C'è chi l'ha chiamata sindrome di Tafazzi - dal personaggio del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo che si deliziava con atti di autolesionismo al basso ventre – quella di cui è affetta la sinistra italiana. Il cosiddetto “laboratorio” siciliano pare confermarlo, dopo le ultime vicende sulle candidature alle elezioni regionali.
I fuoriusciti dal Pd - Bersani, Speranza e compagnia bella sotto l'egida di Massimo D'Alema – insieme con Sinistra Italiana puntano sulla ormai vecchia conoscenza Claudio Fava. Una scelta solo in apparenza velleitaria, visto il chiaro e più agevole obiettivo di ostacolare l'ascesa del candidato renziano, appoggiato dalla sparuta truppa di Angelino Alfano.
Il cosiddetto “campo progressista” che dialoga col Pd sognato da Giuliano Pisapia si va quindi restringendo. Pochi sembrano infatti disposti a seguirlo nel progetto - per nulla nuovo - di “un nuovo centrosinistra che sappia unire chi vuole una coalizione di centrosinistra unendo anime diverse". All'ex sindaco di Milano resta fin qui la solita compagnia di fedelissimi della società civile, delle arti e delle professioni, tra ex girotondini e borghesi illuminati. L'uomo non riesce a sfondare, come si usa dire. Non è dotato probabilmente del famigerato quid del leader. Porta con sé la reputazione di persona per bene e una bella rendita di posizione come sindaco di una Milano che rinasce, ma evidente non basta. Ci vuole altro, oltre le frasi fatte.
Di certo non gli giova l'indecisione. Allo stato non si è ancora ben capito cosa voglia in concreto. Mentre tiene legittimamente il filo di un accordo nazionale di coalizione con Renzi, ha prima detto di non condividere la scelta di Mdp in Sicilia, poi ha frenato sullo strappo – come raccontano le cronache. Di certo, le cose non vanno nella direzione da lui auspicata e, per certi aspetti, non è un male, viste le premesse.
Se la semantica ha un senso (tipo, “le parole sono importanti”...), il manifesto del Campo di Pisapia inizia infatti così: “una rete di esperienze politiche, associative laiche e cattoliche, culturali, progressiste, democratiche, ecologiste e civiche su tutto il territorio italiano...”. Non è un caso che non si legga – tra le tante - la parola “liberali”: "l'anello mancante" - si potrebbe azzardare - tra una sinistra moderna e al passo con i tempi e la brancaleonesca armata vetero-ulivista, di cui si può fare (abbiamo già dato) volentieri a meno.
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