Era noto da tempo che l’odiata e maldestra legge elettorale, scritta a suo tempo su misura del trionfo renziano alle ultime elezioni europee, era via via diventata lo strumento perfetto per portare la Casaleggio & Associati a Palazzo Chigi. Tanto è vero, che la domanda di rito in campagna referendaria echeggiava spesso: ma come, avversate la legge fatta per farvi vincere? E loro, i 5 Stelle, come un mantra ripetevano e rivendicavano la propria diversità, di essere alieni da calcoli opportunistici (perché "la legge voluta da Renzi era antidemocratica e anticostituzionale"), mentre proponevano la loro ricetta basata su un ritorno sostanziale al sistema proporzionale, come da progetto di legge già presentato in Parlamento.
Eppure oggi, a missione compiuta, Beppe Grillo suona la carica e chiede le elezioni immediate, UDITE UDITE - con l’Italicum, da applicare anche al Senato, operando un salto mortale, carpiato rovesciato che non deve tuttavia meravigliare chi almeno conosce un po’ le dinamiche che in questi anni hanno accompagnato tutte le mosse dei grillini: puntare e perseguire lo sfascio a prescindere – magari contraddicendosi – per poi approfittarne al momento giusto, come insegnano le recenti elezioni comunali.
A livello nazionale – salvo il reiterarsi di autolesionismi altrui – il giochino appare più complicato, perché - chi in un modo, chi nell’altro - i vari leader della cosiddetta "accozzaglia", ma anche il lacerato e sconfitto Partito democratico, sono consapevoli del rischio incombente e anche se con sfumature diverse puntano a un “sano” e rassicurante ritorno al sistema tanto caro nella Prima repubblica, con qualche correzione per "adattarlo" ai tempi.
I soli fuori dal coro sembrano essere ancora una volta i radicali, che con fatica – dati i consueti ostacoli mediatici – cercano di rilanciare il sistema uninominale, quale unica proposta che darebbe davvero voce alla tanto decantata volontà dei cittadini, garantendo nel contempo una maggiore, quanto agognata, governabilità.
Intanto, nelle more di un dibattito che non si annuncia facile, si attende il giudizio della Corte Costituzionale sulla legge in vigore, da cui poi dipenderanno probabilmente i futuri sviluppi della crisi politica. L’udienza – già rinviata a causa del referendum - è stata fissata con tutto comodo il 24 gennaio 2017: una data che sembra scelta apposta per decantare, per prendere tempo, far perdere tempo. Come se ce ne fosse ancora bisogno….
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