gli impraticabili e tra loro inconciliabili cavalli di battaglia

 

Di reddito di cittadinanza e di flat tax non si sente infatti più parlare, sostuiti da termini generici – welfare per le famiglie e taglio delle tasse - che dicono tutto e niente, ma servono a preparare almeno le cosiddette basi dure e pure alla rinuncia senza combattere a due capisaldi elettorali.

 

In questa chiave, il compito più difficile appare quello di Luigi Di Maio, che dopo aver fatto ingoiare ai suoi l'elezione della “berlusconiana di ferro” al Senato, dovrà giocoforza rimangiarsi un bel po' di altre cose, nel tentativo di portare a casa in qualche modo il cosiddetto Governo con chi ci sta.

 

A cominciare dalla riabilitazione – dopo le passate contumelie - della figura di Matteo Salvini, definita persona di cui ci si può fidare, perché mantiene la parola data, come ha sottolineato anche  Beppe Grillo.

 

Quest'ultimo è tornato a svolgere un ruolo da protagonista, proseguendo il gioco delle parti che serve a tenere vivo lo spirito delle origini, mentre lo “statista” di Pomigliano si sporca le mani con la "post-politica".

 

Attorniato dalla consueta ressa di microfoni e telecamere, il leader carismatico dei 5 Stelle si è messo a volare oltre, parlando di visioni e di futuro, eludendo i temi concreti all'ordine del giorno. A quelli ci pensano “i ragazzi straordinari”, mentre lui si gode “l'aria nuova” che si respira in Parlamento; anche se così nuova poi non è, se il risultato prodotto è Casellati al Senato.

 

Non a caso l'ideologo grillino, dalle colonne del suo Fatto quotidiano, si è visto costretto a suonare il campanello d'allarme dell'ortodossia, consigliando vivamente di fermarsi qui con “questa collaborazione”, perché – scrive Travaglio - se Salvini e Di Maio facessero un governo insieme, i 5 stelle sarebbero linciati sulla pubblica piazza”.

 

Nel dubbio, Alessandro Di Battista – che di piazza se ne intende – si toglierà intanto dai guai e andrà a svernare opportunamente in Guatemala con moglie e figlio a carico. In prospettiva c'è un suo ritorno in pompa a magna e a furor di popolo deluso, per una eventuale e rinnovata stagione del vaffa, dopo che dallo scranno più alto di Montecitorio si sarà preparato il terreno fertile con una tamburreggiante propaganda “istituzionale”. Vitalizio docet (red.)

 

 


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