Circolava una pagina sui social network, prima ancora che cominciasse il comizio di Beppe Grillo da Bruno Vespa, che consigliava simpaticamente di fare un gioco: mandare giù della vodka ad ogni frase fatta che il leader del M5S avrebbe per l’ennesima volta pronunciato durante l’intervista.
Ecco, se qualcuno avesse deciso di partecipare al gioco, probabilmente sarebbe arrivato al termine della puntata di Porta a Porta ubriaco fradicio. Gli slogan, infatti, ci sono stati tutti: “devono andare a casa”, “no alleanze”, “abbiamo tolto la violenza nelle strade”, “potevo restare a casa ma ho deciso di fare qualcosa per i miei figli”, “via gli f35”, “cambiare i trattati Ue”, “la crescita non dà posti di lavoro”, “costruiamoci le cose con le stampanti 3D”, “l’Expo va chiuso perché è una rapina” e via discorrendo.
Di fronte al disco rotto del guru a 5 stelle, Vespa ha opposto una resistenza molto poco agguerrita, ma paragonato a Mentana e alla Annunziata è sembrato comunque un po' più determinato. L’apoteosi delle frasi fatte, dunque, ma anche comunque l’apoteosi del nulla. Dall’inarrestabile e rumoroso flusso di coscienza del Grillo non è emersa, nella sostanza, una benché minima proposta politica concreta.
I rari accenni ai totem del programma pentastellato, come il fantomatico reddito di cittadinanza, sono stati contornati da imbarazzanti silenzi e balbettii circa le loro coperture, individuate ovviamente nei soliti miti dell’antipolitica: i rimborsi ai partiti, i finanziamenti all’editoria, le spese militari, le pensioni d’oro, il gioco d’azzardo. Misure tanto capaci di conquistare il cuore anti-casta degli elettori quanto inutili per affrontare realmente le spese da decine di miliardi di euro che si vorrebbe effettuare.
Sarebbe stata una Caporetto del fact checking, semmai il buon Vespa ne avesse autorizzato il ricorso. Ma lo storico conduttore del più simbolico salotto televisivo del Regime informativo italiano ha preferito, eccezion fatta per alcuni iniziali e timidi accenni d’insofferenza, mantenere la linea ossequiosa e “marchettara” della propria azienda.
Sulla stretta autoritaria all’interno del Movimento, sulle innumerevoli espulsioni avvenute finora, sul ruolo rivestito da Gianroberto Casaleggio, sul giro d’affari attorno al suo blog, sui finti meccanismi di democrazia diretta adottati dal padre-padrone genovese, sulle sparate contro le donne, gli immigrati e i principi dello stato di diritto, sulla mancanza assoluta di proposta politica, sono mancati dei veri e propri momenti in cui Vespa ha stretto l'interlocutore. Qualche tentativo e nulla di più.
A fare da contorno, una serie di prevedibili battute, gag, frecciatine. La solita caciara messa su da un individuo ormai immerso in una profonda crisi d’identità, che confonde la politica con la commedia, rendendo gli spettacoli teatrali dei comizi e le iniziative elettorali degli sketch comici. Il cinque tra Grillo e Vespa al termine dell’intervista è solo il coronamento di una scena da film girata, dagli attori, alla perfezione.
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