Affianco ad una Lega in crescita, le ultime elezioni regionali ci hanno consegnato un Movimento 5 Stelle che, pur non avendo conquistato alcuna poltrona di vertice, mantiene nel complesso il proprio ruolo di secondo partito nel Paese.
Un risultato che rispecchia il radicamento del movimento di Grillo a livello locale nonché il carattere fortemente ideologico del sostegno proveniente dagli elettori pentastellati, che, come abbiamo evidenziato più volte, appaiono indifferenti alle contraddizioni verticistiche e al fallimento sostanziale dell'azione politica del movimento a livello nazionale.
La novità questa volta è stata costituita dal definitivo abbandono dell'embargo televisivo imposto dal duo Grillo-Casaleggio (a conferma di ciò che diciamo da tempo, ossia che a dispetto dei proclami visionari sul potere della Rete, è la tv a rappresentare il principale strumento di influenza elettorale, seppur non attraverso logiche deterministiche), ma soprattutto dall'assenza nel dibattito della campagna elettorale proprio del leader a 5 stelle.
Sarà il tempo a dirci se il defilamento dell'ex comico genovese rientra in un consapevole cambio di strategia, volto ad indirizzare opportunisticamente il movimento verso lidi più "moderati" (stante il crescente primato della Lega di Salvini nell'elettorato più estremista), o se questo è semplicemente il frutto di un momentaneo appannamento del leader del M5S, inteso innanzitutto ad evitare ennesime figuracce mediatiche, dopo quella sulle mammografie di "Cancronesi".
Ma liberati dalle gabbie i vari Di Maio, Fico, Di Battista e Lezzi, onnipresenti nelle ultime settimane in quelli che un tempo venivano definiti "programmi-pollaio",è emersa con ancora più evidenza l'assenza di una reale prospettiva programmatica dei 5 stelle. L'unico riferimento propositivo infatti resta, da mesi, e ribadito anche a livello locale, sempre lo stesso: reddito di cittadinanza. Rilanciare l'economia? Reddito di cittadinanza. Il lavoro? Reddito di cittadinanza. I consumi? Reddito di cittadinanza.
La situazione diventa ancor più paradossale se si pensa che, affianco a questa insana concezione taumaturgica del provvedimento in questione, sono gli esponenti grillini a dimostrare di conoscere ben poco la sostanza del progetto di legge da loro stessi presentato in Parlamento e sbandierato a mo' di cartina tornasole della indisponibilità dei partiti tradizionali ad attuare delle vere riforme (che sono ovviamente quelle pentastellate).
I deputati e i senatori del M5S continuano, infatti, ad esaltare i benefici miracolosi del "reddito di cittadinanza", non sapendo in realtà che la proposta da loro presentata in pompa magna nel dicembre scorso contiene al suo interno non un sussidio universale, da erogare sulla base della mera cittadinanza (strumento quasi inesistente nel mondo), bensì la definizione di un salario minimo garantito, tale da coprire la differenza fra il reddito effettivamente percepito e un livello minimo fissato per legge (e questo sì previsto in molti paesi).
Insomma, dell'adozione di tale provvedimento se ne potrebbe anche discutere (partendo dal perenne enigma delle coperture e dal rischio di generare dinamiche assistenzialiste), ma di fronte alla disinformazione degli stessi grillini, finisce per venire meno ogni presupposto di confronto democratico fondato su consapevolezza e pragmatismo, i cui pericoli, per un movimento formatosi mediante l'aggregazione casuale di dilettanti della politica, sono ben noti (chiedere al sindaco di Parma Federico Pizzarotti per informazioni).
L'obiettivo, in altre parole, è quello di accumulare consenso fine a se stesso, senza alcun seguito a livello pratico. All'offerta giunta dal neo-governatore della Puglia Michele Emiliano di ricoprire l'assessorato all'ambiente, ad esempio, la candidata grillina Antonella Laricchia ha risposto rifiutando la "spartizione delle poltrone" e annunciando che il movimento farà molte proposte che rispetteranno il proprio programma: a conferma che lo scopo è solo quello di "fare" le proposte, ma non di trovare il compromesso necessario per attuarle.
In fondo, come recita una battuta che circola in Rete, il Movimento 5 Stelle forse festeggia proprio perché non è risultato vincitore in alcuna regione.
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