Al debutto, Marianna Madia – punta di diamante delle liste veltroniane nel collegio di Roma – fu derisa e bersagliata di critiche per aver candidamente confessato la sua totale inesperienza politica. Altri tempi, seppur già percorsi dalle ondate anti-casta. Oggi siamo oltre, addirittura al vanto di essere all'oscuro, contrapposto alla vergogna che si dovrebbe invece provare per non essere alle prime armi.
I 5 Stelle – è noto – ne hanno fatto un caposaldo, una ragion d'essere. Tant'è che ci siamo ritrovati nella scorsa legislatura una truppa di sprovveduti con l'aggravante spesso dell'ignoranza, certificata non tanto da carenze scolastiche che lasciano il tempo che trovano, ma conclamata da fatti inconfutabili.
Per correggere un po' il tiro, la nuova era grillina senza Grillo ha previsto la figura del candidato “eccellente” e “super competente” proveniente dalla famigerata società civile. Dicono che la selezione sia stata certosina, bypassando la democrazia del click, divenuta ormai una barzelletta per amanti del genere scie chimiche che solo Alessandro Di Battista ha ancora la spudoratezza di raccontare.
Il risultato ci è stato mostrato ieri al Tempio di Adriano, dove hanno sfilato i prescelti da Luigi Di Maio, con tanto di invidiabile curriculum e col bollino stellato della prima volta esposto in bella vista.
“Non sono un politico, non so parlare in politichese, sono un uomo delle istituzioni... e bla bla bla. L'Ammiraglio Veri è stato così il primo, seguito poi da molti altri. Ha raccontato in breve chi è, trascurando tuttavia il dettaglio della sua esperienza come consigliere comunale di Ortona, per giunta dalla parte del Partito democratico.
Il solito furbacchione maldestro che cerca di salire sul carro, si dirà. Proviamo invece a credere davvero nella sua buona fede. Ha detto di non sapere dell'incompatibilità con il codice dei 5 Stelle. Crediamoci. Del resto quel che conta è il non essere politico. E l'Ufficiale in congedo ha pensato di corrispondere al profilo, di non aver fatto politica mentre la faceva. Proviamo a credere anche a questo.
Ciò è pure in linea coi dettami della Casaleggio & Associati, se è vero che fino a un anno fa i suoi parlamentari si ostinavano ancora a chiamarsi “cittadini”, rifiutando il dis-Onorevole epiteto. Non volevano assolutamente confondersi con la “feccia”, i “politici”, andando fieri del proprio dilettantismo, dell'essere diversi dai cosiddetti professionisti.
Con qualche variazione sul tema, succede tuttora. La politica dell'antipolitica è anche questa. Si tratta di una deriva che andrebbe quanto prima arginata, in nome per l'appunto di un ritorno alla vera e possibilmente buona politica.
Di certo non aiuta e non rappresenta un segnale di riscossa lo spettacolo delle candidature. Prendiamo - tanto per fare un esempio di scuola a caso – Forza Italia che ripropone Luigi Cesaro, detto 'a purpetta: il fatto è in sé simbolico dello stato dell'arte e non induce per nulla all'ottimismo.
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