Ci sono “quelle notizie che non lo erano” (per dirla con le parole di Luca Sofri), frutto magari di invenzioni o di grossolani errori giornalistici dettati dalla scarsa professionalità, dalla superficialità o dall’ansia di inventarsi, partendo dal web, fatti ogni minuto e a tutti i costi.
Poi ci sono anche notizie che non lo erano, della cui costruzione, però, il giornalista stesso può essere veicolo incolpevole. A questa particolare categoria appartengono senza dubbio i cosiddetti annunci istituzionali e senza seguito di Matteo Renzi, fatti in pompa magna nel corso delle conferenze stampa di Palazzo Chigi con tanto di slide di supporto.
Ultimo del genere in ordine di tempo, quello epocale del 29 agosto quando si è parlato dei 1000 giorni che cambierebbero l’Italia e dell’ ormai fantomatico decreto Sblocca Italia, di cui pare si siano nel frattempo perse le tracce. Giorgio Napolitano – raccontano le cronache – lo aspettava infatti ancora ieri invano per la firma, insieme all’altro decreto fantasma sul processo civile.
La strategia comunicativa più volte sperimentata dal Premier appare ormai chiara: nelle more di decisioni difficili e divisive (come si usa dire) per la maggioranza al governo e per il Paese, si conta sulla percezione che si dà per ridurre il gap fra il dire e il non fare, mascherando il tutto con un “fatto!” che difficilmente verrà cancellato dalla memoria della gente malgrado articoli e commenti successivi di rettifica.
Allo scopo un’intera macchina della comunicazione si mette così al servizio per dare iniziale e involontaria disinformazione con una notizia che non lo è, facendola seguire da fiumi di parole, dibattiti su web, carta stampata, telegiornali, tvtalk, radio et similia.
Una macchina che ha i suoi costi e il suo giro d’affari che nel proprio piccolo dona comunque ossigeno a un settore in crisi economica e d’identità rimasto orfano di Berlusconi, ma che in Renzi ha ritrovato davvero una fonte inesauribile di chiacchiere per dare spesso un senso a una giornata informativa, anche quando questa un senso non ce l’ha.
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