Il -0,2% di Pil registrato nel secondo trimestre dell'anno ha ufficialmente rispedito l'Italia in recessione. La caduta sarebbe così preoccupante da mettere in dubbio ora anche le previsioni più pessimistiche circa la soglia che il prodotto interno lordo raggiungerà a fine anno. Non si tratta di disfattismo, ma solo di realismo: ciò che è completamente mancato negli ultimi mesi (e anni), compresi quelli "renziani".
Il Financial Times, con un articolo firmato dal professore di economia dell’Università di Parma Francesco Daveri, ha bacchettato il governo italiano e l'immobilismo mostrato finora da colui che avrebbe dovuto rilanciare l'economia del Paese con un coraggiosissimo piano di riforme e che invece, a distanza di cinque mesi, non è riuscito a realizzare quei "cambiamenti fondamentali nel mercato del lavoro e della burocrazia", preferendo perdersi invece in "facili riforme da mettere in vetrina, come quella del Senato".
La frecciata del quotidiano della City a Matteo Renzi pone in rilievo non solo l'inadeguatezza delle politiche economiche realizzate fino ad oggi, ma anche la sterilità di quel clima da campagna elettorale permanente che sembra caratterizzare le mosse dell'ex sindaco fiorentino. Alle "riforme da vetrina" evocate dal FT, come quella del Senato (peraltro non ancora realizzata), potrebbe infatti essere tranquillamente aggiunto anche il cavallo di battaglia del giovane premier italiano, vale a dire il fantomatico bonus Irpef di 80 euro.
Un provvedimento che sta lentamente mostrando la propria incapacità di imprimere una svolta reale alla stagnazione economica del Paese e, con essa, l'ingenuità con la quale si erano tracciate previsioni iper-ottimistiche sull'aumento dei consumi da esso derivante (anch'esse puntualmente smentite). Un bonus che, però, rimane il totem a cui il governo intende aggrapparsi, ancor più in queste ore dense di critiche.
Lo ha ribadito il deputato Pd Yoram Gutgeld, uno degli uomini più vicini a Renzi nonché suo consigliere economico (e, si dice, ideatore del bonus Irpef), che in un'intervista a Repubblica ha rispolverato ancora una volta lo slogan populistico sollevato dall'esecutivo per difendere la propria misura: "Inutile? Andate a chiedere a quei dieci e più milioni di italiani che hanno beneficiato dello sgravio se a loro è poi dispiaciuto così tanto". Insomma "gli italiani sono con me", sbandiera Renzi, al quale, proprio per questa ragione, tutto andrebbe "perdonato".
Il prezzo da pagare (e che anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo dovuto pagare) per assumere un atteggiamento appena un po' critico e non dogmatico di fronte alle scarne riforme delineate dal governo, e per evidenziare con molta semplicità le loro innumerevoli contraddizioni, è quello di essere additati come "gufi", corresponsabili della crisi del Paese.
Un appunto ridicolo rivolto ad editorialisti ed opinionisti, che il professor Giovanni Orsina ha voluto sgonfiare sulle pagine de La Stampa: "Il nostro «cambiare verso», ora che lo scontro (tra berlusconiani ed anti-berlusconiani ndr) è finito, può consistere o nel metterci in marcia al seguito d’un nuovo pifferaio (e non c’è nemmeno l’imbarazzo della scelta, al momento), oppure nel rimetterci a fare il nostro lavoro, onestamente e seriamente. Qual è secondo lei l’opzione migliore per il Paese?".
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